CENNI SULLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE di Kaoutar BADRANE

📌 Con il suo nuovo libro,  Kaoutar BADRANE affronta le tematiche connesse al fenomeno dell’immigrazione.  Fenomeno che comporta l’ingresso e l’insediamento in un Paese di persone provenienti da altri Paesi. In tempi recenti, si è verificato un aumento progressivo e costante dei flussi migratori verso l’Europa, che hanno conosciuto il proprio apice nel 2015. Per questo motivo, l’Unione europea ha dovuto fare delle scelte politiche volte a regolare il fenomeno dell’immigrazione, in modo da favorire l’ingresso nei nuovi Paesi tramite vie legali e contemporaneamente sfavorire da parte dei migranti l’utilizzo delle vie illegali, senza perdere di vista la centralità della persona e della dignità umana. ✅ Nel tempo, vi è stato un aumento progressivo e costante dei flussi migratori verso l’Europa, che ha conosciuto il proprio apice nel 2015. Ciò ha determinato la necessità di una reazione pratica e repentina da parte dell’Unione su diversi livelli. Innanzitutto, si sono rese necessarie rinnovate scelte politiche volte a regolare il fenomeno dell’immigrazione, al fine di favorire l’ingresso i nuovi Paesi attraverso le vie legali e contemporaneamente sfiduciare le vie illegali, senza determinare un abbandono della cura della persona e della dignità umana. Ancora, è stato necessario creare una rosa di regole volte a disciplinare l’asilo, che potessero essere valide in tutta l’Unione Europea, così da derivare un assetto normativo il più possibile armonico con tutti i paesi facenti parte dell’UE. Inoltre, come ovvio, il sopraggiungere di migranti e rifugiati richiedeva e ad oggi richiede, ulteriori interventi e riforme che possano assicurare la sicurezza delle frontiere e una distribuzione più equa delle responsabilità e della solidarietà fra i paesi UE, anche al fine di mantenere la pace e l’equilibrio sociopolitico tra i Paesi.   Oggi l’immigrazione in Europa è significativamente diminuita rispetto al periodo 2015-2016. Nel 2019 sono state 120.000 le persone che hanno cercato di raggiungere l’Europa via mare. Nel 2015 furono più di un milione. Come ben può immaginarsi, è più facile a dirsi che a farsi e gli sforzi sia dei singoli Paesi, sia delle istituzioni dell’Unione Europea, non hanno mai cessato di profondere impegno per la risoluzione delle questioni attinenti all’immigrazione, mai di facile o pronta soluzione. Malauguratamente è molto probabile che mai si potrà dire, seppur sia da tutti auspicabile, che le dette questioni possano trovare un approdo finale, atteso sia che gli aspetti della materia appaiono quasi senza fine, sia in quanto gli stessi si plasmano insieme con le contingenze del tempo e sono quindi in continuo divenire. Con riferimento alle mete prescelte dai migranti, può dirsi che, statisticamente, l’Europa sia il preferito punto di arrivo, per molte persone e per diverse ragioni. 📌 Le cause dell’migrazione sono numerose e vanno dalla sicurezza, alla demografia e diritti umani fino al cambiamento climatico. Dal punto di vista analitico, il 1° gennaio 2019 erano 21,8 milioni i cittadini di paesi terzi che risiedevano nell’UE, pari al 4,9% della popolazione dei 27 paesi membri. Nella medesima data erano invece 13,3 milioni i cittadini europei residenti in un Paese membro diverso da quello di provenienza. Tra i fattori che spingono alla migrazione, verso i Paesi facenti parte dell’Unione europea, si possono distinguere gli aspetti sociopolitici, strettamente connessi con le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali, tra cui in primis, la guerra o la minaccia di un conflitto o di persecuzione per le proprie idee da parte dello Stato di appartenenza o di altro che abbia invaso il proprio Paese d’origine. I soggetti che fuggono da conflitti armati, violazioni dei diritti umani o persecuzioni, possono essere definiti profughi o migranti umanitari. Usualmente, tali migranti vengono accolti nel Paese più vicino che accetti richiedenti asilo.   