LEGITTIMA L’ISTITUZIONE DA PARTE DELLO STATO DELL’AUTORITÀ PORTUALE DELLO STRETTO DI MESSINA

COMUNICATO STAMPA: L’istituzione della nuova «Autorità di sistema portuale dello Stretto» ad opera della legge n.136 del 2018 che ha convertito il decreto legge n. 119 dello stesso anno, in quanto deliberata appunto con legge e nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato non comporta problemi di leale collaborazione con le Regioni. È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 208, depositata oggi (relatore il Vicepresidente Giuliano Amato), dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Calabria che contestava, in particolare, la competenza dell’Autorità, con sede a Messina, sui porti di Villa San Giovanni e di Reggio Calabria. Con la disposizione censurata il legislatore statale ha regolato profili organizzativi riconducibili ai principi fondamentali della materia «porti e aeroporti civili», oltre che a quella relativa agli enti pubblici nazionali, al fine di valorizzare le peculiarità dello Stretto e dei relativi porti, accomunati dalla prevalente vocazione al traffico passeggeri. L’istituzione di una nuova Autorità, con sede a Messina e comprensiva anche dei due porti calabresi, non può essere considerata neppure irragionevole per le possibili interferenze con la disciplina della Zona economica speciale (ZES) della Calabria. Non si può infatti sostenere, come fa invece la regione Calabria, che l’unica soluzione  costituzionalmente legittima sia la coincidenza tra le circoscrizioni territoriali dell’Autorità di sistema portuale e quelle della ZES, poiché il legislatore ha regolato  espressamente i casi in cui taluni dei porti inclusi nell’area della ZES
rientrino nella competenza territoriale di un’Autorità con sede in altra Regione, come appunto nella fattispecie. Roma, 9 ottobre 2020 

Sentenza 208/2020  
Giudizio:
Presidente: MORELLI – Redattore: AMATO
Udienza Pubblica del 08/09/2020;    Decisione  del 08/09/2020
Deposito del 09/10/2020;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 22 bis del decreto-legge 23/10/2018, n. 119, convertito, con modificazioni, nella legge 17/12/2018, n. 136.
Massime:
Atti decisi: ric. 30/2019
SENTENZA N. 208 –  ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA – IN NOME DEL POPOLO ITALIANO – LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Mario Rosario MORELLI; Giudici : Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente:  SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018 n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2018, n. 136, promosso dalla Regione Calabria con ricorso notificato il 15-20 febbraio 2019, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2019, iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 settembre 2020 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli e Gianclaudio Festa per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 settembre 2020.

Ritenuto in fatto

1.– La Regione Calabria, con ricorso notificato il 15-20 febbraio 2019 e depositato in cancelleria il 21 febbraio 2019 (reg. ric. n. 30 del 2019), ha promosso, in riferimento agli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, nonché ai principi di semplificazione, ragionevolezza e leale collaborazione ed omogeneità delle disposizioni legislative, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018 n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2018, n. 136.

1.1.− I commi 1 e 2 di tale articolo modificano l’art. 6 e l’Allegato A della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) – istituendo l’«Autorità di sistema portuale dello Stretto», comprensiva dei Porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni e Reggio Calabria – mentre il comma 3 modifica l’art. 4, comma 6, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 (Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 2017, n. 123, stabilendo che, qualora «i porti inclusi nell’area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un’Autorità di sistema portuale con sede in altra regione, il presidente del Comitato di indirizzo è individuato nel Presidente dell’Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione in cui è istituita la ZES».

2.− Secondo la parte ricorrente le disposizioni impugnate, intervenendo nella materia dei «porti e aeroporti civili», inciderebbero sulle competenze regionali in relazione alle aree portuali, in assenza di strumenti di leale collaborazione, in violazione altresì dell’art. 97 Cost., con particolare riferimento alla disciplina della Zona economica speciale (da qui: ZES).

2.1.− La difesa della Regione Calabria premette un’ampia ricostruzione delle vicende che hanno interessato la materia dei porti, fornendo un quadro descrittivo della normativa di riferimento.

2.1.1.− Un primo riordino della materia dei porti e delle attività portuali si è avuto con la legge n. 84 del 1994. Sulla base della delega di cui all’art. 8 comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), è poi intervenuto il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante «Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124», che ha ampiamente modificato la legge n. 84 del 1994.

