RASSEGNA GIURISPRUDENZA

Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Quinta Penale – Sentenza n. 13649 del 3 aprile 2024  Argomento: Procedimento di prevenzione e ricorso per cassazione:  In tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui può essere ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre, peraltro, solo quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020). Vi è dunque che non può essere dedotto, neppure nell’assetto vigente, salvo abbia dato luogo ad una motivazione solo apparente, il vizio di illogicità manifesta (cfr. Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014).

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta Penale – Sentenza n. 13638 del 3 aprile 2024:  Argomento: La delibazione preliminare circa l’ammissibilità della domanda di revisione. La delibazione preliminare circa l’ammissibilità della domanda di revisione deve, per quel che concerne la valutazione della sussistenza di ciascuna delle ipotesi di cui all’art. 630 c.p.p., arrestarsi all’obiettivo riscontro della presenza, nell’allegazione difensiva, di specifiche situazioni riconducibili a quelle ritenute dalla legge sintomatiche della probabilità di errore giudiziario e dell’ingiustizia della sentenza irrevocabile e deve testare in modo sommario, ma non superficiale, la capacità delle nuove prove di capovolgere la statuizione di colpevolezza.

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta Penale – Sentenza n. 13633 del 3 aprile 2024: Argomento: L’istituto della rimessione del processo. L’istituto della rimessione del processo ha carattere eccezionale – poiché implica una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, sancito dall’art. 25 Cost. e dall’art. 6 CEDU – e ciò «comporta la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii» (Sez. 3, n. 23962 del 12/05/2015; Sez. 6, n. 17170 del 01/03/2016). Ai fini della rimessione del processo, conseguentemente, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per l’imparzialità del giudice, inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito, o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo (Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017; Sez. 2, n. 55328 del 23/12/2016).

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta Penale – Sentenza n. 13630 del 3 aprile 2024: Argomento: La sospensione d’ufficio condizionale della pena ad opera del giudice di Appello. Ai sensi dell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., il giudice di appello può applicare anche d’ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e uno o più circostanze attenuanti. Quanto al dovere del giudice di motivare in ordine all’esercizio di tale potere discrezionale, questa Corte di cassazione ha affermato che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato, nell’atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020).

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Seconda Penale – Sentenza n. 13594 del 3 aprile 2024: Argomento: Il delitto di concussione e il delitto di induzione indebita. In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022).

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Seconda Penale – Sentenza n. 13550 del 3 aprile 2024: Argomento: Il controllo del giudice di legittimità su l’omessa considerazione o sul travisamento della prova. Il controllo del giudice di legittimità si può estendere alla omessa considerazione o al travisamento della prova, purché, però, si tratti di una prova decisiva; si è inoltre sottolineato che è deducibile in sede di legittimità e rientra, pertanto, in detto controllo soltanto l’errore per l’appunto “revocatorio”, in quanto il rapporto di contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata, introdotto con la suddetta novella, non può che essere inteso in senso stretto, quale rapporto di negazione sulle premesse, mentre ad esso è estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” né fuori dal contesto in cui è inserito; ne deriva che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che, pertanto, restano inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (cfr., tra le tante, Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011; Sez. 5, Sentenza n. 8094 del 11/01/2007; Sez. 2, Sentenza n. 7380 del 11/01/2007).

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quarta Penale – Sentenza n. 13395 del 3 aprile 2024: Argomento: La riparazione per l’ingiusta detenzione. In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, l’aver dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave non opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto, qualora l’accertamento della insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura avvenga sulla base di una diversa valutazione dei medesimi elementi trasmessi al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare; in tale ipotesi, il giudice della riparazione non può neppure valutare – nemmeno al diverso fine della eventuale riduzione dell’entità dell’indennizzo – la condotta colposa.

Corte Suprema di Cassazione – Sezione Terza Penale – Sentenza n. 13359 del 3 aprile 2024Argomento: L’obbligo di motivazione del giudice dell’impugnazione. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. È stato inoltre precisato (cfr. ex multis Sez. 4, n. 20115 del 04/04/2018 e Sez. 2, n. 28388 del 21/04/2017) che la condotta processuale dell’imputato che mantenga un atteggiamento “non collaborativo” può giustificare il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, seppure l’esercizio del diritto di difesa rende, per scelta del legislatore, non penalmente perseguibili le dichiarazioni false rese a propria difesa dall’imputato, ciò non equivale a rendere quel tipo di dichiarazioni irrilevanti per la valutazione giudiziale del comportamento tenuto durante lo svolgimento del processo, agli effetti e nei limiti di cui all’art. 133 cod. pen.

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