Secondo gli studi dell’Eurostat, nel 2018 sono immigrati in uno degli Stati membri dell’UE-27 3,9 milioni di persone, mentre 2,6 milioni di migranti hanno lasciato uno Stato membro dell’UE-27. Tuttavia, tali dati non riflettono i flussi migratori da e verso l’UE-27 nel suo insieme, perché includono anche i flussi tra i 27 Stati membri dell’Unione. Secondo le stime, nel 2018 gli immigrati nell’UE-27 provenienti da paesi terzi sono stati 2,4 milioni e le persone emigrate dall’UE-27 verso un Paese non appartenente all’Unione sono state all’incirca 1,1 milioni . Inoltre 1,4 milioni di persone che risiedevano precedentemente in uno Stato membro dell’UE-27 sono emigrate in un altro Stato membro. Nel 2018 gli immigrati negli Stati membri dell’UE-27 sono risultati in media molto più giovani della popolazione complessiva già residente del Paese di destinazione: al 1° gennaio 2019 l’età mediana della popolazione totale dell’UE-27 era di 43,7 anni, mentre si attestava sui 29,2 anni per gli immigrati nell’UE-27 nel 2018. Ancora si distinguono i fattori demografici ed economici, connessi ad esempio all’invecchiamento o alla crescita della popolazione, che agiscono sia sulle opportunità lavorative, sia sulle politiche d’immigrazione nei Paesi di destinazione. Naturalmente l’immigrazione demografica ed economica è legata alla ricerca di condizioni di lavoro migliorative, alla fuga dalla disoccupazione, ma anche allo stato di salute generale dell’economia di un Paese. In questo caso il migrante cerca salari più alti, maggiori possibilità di impegno, miglior qualità di vita e opportunità di studio o ancor prima, mere occasioni di sostentamento, scarsamente presenti nel proprio Paese d’origine. Ancora si distinguono i fattori ambientali, questione annosa e strettamente connessa da sempre con le principali cause della migrazione. Per tali motivazioni, i soggetti fuggono da disastri naturali come inondazioni, uragani e terremoti, che hanno distrutto le proprie abitazioni, le proprie opportunità ed i propri legami sociali ed economici, ovvero da disastri naturali imminenti che avranno come probabile risultato quanto anzidetto. Il cambiamento climatico e l’allarme ad esso strettamente connesso, oggetto soprattutto ad oggi, di diversi studi ed anche dell’attenzione politica e sociale, porterà, con molta probabilità ad un conseguente progressivo aumento di flussi migratori. Come detto, uno degli obiettivi principali degli sforzi dell’UE, è quello di agevolare una normativa chiara e fluida in materia di immigrazione, volta a scongiurare l’ingresso illegale nei Paesi. Nel 2015, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sono stati calcolati 1,83 milioni di attraversamenti illegali delle frontiere esterne dell’Unione europea. Le cifre decrescono nel 2019 sino a 141.700 nel 2019, ma ciò non è sufficiente e il Parlamento europeo sta preparando e portando avanti diverse proposte, per rimediare alle carenze della politica di asilo e immigrazione dell’Unione europea, che vanno dalla riforma del sistema di asilo, al rafforzamento della sicurezza, ai confini alla promozione dell’integrazione dei rifugiati. Invero, in risposta all’apice calcolato, nel 2015, la Commissione europea ha presentato delle proposte per riformare il Sistema europeo comune di asilo e tra queste la riforma del sistema di Dublino, volta a distribuire con miglior bilanciamento i richiedenti asilo fra i paesi UE.I paesi membri, malauguratamente però, ad oggi, non hanno ancora trovato un accordo su come condividere le responsabilità. Ancora, il 23 settembre 2020, la Commissione Europea ha proposto un Nuovo patto su migrazione e asilo per misure più rapide ed efficienti in tutte le fasi del sistema di accoglienza. Il nuovo patto può qualificarsi come una revisione corretta del regolamento di Dublino, atta ad individuare il Paese responsabile del trattamento delle domande di asilo, che in genere va individuato nel primo Paese UE in cui il richiedente è arrivato. Ancora, gli sforzi dell’UE, si sono orientati a rendere più efficaci i controlli alle frontiere e migliorare la capacità degli Stati membri di monitorare le persone entranti. Infatti, il flusso dei rifugiati ha messo sotto enorme pressione le autorità nazionali addette al controllo delle frontiere, così determinando diverse rotture sulle unità politiche e numerosi riscontri negativi sull’assetto sociale ed economico. Sul punto, nel dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta per una Guardia costiera e delle frontiere, avente lo scopo di rafforzare sia la gestione che la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione europea per aiutare le forze di polizia di frontiera nazionali.  