In relazione allo schema di siffatto decreto, il Consiglio di Stato, nel parere 9 maggio 2016, n. 1142, ha sottolineato l’importanza di curare la fase attuativa della riforma, attraverso adeguate iniziative, sia normative, sia soprattutto di manutenzione costante. In particolare, la parte ricorrente sottolinea i passaggi del parere ove si evidenzia la necessità di evitare il rischio di duplicazioni di centri decisionali e l’auspicio che il processo di riorganizzazione delle autorità portuali non si limiti a un mero accorpamento «aritmetico» di enti di governo, ma si coniughi con una visione strategica d’integrazione dei settori coinvolti.

In virtù della disciplina vigente, dunque, i porti marittimi nazionali sono ripartiti in categorie e classi. I porti sede di Autorità di sistema portuale (da qui: AdSP), nella specie, appartengono a una delle prime due classi della categoria II – che hanno funzioni commerciale e logistica, industriale e petrolifera, di servizio passeggeri, ivi compresi i crocieristi, peschereccia, turistica e da diporto – ossia: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale (classe I) e nazionale (classe II).

Tale disciplina verterebbe nella materia di competenza concorrente «porti e aeroporti civili»; per tale ragione, pertanto, la legge n. 84 del 1994 prevederebbe il coinvolgimento delle Regioni sotto diversi profili, come per le caratteristiche dimensionali, funzionali e la tipologia del porto, nonché per l’assegnazione allo stesso della relativa categoria, da stabilirsi con decreto ministeriale, previo parere della Regione interessata. Così anche per il documento di pianificazione strategica di sistema, redatto dalle AdSP, adottato da un Comitato di gestione e approvato dalla Regione interessata, previa intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (da qui, anche: MIT).

Le AdSP, a cui spettano le principali funzioni amministrative per la gestione delle aree portuali, sono qualificate come enti pubblici non economici di rilevanza nazionale a ordinamento speciale e sono dotate di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria. Organi delle autorità sono il Presidente, il Comitato di gestione, il Collegio dei revisori dei conti e il Segretario generale.

La sede delle AdSP è individuata presso il porto centrale (porto “CORE”), stabilito ai sensi del Regolamento (UE) n. 1315/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, «sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE». Detto regolamento individua la rete transeuropea dei trasporti (“TEN-T”), ossia quella avente alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi di sviluppo delle infrastrutture di trasporto, mediante l’interconnessione dei collegamenti ferroviari, portuali, aeroportuali, di navigazione interna, stradali e intermodali.

L’art. 6, comma 1, della legge n. 84 del 1994 disciplina così l’individuazione dei porti ricompresi nelle AdSP, rinviando all’Allegato A, ove si prevede che il primo porto indicato per ogni autorità rappresenta anche la sede della stessa autorità.

Per quanto riguarda i porti calabresi, è qualificato CORE il porto di Gioia Tauro, in considerazione delle dimensioni, della localizzazione e della sua strategicità. Viceversa, per la Sicilia sono indicati quali porti CORE quello di Palermo e quello di Augusta. Il porto di Gioia Tauro, ai sensi del predetto regolamento europeo, insiste sulla rete TEN-T, che collega il Mediterraneo alla Scandinavia. Sulla medesima rete insiste anche il porto di Messina, circostanza questa che lo renderebbe idoneo a ospitare la sede di una AdSP.

Le AdSP, prima della modifica apportata con le disposizioni impugnate, erano quindici (nelle quali erano state raggruppate le precedenti 53 Autorità portuali) e, in relazione ai porti calabresi e siciliani, l’art. 6, comma 1, lettera j), della legge n. 84 del 1994 individuava l’«Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto», comprensiva, ai sensi dell’Allegato A della stessa legge, di tutti i porti della Calabria e di tre porti della Sicilia (Messina, Milazzo e Tremestieri), con sede nel porto di Gioia Tauro, quale primo porto indicato.

Ai sensi dell’art. 6, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994 e successive modificazioni, eventuali cambiamenti all’Allegato A devono essere adottati con regolamento, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata. Tali modifiche sono finalizzate a consentire: «a) l’inserimento di un porto di rilevanza economica regionale o di un porto di rilevanza economica nazionale la cui gestione è stata trasferita alla regione all’interno del sistema dell’Autorità di sistema portuale territorialmente competente; b) il trasferimento di un porto a una diversa Autorità di sistema portuale, previa intesa con le regioni nel cui territorio hanno sede le Autorità di sistema portuale di destinazione e di provenienza».

Il comma 14 del medesimo art. 6 prevede altresì che, decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto di modifica e riorganizzazione (cioè il citato d.lgs. n. 169 del 2016), con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previo parere della Conferenza unificata, possa essere modificato il numero delle AdSP.

Infine, ai sensi del successivo comma 15, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previo parere della Conferenza unificata, si procede per la modifica dei limiti territoriali di ciascuna delle autorità.

