MESSA ALLA PROVA: NIENTE MENZIONE CERTIFICATI PENALI SE ESITO E’ POSITIVO. OSTACOLA IL REINSERIMENTO SOCIALE

È irragionevole, e contrario al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena (Art. 27 Cost, 3° Comma.: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”) , che i provvedimenti sulla messa alla prova siano menzionati nei certificati penali richiesti dalla persona interessata. La menzione si risolve infatti in “un ostacolo al reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso con successo, la messa alla prova” poiché può creargli “più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative”. È quanto si legge nella sentenza n. 231 depositata il 07 dicembre 2018 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle norme sul casellario giudiziale (articoli 24, primo comma, e 25, primo comma, DPR n. 313 del 2002) là dove imponevano di riportare nel certificato generale e in quello del casellario, richiesti dall’interessato, sia l’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato sia, implicitamente, anche la sentenza che dichiara l’estinzione del reato per il buon esito della prova. (Art. 168 ter CP Comma 2° 1°cpv: “L’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede”). Secondo la Corte,oltre ad ostacolare il pieno reinserimento sociale, la menzione nel certificato finisce per contraddire la ragion d’essere della dichiarazione di estinzione del reato (con cui si chiude il processo se la prova è positiva), che è l’esclusione di qualunque effetto pregiudizievole, anche in termini di reputazione, a carico dell’imputato. La Corte ha poi rilevato che l’obbligo di includere nel certificato del casellario i provvedimenti sulla messa alla prova si risolve in un “trattamento deteriore” di chi beneficia di questi provvedimenti rispetto a chi, in altri procedimenti, come il patteggiamento, beneficia della non menzione nei certificati richiesti dai privati. Eppure, in entrambi i casi si tratta di istituti che hanno una finalità deflattiva con risvolti premiali per l’imputato. Infine, un ulteriore profilo di irragionevolezza è rappresentato dal fatto che, mentre nella generalità dei casi la riabilitazione fa venir meno la menzione della condanna nei certificati, nel caso della messa alla prova la riabilitazione è per definizione esclusa, non trattandosi di una condanna. (Ufficio Stampa Corte Costituzionale).

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