Tri punti cardine della proposta si distinguono un nuovo equilibrio tra responsabilità e solidarietà, con procedure rapide ed efficaci;    rafforzamento della fiducia grazie a procedure migliori e più efficaci; migliore gestione delle frontiere Schengen e delle frontiere esterne; solidarietà effettiva; maggiore attenzione alle competenze e talenti del migrante; approfondimento dei partenariati internazionali; maggiore flessibilità; responsabilità chiare attraverso procedure migliori e modernizzate; un nuovo screening obbligatorio prima dell’ingresso composto dalla fase di identificazione; controlli sanitari; controlli di sicurezza; rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac. Si volge a concentrarsi sui richiedenti, piuttosto che sulla domanda per determinare la competenza per le domande di asilo; scoraggiare i movimenti non autorizzati verso altri Stati membri; facilitare la ricollocazione e migliorare il monitoraggio dei rimpatriati; monitorare il sostegno alla partenza volontaria e al reinserimento; un meccanismo di monitoraggio indipendente per garantire il rispetto dei diritti fondamentali, sostenuto dall’Agenzia per i diritti fondamentali, da Frontex e dalla nuova agenzia dell’UE per l’asilo; valutazione individuale delle domande di asilo e garanzie essenziali per proteggere l’accesso effettivo all’asilo, il diritto alla libertà, i diritti dei minori e il diritto a un ricorso effettivo. Con riguardo alle opzioni flessibili per il contributo degli Stati membri, si cerca una ricollocazione delle persone arrivate di recente; sponsorizzazione del rimpatrio, mediante la quale uno Stato membro assume la responsabilità di rimpatriare una persona priva del diritto di soggiornare per conto di un altro Stato membro; sostegno operativo immediato, sostegno a più lungo termine per lo sviluppo di capacità in materia di procedure di asilo, accoglienza di nuovi arrivati o operazioni di rimpatrio, o assistenza per rispondere a specifiche tendenze migratorie che interessano gli Stati membri attraverso la cooperazione con i paesi terzi; risposte di solidarietà su misura per scenari specifici quali ad esempio lo sbarco a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare e persone vulnerabili o la ricollocazione delle persone che potrebbero aver bisogno di protezione. Si dava attuazione all’iniziativa nell’ottobre 2016, con la fondazione di un’Agenzia apposita, ed è in proposito di dotarla di un corpo permanente di circa 10 mila guardie di frontiera entro il 2027. Ancora, il nuovo sistema per le migrazioni e l’asilo, proposto dalla Commissione europea nel settembre 2020, aveva lo scopo di determinare un nuovo sistema di contributi flessibili e l’obbligatorietà di una solidarietà tra i membri dell’UE, allorquando gli Stati più esposti si trovano sotto pressione. La già menzionata proposta ha l’ulteriore scopo di creare più canali di immigrazione legali ed anche di facilitare la cooperazione con i paesi terzi, anche e soprattutto per assicurare un sistema di trattamento delle richieste di asilo alle frontiere più rapido e che includa rimpatri per i richiedenti respinti. La proposta attualmente è al vaglio tra il Parlamento ed il Consiglio europeo che lavorano per trovare un accordo in materia. Ancora, nel 2019, il Parlamento europeo ha approvato un aumento sostanziale dei fondi, per la gestione delle frontiere nel periodo 2021-2027 rispetto a quanto stanziato nel periodo 2014-2020. Dal punto di vista strettamente sociale, l’UE si sta anche impegnando per aiutare i migranti a integrarsi nella società dei loro nuovi paesi. Il Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione, infatti, veniva istituito per promuovere una gestione efficiente dei flussi migratori e il rafforzamento di un approccio comune all’asilo e all’immigrazione nell’UE. Il fondo ammonta al 2020 ad € 3,137 miliardi. Ma l’attività dell’Unione europea non cessa, per la creazione di più fondi per programmi che creino opportunità di lavoro. Un ulteriore precisazione appare opportuna dal punto di vista terminologico. In materia di immigrazione, i richiedenti asilo sono coloro che presentano una richiesta formale di asilo in un altro Paese, perché temono per la propria vita nel proprio Paese d’origine. I rifugiati invece, solo coloro che nutrono una fondata paura di essere perseguitati per motivi di etnia, religione, nazionalità, orientamento politico o appartenenza a un determinato gruppo sociale e che sono stati accettati e riconosciuti come tali nel Paese ospitante. Al momento i cittadini dei paesi terzi, rispetto all’Unione europea, devono presentare domanda di protezione nel primo Paese dell’UE in cui arrivano, diventano dei richiedenti asilo. A seguito, in caso di accoglimento della richiesta, i predetti, ricevono lo status di rifugiati o una diversa forma di