2.1.2.− In seguito alla novella del 2016, la Regione Calabria ha ottenuto l’istituzione di una ZES ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 91 del 2017, come convertito. La ZES, ai sensi del comma 2, è una «zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un’area portuale», nella quale «per l’esercizio di attività economiche e imprenditoriali le aziende già operative e quelle che si insedieranno nella ZES possono beneficiare di speciali condizioni». L’istituzione della stessa è volta alla creazione di condizioni economiche, finanziarie e amministrative favorevoli per lo sviluppo delle imprese insediate in alcune aree del Paese in cui siano presenti aree portuali.

In attuazione di tale normativa, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2018, n. 12, denominato «Regolamento recante istituzione di Zone economiche speciali (ZES)», ha ulteriormente integrato la materia. In particolare, sono stati specificati i compiti e le funzioni del Comitato di indirizzo, organo di amministrazione della ZES, composto dal Presidente dell’Autorità di sistema portuale, da un rappresentante della Regione, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del MIT. Dette funzioni si intersecherebbero con quelle attribuite all’AdSP e il raccordo tra le stesse sarebbe assicurato dal Presidente di detto Comitato, allo stesso tempo Presidente dell’autorità.

La Regione Calabria, con deliberazione della Giunta regionale 29 marzo 2018, n. 100, ha dunque avviato l’iter per l’istituzione della ZES, approvando il Piano di sviluppo strategico, in cui si sottolinea il ruolo principale del porto CORE di Gioia Tauro e si specifica che le aree portuali ricomprese nella ZES sono quelle del porto di Reggio Calabria e dei porti nazionali di Villa San Giovanni, Crotone, Vibo Valentia e Corigliano Calabro. Con successivo decreto del Presidente della Giunta regionale 4 aprile 2018, n. 24, la Regione Calabria ha formalmente richiesto l’istituzione della ZES, avvenuta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2018, a cui ha fatto seguito la nomina dei membri del Comitato di indirizzo.

2.1.3.− L’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, pertanto, s’inserisce in tale quadro normativo, scorporando i porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni e Reggio Calabria dalla AdSP dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto e inserendoli nella nuova AdSP dello Stretto, con sede a Messina, unico porto che insisterebbe sulla rete TEN-T e, dunque, porto CORE. La precedente autorità, così, è divenuta «Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio», con sede presso il porto di Gioia Tauro.

2.2.− Ciò premesso, la difesa regionale asserisce, in primo luogo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento anche al principio di leale collaborazione.

Le disposizioni impugnate, infatti, incidendo sulla materia «porti e aeroporti civili», di competenza concorrente, nonché sugli interessi della Regione Calabria, avrebbero modificato, senza alcun previo coinvolgimento regionale, l’assetto dell’autorità calabrese e assegnato i due porti di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni all’AdSP dello Stretto, con sede in Sicilia, presso il porto di Messina.

2.2.1.− Secondo costante giurisprudenza costituzionale, argomenta ancora la ricorrente, le Regioni sono legittimate a censurare, in via d’impugnazione principale, le leggi dello Stato, per questioni attinenti al riparto delle rispettive competenze (sono richiamate le sentenze n. 195 del 2017 e n. 216 del 2008).

Una deroga al riparto di competenze tra Stato e Regioni, così come stabilito dall’art. 117 Cost., potrebbe avvenire solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata e oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata (si richiama la sentenza di questa Corte n. 303 del 2003). L’intervento statale, in particolare, dovrebbe prevedere procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti, attraverso strumenti di leale collaborazione (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 251 e n. 65 del 2016, n. 88 del 2014, n. 139 del 2012 e n. 6 del 2004.).

D’altronde, sottolinea la Regione Calabria, nelle materie di competenza concorrente sarebbe sempre necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, si richiamano le sentenze di questa Corte n. 163 del 2012, n. 165 del 2011, n. 278 del 2010, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). In presenza di potestà legislativa concorrente, dunque, la legge statale dovrebbe essere adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti, attraverso strumenti di leale collaborazione, potendo superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà e non sono superabili con una determinazione unilaterale dello Stato, se non quando l’esperimento di ulteriori procedure bilaterali si sia rivelato inefficace (tra tutte, è richiamata la sentenza di questa Corte n. 7 del 2016).

