LA RECENTE RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE: FAMIGLIE LEGITTIME E FAMIGLIE DI FATTO di Daniela TESTA

Il 25 novembre scorso,  la Camera ha definitivamente approvato il disegno di legge C. 328 che “delega il Governo alla riforma del processo civile, dettando specifici principi e criteri direttivi, e dall’altra modifica direttamente alcune disposizioni sostanziali e processuali relative ai procedimenti in materia di diritto di famiglia, esecuzione forzata e accertamento dello stato di cittadinanza.” Il disegno di legge, è intervenuto anzitutto per i procedimenti in materia di diritti delle persone e della famiglia, prevedendo l’istituzione del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. L’art. 1 della legge n. 206 del 2021, introduce modifiche ai procedimenti instaurati a decorrere dal 180° giorno successivo all’entrata in vigore della legge (art. 1, comma 37). Si tratta di interventi sul codice civile e sulle relative disposizioni di attuazione, sul codice di procedura civile e sulle relative disposizioni di attuazione, per le quali il legislatore non utilizza lo strumento della delega al Governo, ma introduce direttamente le modifiche alla legislazione vigente, destinate potenzialmente a divenire efficaci prima dell’esercizio della delega (per il quale il Governo, in base al comma 1, ha a disposizione un anno). In particolare, alcune di queste previsioni sono finalizzate a introdurre misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. In merito, la legge: interviene sull’articolo 403 del codice civile, che disciplina il provvedimento di allontanamento dei minori dall’ambiente familiare, per modificare i presupposti per l’adozione della misura e disciplinare dettagliatamente il procedimento successivo all’intervento della pubblica autorità, che coinvolge il pubblico ministero, il tribunale per i minorenni e – eventualmente – la corte d’appello (art. 1, comma 27); modifica il riparto di competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, di cui all’articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, concentrando le competenze in ragione della natura dei procedimenti, con conseguente attribuzione al tribunale ordinario della competenza su tutti i procedimenti de potestate quando sia pendente tra le stesse parti un giudizio di separazione e divorzio (art. 1, comma 28); interviene sull’articolo 78 del codice di procedura civile, relativo al curatore speciale, al fine di estendere la possibilità per il giudice di procedere alla nomina del curatore speciale del minore; tale nomina, in alcuni specifici casi, è da considerarsi obbligatoria, pena la nullità degli atti del procedimento (art. 1, comma 30); modifica l’articolo 80 del codice di procedura civile, sempre in tema di curatore speciale del minore, per prevedere che egli debba procedere all’ascolto del minore e che possano essergli attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale. Vengono inoltre disciplinati i presupposti e il procedimento per la revoca del curatore speciale (art. 1, comma 31); modifica la disciplina relativa alla soluzione delle controversie insorte tra genitori, di cui all’articolo 709-ter del codice di procedura civile, per consentire al giudice di disporre, oltre che il risarcimento danni a carico di un genitore nei confronti dell’altro, anche il pagamento di una somma di denaro dovuta per ciascun giorno di inottemperanza da parte del genitore ai provvedimenti del giudice (art. 1, comma 33); interviene sugli articoli 13 e 15 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, al fine di aggiungere, nell’albo dei consulenti tecnici tenuto da ciascun tribunale la categoria dei neuropsichiatri infantili, degli psicologi dell’età evolutiva e degli psicologi giuridici o forensi, individuando le specifiche caratteristiche richieste al professionista per accedere all’albo (art. 1, comma 34); modifica la disciplina della negoziazione assistita per la soluzione consensuale delle controversie in materia di separazione dei coniugi, di cui all’art. 6 del decreto-legge n. 132 del 2014, per estendere l’applicazione di questo istituto anche per la soluzione consensuale delle controversie tra genitori relative all’affidamento e al mantenimento di figli naturali, al mantenimento di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e agli obblighi alimentari (art. 1, comma 35). (Cfr. Riforma del processo civile, www.camera.it). Quello a cui si assiste è un vero e proprio stravolgimento della disciplina in materia di famiglia e persone che lascia ancora però aperto il divario tra famiglie legittime e famiglie di fatto (come se oggi giorno esistessero ancora delle differenze) prevedendo la mediazione per le separazioni giudiziali e i divorzi e la negoziazione assistita per l’affidamento dei figli naturali nelle coppie di fatto. Il concetto di famiglia, nel tempo ha subito non pochi cambiamenti. Ma perché si continua a distinguere la famiglia di fatto dalla famiglia legittima, quali sono realmente le differenze? Con famiglia di fatto si intende un’unione/convivenza stabile tra due persone che non si sono unite in matrimonio. Il vincolo matrimoniale, pertanto, costituisce l’unica vera differenza con la famiglia legittima, considerato invece come modello di riferimento di qualsiasi relazione di tipo familiare. Ancora sembra lontano ma auspicabile, un intervento del legislatore volto alla parificazione tra i due modelli che fanno parte di unico concetto più ampio che è quello appunto di “famiglia”, senza alcuna differenza tra famiglia di fatto e famiglia legittima, soprattutto in presenza di figli.

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