protezione internazionale e comunque solo dopo l’approvazione da parte delle autorità nazionali. Secondo gli studi del settore, ad oggi, un rifugiato su tre proviene dalla Siria (27%). Gli altri due paesi da cui proviene il maggior numero di rifugiati sono l’Afghanistan (14%) e il Venezuela (13%). Nel 2019 il numero di rifugiati venezuelani è stato quasi 40 volte superiore rispetto al 2018. Il 71% dei 78.600 rifugiati siriani hanno ottenuto la protezione internazionale nell’UE in Germania. L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che si occupa anche di raccogliere i dati sugli attraversamenti illegali delle frontiere esterne dell’UE registrate dalle autorità nazionali, ha stabilito che nel 2015 e nel 2016 sono stati rilevati oltre 2,3 milioni di attraversamenti illegali delle frontiere. Nel 2019 il numero totale degli attraversamenti illegali è sceso a 141.846, il livello più basso dal 2013, per l’ammontare di una riduzione del 5% rispetto al 2018. Naturalmente, come noto, è possibile attraversare un confine più di una volta, quindi il numero effettivo di persone che arrivano in Europa, risulta inferiore al numero effettivo degli attraversamenti. Alcuni migranti vengono fermati e respinti al confine, così, ad esempio, nel 2019 sono state respinte 735.835 persone alle frontiere esterne dell’UE. Invece, nella prima parte del 2020 quasi 23.288 persone hanno rischiato la propria vita cercando di raggiungere l’Europa via mare e circa 248 persone hanno perso la vita in mare. Nel 2019 sono state più di 120.000 le persone che hanno cercato di raggiungere l’Europa via mare e nel 2015 sono state più di un milione. I numeri cambiano negli anni, ma rimane alto il novero di coloro che trovano la morte durante le traversate: 1.319 i morti o dispersi nel 2019, 2.277 nel 2018, 3.139 nel 2017. Con riferimento agli ingressi illegali, nel 2015 sono state rilevate 2,2 milioni di persone illegalmente presenti nell’UE. Nel 2019 il loro numero è sceso a circa 650.000.   📌Il tema dell’immigrazione risulta essere prioritario per gli sforzi dell’UE atteso l’allarme sociale gravitante intorno ad esso. Dagli studi del settore, risulta che il numero totale di persone che sono costrette a fuggire da guerre e persecuzioni abbia raggiunto i 79,5 milioni e circa il 40% dei rifugiati nel mondo sono bambini. Ad oggi, i Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia, Colombia, Pakistan, Uganda e Germania. Solo il 15% dei rifugiati è ospitato in regioni economicamente sviluppate. Negli ultimi anni l’Europa si è trovata a rispondere al più grande flusso di migranti dalla Seconda guerra mondiale. Tale flusso crescente dei migranti verso Europa ha messo in evidenza le carenze del Sistema europeo comune di asilo, pertanto, il Parlamento europeo ha cercato di cambiare la situazione proponendo delle riforme al regolamento di Dublino, che si occupa di stabilire quale sia lo stato membro responsabile per l’elaborazione delle richieste di protezione internazionale. Dal momento che la riforma della politica comune in materia di asilo è in fase di stallo, anche e soprattutto a causa della nota pandemia del Covid 19, a settembre 2020 la Commissione europea ha proposto un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, volto a stabilire procedure più celeri per tutto il sistema UE di gestione della migrazione. La proposta include una revisione del regolamento di Dublino e fornisce agli stati membri nuove risposte di solidarietà su misura. Il Parlamento europeo ha inoltre lavorato su nuove misure per la gestione dell’immigrazione clandestina, per il potenziamento dei controlli delle frontiere e per la creazione di un sistema più efficace di raccolta e archiviazione delle informazioni su coloro che entrano nell’UE. La procedura da seguire per fare richiesta dello status di rifugiato è determinata dal regolamento Dublino, l’elemento più importante del Sistema europeo comune di asilo. In particolare, il rifugiato, ossia colui che ha un timore fondato di essere perseguitato[2], nel proprio Paese di origine o, se non ha una cittadinanza, di residenza abituale, per motivi connessi a questioni di razzismo e non vuole o non può ricevere protezione e tutela dallo Stato di origine o dallo Stato in cui abbia risieduto abitualmente, può fare istanza di protezione internazionale e divenire un richiedente. Dunque, il richiedente protezione internazionale è colui che ha presentato richiesta di protezione internazionale ed è in attesa della decisione sul riconoscimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione. Il richiedente è stato soggetto a persecuzione, e per tale si intende una pratica per cui si subiscono per esempio, le minacce alla vita, la tortura o ingiuste privazioni della libertà personale o comunque le violazioni gravi dei diritti umani. Tuttavia, per ottenere lo status di rifugiati, non è indispensabile essere già stati effettivamente vittime di persecuzioni, ma è sufficiente che il soggetto abbia fondati motivi per temere che, in caso di rimpatrio o in caso di permanenza nel proprio Paese d’origine o di residenza abituale, si troverebbe esposto ad un serio rischio di persecuzione, nei termini di cui sopra. Più precisamente, la definizione di rifugiato si trova nell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiato, secondo la quale è rifugiato colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”. Appare opportuno specificare che, in generale, le difficoltà economiche, anche se reali e in alcuni casi molto gravi, non costituiscono motivi per il riconoscimento dello status di rifugiato. In materia, la protezione sussidiaria è invece la protezione che viene accordata ad un cittadino non appartenente all’Unione Europea, o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che se tornasse nel Paese di origine, o nel Paese nel quale aveva la propria dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e il quale non può o non vuole, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione di detto Paese. In proposito, con la protezione umanitaria, le Questure investite, hanno la facoltà di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari tutte le volte in cui le Commissioni Territoriali, pur non ravvisando gli estremi per la protezione internazionale, rilevino “gravi motivi di carattere umanitario a carico del richiedente asilo. Le informazioni fornite dal richiedente, a tutela del diritto alla Privacy, non potranno essere divulgate o trasmesse alle autorità del Paese d’origine o comunque di provenienza e ciò anche per tutelare il richiedente da ogni possibile ritorsione strettamente connessa alla sua istanza. Ancora si distinguono i c.d. “Permessi Speciali”, tra cui si annovera: ✅ il permesso per cure mediche, il quale viene rilasciato agli stranieri in grado di dimostrare il loro stato di salute di eccezionale gravità, a tal punto che un rimpatrio comporterebbe un serio rischio di compromettere la salute stessa;  ✅ permesso per calamità, per i soggetti provenienti da paesi che versano in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”; ✅ permesso per atti di particolare valore civile, rilasciato a coloro che compiano atti riconosciuti come di grande valore civile; ✅permesso per protezione sociale, il quale viene rilasciato agli stranieri che hanno necessità di protezione, ad esempio dalla criminalità organizzata o da associazioni per lo sfruttamento della prostituzione; permesso per vittime di violenza domestica;  ✅ permesso per sfruttamento lavorativo. Secondo la legislazione europea (Regolamento Dublino II) non si può decidere liberamente lo Stato in cui chiedere protezione, pertanto competente ad esaminare la  domanda sarà o il primo Stato nel quale il richiedente è entrato irregolarmente; o il Paese che ha rilasciato un titolo di soggiorno o un visto di ingresso; oppure il Paese nel quale si trova regolarmente un familiare del richiedente laddove esso sia un minorenne non accompagnato; oppure il Paese in cui si trova un familiare del richiedente che sia stato riconosciuto rifugiato o che abbia già fatto domanda di asilo. Per familiare si intende il coniuge oppure colui / colei con cui il richiedente abbia una relazione stabile, se lo Stato di accoglienza la parifica al matrimonio (ammetta cioè rilevanza e tutela alla c.d. “famiglia di fatto”); i figli minorenni, se sono sostenuti economicamente dal richiedente e se comunque non siano sposati; il genitore o il tutore se sei minore d’età e non sposato ecc.. La verifica sulla competenza del Paese ricevente verrà eseguita da apposito organismo, cui verranno trasmessi i dati e la documentazione, che rappresenta l’unità operativa europea nel Paese ricevente. Così ad esempio, in Italia, l’esame della domanda di protezione internazionale non verrà fatta dalla Polizia presente nel centro di accoglienza, ma quest’ultima invierà tutta la documentazione all’Ufficio apposito presso il Ministero dell’Interno a Roma (detto “Unità Dublino”), il quale prenderà la decisione sulla base dei dati di cui dispone.    