Tali argomentazioni troverebbero conferma anche nella sentenza n. 261 del 2015, relativa proprio alle autorità portuali, nella quale è stato ritenuto incostituzionale il mancato coinvolgimento delle Regioni attraverso l’intesa in ordine all’adozione del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, di cui all’art. 29, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 2014, n. 164. Ivi, inoltre, questa Corte ha specificato che le forme di partecipazione delle Regioni previste nella legge n. 84 del 1994 non possono essere considerate in alcun modo equivalenti al coinvolgimento nella forma dell’intesa, nella specie mancato.

Le disposizioni impugnate, introdotte con la legge di conversione del d.l. n. 119 del 2018, sarebbero stata approvate senza il coinvolgimento della Conferenza unificata e, dunque, delle Regioni interessate, in particolar modo della Regione Calabria, pur incidendo fortemente sugli interessi regionali. L’istituzione dell’AdSP dello Stretto, con la relativa assegnazione di due porti calabresi, di conseguenza, configurerebbe di per sé una lesione della potestà legislativa concorrente regionale, venendo precluso alla Regione qualsiasi intervento normativo teso ad assicurare il coordinamento con gli altri porti calabresi.

Del resto, la stessa legge n. 84 del 1994 prevederebbe strumenti di coinvolgimento delle Regioni territorialmente interessate in relazione a determinate attività; strumenti che nel caso di specie sarebbero stati irragionevolmente pretermessi.

2.3.− In secondo luogo, osserva la parte ricorrente, le disposizioni oggetto di censura violerebbero l’art. 97 Cost., i principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, nonché il principio giurisprudenziale di omogeneità delle disposizioni legislative introdotte con la legge di conversione nel decreto-legge.

2.3.1.− Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il principio di ragionevolezza sarebbe leso quando si accerti l’esistenza di un’irrazionalità intra legem, intesa come «contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata (sentenza n. 416 del 2000)» (sentenza n. 86 del 2017), ovvero quando la legge manchi il suo obiettivo e tradisca la sua ratio (si richiama la sentenza n. 43 del 1997).

La scelta del legislatore statale di prevedere una nuova AdSP interregionale si porrebbe, appunto, in contrasto con la ratio della riforma del 2016, chiaramente espressa nel parere del Consiglio di Stato n. 1142 del 2016, tesa a un accorpamento dei centri decisionali e al superamento della frammentazione e del localismo delle autorità portuali.

Le norme impugnate, inoltre, sono state inserite solo in sede di conversione del d.l. n. 119 del 2018, provvedimento legislativo recante «[d]isposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria». Le stesse, quindi, sarebbero del tutto estranee al contenuto originario di tale provvedimento e per tale ragione illegittime. La giurisprudenza costituzionale, infatti, sarebbe pacifica nel ritenere incostituzionali le norme come quelle in esame, inserite in sede di conversione, che siano disomogenee ed eterogenee rispetto al contenuto, alla finalità e alla ratio complessiva dell’originario disegno di legge (sono richiamate le sentenze n. 94 del 2016 e n. 32 del 2014).

2.4.− Da ultimo, l’art. 97 Cost. e il principio di ragionevolezza verrebbero violati anche sotto un altro profilo.

2.4.1.− Nel disegno tracciato dal legislatore statale, il raccordo tra le funzioni esercitate dall’AdSP e dal Comitato di indirizzo della ZES sarebbe stato assicurato dal Presidente di detto Comitato, allo stesso tempo Presidente dell’autorità operante sul territorio regionale. Tale figura, quindi, sarebbe funzionale a garantire il coordinamento tra le due strutture e ad evitare eventuali disfunzioni nell’espletamento dei relativi compiti.

Il quadro sarebbe profondamente mutato a seguito della riforma operata con le disposizioni impugnate. Il Presidente del Comitato di indirizzo della ZES, infatti, è individuato nel Presidente dell’AdSP con sede in Gioia Tauro, ma due porti calabresi (Villa San Giovanni e Reggio Calabria) sono transitati nell’ambito dell’autorità interregionale di nuova istituzione e, quindi, rispondono al Presidente di quest’ultima.

Né potrebbe ritenersi che detta funzione di coordinamento possa essere soddisfatta da quanto stabilito al comma 3 dell’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, il quale, modificando l’art. 4, comma 6, del d.l. n. 91 del 2017, come convertito, ha previsto, nell’ipotesi in cui i porti inclusi nell’area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un’AdSP con sede in altra Regione, come nel caso di specie, che il Presidente del Comitato di indirizzo sia individuato nel Presidente dell’AdSP con sede nella Regione in cui è istituita la ZES (dunque l’autorità con sede a Gioia Tauro). Ciò, infatti, non sarebbe in alcun modo sufficiente a garantire il coordinamento tra le funzioni proprie dei due organi.

