IO DIFENDO SOLO LE PERSONE CHE LO MERITANO!

L’avvocato Rossana ROVERE, già presidente dell’Ordine degli avvocati della provincia di Pordenone, che il presunto omicida Giuseppe Forciniti della compagna a Roveredo in Piano (Pordenone) aveva scelto a proprio difensore, ha rinunciato all’incarico, dandone notizia sugli organi stampa e, motivando la sua rinuncia dicendo “non sono serena, io non posso assumere le difese di quest’uomo, dopo una vita e una carriera spese a promuovere la tutela dei diritti delle donne … Ho spiegato a Giuseppe che ha il sacrosanto diritto di essere difeso al meglio, un diritto costituzionale riservato a tutti, anche al peggior delinquente. Ma la mia storia, le mie battaglie per le donne mi impediscono di essere di parte. Due mondi inconciliabili, non avrei potuto difenderlo al meglio. In cuor mio gli ho augurato di trovare un difensore adeguato”.  Pur condividendo il diritto della collega di rinunciare all’incarico –  peraltro disciplinato dall’articolo 107 del codice di procedura penale -, trovo la comunicazione della rinuncia anche agli organi di stampa quanto meno inopportuna e deontologicamente poco corretta. Inoltre non bisogna dimenticare che nel nostro ordinamento costituzione è disciplinato – a mezzo dell’articolo 111 della costituzione – il cd. “Giusto Processo”,  cioè celebrazione del processo – nelle aule di tribunale – ed ove, siano  rispettate le garanzie difensive dell’imputato ed ove la decisione sia affidata ad un giudice assolutamente neutrale tra le parti. Sulla vicenda, com’era prevedibile,  sono intervenuti molti colleghi. Michela LUPI: “Lo ha giudicato prima ancora di difenderlo. Ha fatto bene perché non sarebbe stata in grado di garantirgli una difesa adeguata, visto il suo conflitto interiore; ha fatto male perché in quanto avvocato avrebbe dovuto sospendere il giudizio morale sul fatto e limitarsi ad una disamina squisitamente giuridica della vicenda. In ogni caso, poteva tacere e tenersi per sé questa decisione, che sebbene legittima, nel caso di specie poteva rimanere squisitamente personale, scelta lecita di un avvocato che sceglie di accettare o rinunciare ad un incarico senza doverlo per forza rendere noto ai più”. Antonella PAURA: “Si difende il reo. La scelta, discutibile, doveva restare nello studio della collega. Così facendo invece ha deciso di portare alla gogna, l’avvocato che deciderà di assumere la difesa. Perché non si dimentichi che la difesa è un DIRITTO”. Mariolina MALGIOGLIO: “Ha fatto male! Si finisce così nel rafforzare l’idea terribile che ci siano avvocati dei “buoni” e avvocati dei “cattivi”, che l’avvocato che difende un assassino o un mafioso possa essere identificato o connivente con il proprio assistito! La difesa è un diritto inviolabile! Un principio ineluttabile ma la deriva è davvero vicina ahimè”. Anche Michele VAIRA, già presidente nazionale AIGA e noto penalista Foggiano interviene sulla vicenda con un lungo post sul suo profilo facebook che riporto. “Sono davvero indignato per l’ennesimo caso di avvocato che rinuncia a difendere qualcuno (solitamente casi di delitti efferati) e lo sbandiera alla stampa come fosse una nota di merito. Sia chiaro: ogni avvocato ha il diritto di scegliere i propri clienti, in base ai propri gusti personali e ai propri principi, anche economici. È un’attività che svolgiamo tutti, quotidianamente (perlomeno quanti hanno la possibilità di sceglierli). A me, per esempio, è capitato di scegliere in base alla simpatia; qualcuno l’ho anche rifiutato per come si era rivolto alla mia segretaria. Nella maggior parte dei casi, ho valutato in anticipo la sostenibilità della difesa o le aspettative del cliente. Ma sono valutazioni che attengono al foro interno. Esternare, addirittura a mezzo della stampa, le motivazioni di un rifiuto è un atto gravissimo. Sarebbe il caso di introdurre una specifica norma deontologica che lo vieti espressamente. Cercherò di spiegarne il motivo. È un modo subdolo di farsi pubblicità. Di mettersi su un piedistallo (“io difendo solo persone che lo meritano”)Nel caso specifico, un modo di pubblicizzare la propria “specialità” (difesa delle donne maltrattate) aumentando la propria credibilità nello specifico ambito. Come se esistesse una “specializzazione” non per rito o per tipo di reato, ma per soggetto processuale e relativo genere. Di questo passo avremo solo gli avvocati che difendono i responsabili civili di sesso maschile. Sono anni che critichiamo i consulenti tecnici che si autocertificano più attendibili perchè “lavorano solo con la Procura” e oggi, invece, ci comportiamo nello stesso modo. È una mancanza di solidarietà professionale: sempre più spesso sentiamo casi di Colleghi attaccati dal pubblico e dalla stampa perchè decidono di difendere gli “indifendibili” (categoria che deve essere estranea al nostro patrimonio culturale). Dopo un rifiuto del egenere, come verrà considerato il difensore che accetterà l’incarico? È – paradossalmente – una violazione del segreto professionale, quando ciò avvenga dopo aver accettato l’incarico: si rende chiara l’idea che il soggetto è pacificamente colpevole, prima ancora che lo stabilisca un giusto processo. Ribadisco la premessa: ognuno ha il sacrosanto diritto di scegliersi i clienti, in base anche alla propria sensibilità e ai propri limiti. Perchè non riuscire a difendere chiunque non è un pregio, ma un grave limite dell’avvocato penalista. Un medico militare ha l’obbligo di curare anche i prigionieri, ossia quelli che hanno cercato di uccidere i propri commilitoni. È il caso che questi avvocati che hanno perso per strada il senso del proprio ruolo costituzionale ritornino alle letture fondamentali, a partire da Fulvio Croce (assassinato nell’adempimento del suo dovere) e Otto Stahmer (processo di Norimberga)”. 

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