Statisticamente nel 2019 ci sono state 714.200 richieste di protezione internazionale nell’UE (più Norvegia e Svizzera), 13% in più rispetto al 2018 (634.700 richieste). Nel 2017 ce ne sono state 728.470 e nel 2016 1,3 milioni. Nel 2019 i paesi europei hanno offerto protezione a 295.800 richiedenti asilo. Mentre nel 2018, lo statuto di protezione era stato riconosciuto a 333.400 richiedenti asilo, 40% in meno rispetto al 2017 (533.000).  📌 Al fine di definire quando sussista il fondato timore di essere perseguitato” è necessario comprendere quali siano gli atti di persecuzione che sono definiti dall’art. 9 capo III della Direttiva UE 95 del 2011, ove si legge che sono persecutori gli atti che, “a) per loro natura o frequenza, sono sufficientemente gravi da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della CEDU o b) quelli che rappresentano la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a)”. Relativamente invece alla forma di detti atti, essa può consistere in “atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale, provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e/o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio, azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discri­minatorie, rifiuto di accesso ai mezzi di ricorso giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria, azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo comporterebbe la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nell’ambito dei motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, atti specificamente diretti contro un sesso o contro l’infanzia.” (Art. 9 capo III Direttiva europea Dir. 2011/95/UE (“Direttiva qualifiche”) sulla qualifica di rifugiato e di persona bisognosa di protezione internazionale.)  l’art. 10 capo III della Direttiva UE 2011/95, sancisce che i motivi devono riguardare la razza, la religione, la nazionalità, l’appartenenza a un particolare gruppo sociale e opinione politica📌Come definito dalla stessa normativa, il termine “razza” si riferisce a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all’apparte­nenza a un determinato gruppo etnico; 📌 il termine “religione” include le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a / o l’astensione da riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte;📌  il termine “nazionalità” non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all’assenza di cittadinanza, ma designa l’appartenenza a un gruppo caratterizzato da un’identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato; ancora, per  “particolare gruppo sociale” si intende che i membri del tale gruppo condividono una caratteristica innata o una storia comune che non può essere mutata : “può includere un gruppo fondato sulla caratteristica comune dell’orientamento sessuale dove l’interpreta­zione dell’espressione «orientamento sessuale» non può in­cludere atti penalmente rilevanti ai sensi del diritto interno degli Stati membri. Ai fini della determinazione dell’apparte­nenza a un determinato gruppo sociale o dell’individuazione delle caratteristiche proprie di tale gruppo, si tiene debito conto delle considerazioni di genere, compresa l’identità di genere”.📌  In ultimo per “opinione politica” si intende la professione di un’opinione, un pensiero o una convinzione su una questione concernente le politiche o i metodi dei potenziali persecutori, senza che rilevi che il richiedente abbia tradotto il proprio pensiero in atti concreti.   La Direttiva qualifiche stabilisce inoltre che il timore d’essere perseguitati, per quanto normalmente si costituisca anteriormente alla partenza dello straniero, tuttavia, è fondato anche laddove basato su attività svolte dal richiedente dopo la sua partenza dal Paese d’origine, in particolare quando sia accertato che le attività addotte costituiscono l’espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti già manifestati nel Paese d’origine (Art. 5 capo III Direttiva europea Dir. 2011/95/UE “Direttiva qualifiche” sulla qualifica di rifugiato e di persona bisognosa di protezione internazionale.) Ancora, per la citata Direttiva, gli atti persecutori possono essere compiuti tanto da autorità statali, quanto da soggetti privati qualora, tuttavia, risulti che lo Stato d’origine non voglia o non sia in grado di offrire la dovuta protezione. ✅ Il resto lo potete leggere acquistando il libro accedendo a questo Link: https://www.libreriauniversitaria.it/…/libro/9788833593753)

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