Lo scorporo dei due porti calabresi, inoltre, inciderebbe pesantemente sull’attuazione del piano strategico della ZES, che ricomprenderebbe necessariamente, in una visione organica, tutte le infrastrutture del territorio. Infatti, sarebbe lo stesso esercizio delle funzioni suindicate attribuite all’AdSP interregionale a pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi del piano, tesi a incentivare la semplificazione amministrativa e la creazione di un sistema regionale unitario.

Infine, la moltiplicazione dei soggetti istituzionali competenti sui porti calabresi, venutasi a creare a seguito della riforma oggetto di contestazione, produrrebbe evidentemente un effetto pregiudizievole anche in capo agli operatori che devono interfacciarsi con tali soggetti, rendendo più gravose le attività autorizzatorie e concessorie necessarie per poter fruire dei servizi e delle infrastrutture portuali.

3.– Con atto depositato il 29 marzo 2019 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso della Regione Calabria (ribadendo le proprie conclusioni nella memoria presentata in prossimità dell’udienza).

3.1.− Riguardo al primo motivo di ricorso, la difesa statale precisa che con le disposizioni impugnate si è costituita una nuova AdSP, fattispecie come tale non sussumibile nell’ipotesi disciplinata all’art. 6, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994, concernente la possibilità di modificare, su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata, l’ambito di competenza delle autorità di cui all’Allegato A della medesima legge.

Anche la procedura di cui all’art. 6, comma 14, della legge n. 84 del 1994, che consente di modificare il numero delle AdSP con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, acquisendo sullo schema di regolamento il parere della Conferenza unificata, non sarebbe applicabile al caso in questione. Infatti, detta procedura trova applicazione decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 8, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015, ossia il d.lgs. n. 169 del 2016, mentre l’istituzione dell’AdSP dello Stretto è avvenuta prima di tale periodo.

In altri termini, il legislatore statale sarebbe intervenuto senza violare le disposizioni e i principi della richiamata legge n. 84 del 1994, con conseguente legittimità dello strumento normativo prescelto e del relativo iter procedurale seguito.

3.2.− Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione in ordine alla ridondanza dei vizi evocati su competenze regionali.

Com’è noto, infatti, le Regioni possono evocare parametri di legittimità costituzionale diversi da quelli che sovraintendono al riparto di competenze fra Stato e Regioni solo a due condizioni: quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a riverberarsi sulle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 78 del 2018, n. 13 del 2017, n. 287, n. 251 e n. 244 del 2016, n. 8 del 2013 e n. 199 del 2012); qualora la Regione ricorrente abbia sufficientemente motivato in ordine alla ridondanza della lamentata illegittimità costituzionale sul riparto di competenze, indicando la specifica competenza che risulterebbe offesa e argomentando adeguatamente in proposito (si richiamano ancora le sentenze n. 65 e n. 29 del 2016, n. 251, n. 189, n. 153, n. 140, n. 89 e n. 13 del 2015).

3.2.1.− In ogni caso, le censure risulterebbero infondate, poiché la scelta del legislatore statale sarebbe stata dettata dall’esigenza di tutelare e valorizzare le peculiarità dello Stretto di Messina, un territorio altamente svantaggiato e interessato giornalmente dal transito di un elevatissimo numero di passeggeri, in relazione al quale sarebbe stata assicurata la continuità territoriale e dei servizi di trasporto adeguati.

Proprio la vocazione al traffico passeggeri che accomunerebbe i porti in questione, nonché la stretta correlazione tra quelli interessati dai collegamenti sullo Stretto, avrebbero determinato l’istituzione di un’apposita AdSP, dedicata alle peculiari realtà portuali ivi insistenti, in un’ottica di massima efficienza del servizio di trasporto a soddisfacimento dell’interesse pubblico prevalente, coincidente con la tutela dei passeggeri, secondo «una visione olistica che mette al centro il destinatario del servizio pubblico» (è citato il parere del Consiglio di Stato n. 1142 del 2016).

Il realizzato scorporo dei porti di Villa San Giovanni e Reggio Calabria dall’originaria autorità risponderebbe, quindi, a criteri di ragionevolezza, al fine di soddisfare le esigenze peculiari legate a un intenso traffico passeggeri, senza aggravare un porto altamente specializzato in traffico container come quello di Gioia Tauro.

In questo modo, non solo non si tradirebbe la complessiva finalità perseguita con la riforma del 2016, ma se ne darebbe compiuta e mirata attuazione, assecondandone il proposito di realizzare maggiore interazione, integrazione e capacità di coordinamento, ancor più tra porti contigui per continuità territoriale e identità/omogeneità di traffici e servizi come quelli siciliani e calabresi, riuniti sotto la nuova AdSP dello Stretto.

Ciò risulterebbe altresì coerente con la realizzazione di una rete transeuropea dei trasporti, ex regolamento n. 1315/2013/UE, articolata in una struttura «a doppio strato», comprendente una rete globale (comprehensive network), strato di base del TEN-T e con una prevalente funzione di coesione territoriale all’interno dei singoli Stati membri, e una rete centrale (core network), a cui sarebbe affidato il compito di collegare i 28 Paesi dell’Unione, nonché questi ai Paesi confinanti.

3.3.− Da ultimo, riguardo al terzo motivo di ricorso, ribadite anche in tal caso le medesime ragioni d’inammissibilità illustrate per il secondo, la difesa statale ne asserisce comunque l’infondatezza.

Il lamentato conflitto tra la novella legislativa e il disegno tracciato dal d.l. n. 91 del 2017, come convertito, deriverebbe da un possibile pregiudizio al raccordo tra le funzioni esercitate dall’Autorità di sistema portuale e quelle proprie del Comitato d’indirizzo della ZES. Tale funzione di raccordo, tuttavia, sarebbe soltanto presunta dalla parte ricorrente, che non recherebbe alcuna motivazione in merito, fornendo solo alcune generiche indicazioni, anche sotto il profilo dei principi costituzionali richiamati a supporto.

D’altro canto, proprio in attuazione della disposizione di cui all’art. 6, comma 14, della legge n. 84 del 1994, che consente di variare, decorsi tre anni dall’entrata in vigore della riforma portuale, il numero delle AdSP, si sarebbe resa necessaria la modifica introdotta al d.l. n. 91 del 2017, atteso che, in assenza, si sarebbe potuto assistere a una sorta di «cristallizzazione» delle esistenti autorità, sull’assunto che le relative circoscrizioni territoriali debbano obbligatoriamente coincidere con quelle delle ZES. Ciò sarebbe contraddetto dalla possibilità di modificare, anche ai sensi della legge n. 84 del 1994, la conformazione delle aree portuali, che seguendo la tesi della ricorrente, invece, dovrebbe sempre avvenire sulla base delle ZES. Anzi, proprio in considerazione di tale ipotesi le norme impugnate avrebbero previsto che quando i porti inclusi nell’area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un’AdSP con sede in altra Regione, il presidente del Comitato di indirizzo sia individuato nel Presidente dell’autorità che ha sede nella Regione in cui è istituita la ZES.

Considerato in diritto

1.– La Regione Calabria, con ricorso iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2019, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2018, n. 136.

1.1.– Nella specie, i commi 1 e 2 di tale articolo modificano l’art. 6 e l’Allegato A della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), come novellati dal decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante «Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124», istituendo l’«Autorità di sistema portuale dello Stretto», con sede presso il porto di Messina e comprensiva dei Porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni e Reggio Calabria, questi ultimi due dapprima compresi nell’«Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto», con sede presso il porto di Gioia Tauro, divenuta così «Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio».

Il comma 3 dell’art. 22-bis, invece, modifica l’art. 4, comma 6, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 (Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 2017, n. 123, stabilendo che qualora i porti inclusi nell’area della Zona economica speciale (da qui: ZES) rientrino nella competenza territoriale di un’Autorità di sistema portuale (da qui: AdSP) con sede in altra Regione «il presidente del Comitato di indirizzo è individuato nel Presidente dell’Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione in cui è istituita la ZES».

2.− Secondo la parte ricorrente l’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, inciderebbe sulla materia di competenza concorrente dei «porti e aeroporti civili», senza rispettare, tra l’altro, il principio di leale collaborazione, violando così l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché l’art. 97 Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza, in particolare per l’interferenza con la disciplina della ZES.

3.− In primo luogo, le norme impugnate sono censurate in quanto interverrebbero sulle competenze della Regione Calabria senza alcun previo coinvolgimento regionale, assegnando i due porti di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni all’AdSP dello Stretto, con sede in Sicilia, presso il porto di Messina.

3.1.− La questione non è fondata.

3.1.1.− L’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, modifica la legge n. 84 del 1994 in materia di porti, materia che ha subito un profondo riordino in seguito al d.lgs. n. 169 del 2016, al fine di razionalizzare sia la governance dei porti, sia le attività portuali.

Per quanto qui d’interesse, la novella del 2016 ha previsto la riorganizzazione delle autorità portuali, sostituite dalle nuove Autorità di sistema portuale (art. 6 della legge n. 84 del 1994), con sede presso i porti appartenenti alle prime due classi della categoria II, ossia i porti, o le specifiche aree portuali – che hanno funzioni commerciale e logistica, industriale e petrolifera, di servizio passeggeri, ivi compresi i crocieristi, peschereccia, turistica e da diporto – di rilevanza economica internazionale e nazionale (art. 4 della legge n. 84 del 1994). Tale sede è individuata dall’Allegato A alla legge n. 84 del 1994 (cui rinvia l’art. 6, comma 1), nella sede del porto centrale (“CORE”), stabilito ai sensi del Regolamento (UE) n. 1315/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, «sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE», collocato sulla rete transeuropea dei trasporti (“TEN-T”), ossia quella avente alta importanza strategica.

Le AdSP, istituite dal d.lgs. n. 169 del 2016 nel numero di 15, sono qualificate come enti pubblici non economici di rilevanza nazionale a ordinamento speciale, dotate di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria e possono valersi del patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato. Esse sono sottoposte ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sono soggette alle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (il conto consuntivo è allegato allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il rendiconto della gestione è soggetto al controllo della Corte dei conti). Organi delle autorità sono: il Presidente (nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con il Presidente o i Presidenti delle Regioni interessate), il Comitato di gestione e il Collegio dei revisori dei conti (art. 7 della legge n. 84 del 1994).

L’Allegato A individua altresì i porti rientranti nell’ambito di ciascuna autorità. Ai sensi dell’art. 6, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994, tale allegato può essere modificato con regolamento, adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata. Le modifiche in questione sono quelle finalizzate all’inserimento di un porto di rilevanza economica regionale (o di un porto di rilevanza economica nazionale la cui gestione è stata trasferita alla Regione) all’interno del sistema dell’AdSP territorialmente competente, oppure al trasferimento di un porto a una diversa autorità (in tal caso previa intesa con le Regioni nel cui territorio hanno sede le autorità di destinazione e di provenienza).

L’art. 6, comma 14, della legge n. 84 del 1994, come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2016, infine, stabiliva che, decorsi tre anni dall’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previo parere della Conferenza unificata, fosse possibile ridurre il numero delle AdSP.

L’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, oggetto di censura, ha successivamente mutato in via legislativa il numero delle AdSP, creando una sedicesima autorità e prevedendo che il numero così individuato possa essere ulteriormente modificato in via regolamentare decorso il già ricordato termine triennale.

3.1.2.− Alla luce di tale quadro normativo deve affermarsi che le disposizioni impugnate non toccano le competenze regionali, ma costituiscono esercizio di potestà legislative statali, tenendo anche conto che i porti sede di AdSP rientrano tra quelli di rilevanza nazionale o internazionale.

3.1.2.1.− Sotto un primo profilo, infatti, la disciplina rientra tra i principi fondamentali della materia, di competenza concorrente, dei «porti e aeroporti civili».

Vero è che questa Corte ha sottolineato la necessità che la disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in tale materia rispetti il principio di leale collaborazione, da realizzarsi nella forma dell’intesa (sentenza n. 261 del 2015).

Nel caso di specie, tuttavia, le norme impugnate regolano non l’esercizio di funzioni amministrative, bensì profili organizzativi fondamentali, quale la determinazione del numero delle AdSP e la relativa istituzione. E, sul punto, la giurisprudenza costituzionale ha più volte ricondotto ai principi fondamentali della materia norme concernenti basilari aspetti organizzativi (si vedano le sentenze n. 207 del 2010, n. 181 del 2006 e n. 270 del 2005, nonché, con specifico riferimento ai porti, le sentenze n. 256 del 2012 e n. 314 del 2010).

Si tratta di una fattispecie diversa da quella di cui all’art. 6, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994, che concerne l’inserimento negli ambiti delle AdSP di porti di rilevanza regionale o il trasferimento di un porto da un’autorità ad un’altra. Né l’intervento del legislatore statale può essere collegato a quanto previsto dall’art. 6, comma 14, della legge n. 84 del 1994, che regola la possibilità di modificare il numero delle AdSP individuate dalla legge in via regolamentare, decorsi però tre anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 169 del 2016.

3.1.2.2.− Sotto un ulteriore profilo, inoltre, deve considerarsi che le AdSP, come già sottolineato, sono enti pubblici non economici di rilevanza nazionale, sebbene taluni aspetti della relativa disciplina possano anche interferire con competenze regionali, in particolare con riferimento alle funzioni esercitate dalle stesse autorità.

Gli interventi legislativi di riordino di tali enti risultano perciò espressione della stessa competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., ossia «ordinamento e organizzazione amministrativa […] degli enti pubblici nazionali», materia a cui questa Corte ha ascritto, appunto, la disciplina delle misure di riorganizzazione di enti rientranti in tale categoria (sentenza n. 153 del 2011).

3.1.3.− Nel caso in esame, in conclusione, il legislatore statale è intervenuto con legge a regolare aspetti riconducibili esclusivamente a proprie potestà legislative. Per entrambe tali ragioni non vengono in gioco profili richiedenti la leale collaborazione.

4.− In secondo luogo, la Regione Calabria censura l’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, per violazione dell’art. 97 Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza, sotto due diversi profili.

Da un lato, la scelta del legislatore statale di prevedere una nuova AdSP interregionale pregiudicherebbe il buon andamento dell’amministrazione in quanto, in contrasto con la ratio della riforma di cui al d.lgs. n. 169 del 2016, produrrebbe un aumento dei centri decisionali, con conseguente frammentazione e accentuato localismo delle autorità portuali. Inoltre, tale scelta sarebbe stata effettuata inserendo nella legge di conversione del d.l. n. 119 del 2018 norme del tutto estranee al contenuto originario di tale provvedimento, in violazione del principio giurisprudenziale di omogeneità delle disposizioni legislative introdotte con la legge di conversione nel decreto-legge.

Dall’altro lato, in virtù del passaggio di due porti calabresi (Villa San Giovanni e Reggio Calabria) nell’ambito dell’autorità interregionale di nuova istituzione, con sede presso il porto di Messina, si creerebbe un’irragionevole interferenza con la disciplina della ZES. Verrebbe meno, infatti, quell’identità tra il Presidente del Comitato d’indirizzo della ZES e il Presidente dell’AdSP originaria, comprensiva di tutti i porti calabresi; identità che assicurerebbe il raccordo tra le funzioni esercitate da siffatti organi.

4.1.− Quanto alle censure relative alla non omogeneità delle norme impugnate con il testo del decreto-legge e dunque, implicitamente, alla violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., ne va, in via preliminare, dichiarata l’inammissibilità.

Si tratta, infatti, di un parametro di cui non vi è traccia nella deliberazione a impugnare della Giunta regionale (ex plurimis, sentenze n. 270 e n. 154 del 2017, n. 239 del 2016, n. 46 del 2015, n. 246 e n. 220 del 2013, n. 198 del 2012 e n. 7 del 2011).

4.2.− Sempre in via preliminare, invece, deve essere rigettata l’eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato per difetto di ridondanza delle censure sulle competenze regionali.

Sebbene il ricorso non si soffermi in modo dettagliato su tale aspetto, dal suo complessivo percorso argomentativo risultano sufficientemente chiari i motivi per i quali la violazione dell’art. 97 Cost., secondo la parte ricorrente, determinerebbe un pregiudizio per le competenze regionali in materia di porti.

4.3.− Nel merito la questione non è fondata.

4.3.1.− Il legislatore statale ha istituito una nuova AdSP al fine di valorizzare le peculiarità dello Stretto di Messina e dei relativi porti, in virtù degli elementi comuni propri degli stessi, in particolare per la prevalente vocazione al traffico passeggeri.

In tal senso, la modifica normativa è coerente con le finalità della riforma del 2016, tra cui vi è anche quella di realizzare una maggiore interazione tra porti, comunque contigui, che presentino un’omogeneità di traffici e servizi.

Ciò precisato, la disciplina delle AdSP presenta alcuni inevitabili punti di contatto con le norme che regolano la ZES calabrese, tenuto conto che la stessa viene istituita in territori ove sono presenti le aree portuali trasferite alla nuova autorità. La qual cosa genera sovrapposizioni in sede operativa.

Tuttavia, non può ritenersi che l’unica soluzione costituzionalmente possibile per fronteggiare tali sovrapposizioni sia la coincidenza tra le circoscrizioni territoriali delle AdSP e quelle della ZES, con conseguente identità del Presidente di entrambi gli organi, come argomenta la parte ricorrente.

Tale assunto resta non dimostrato dalla difesa regionale, mentre il legislatore, proprio per i casi in cui taluni dei porti inclusi nell’area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un’AdSP con sede in altra Regione, ha previsto che il presidente del Comitato di indirizzo sia individuato nel Presidente dell’AdSP che ha sede nella Regione in cui è istituita la ZES.

Seguendo l’argomentazione della Regione Calabria, d’altronde, si finirebbe per porre uno stringente limite alle possibili modifiche al numero e agli ambiti territoriali delle AdSP, previsti dalle sopra ricordate procedure di cui alla legge n. 84 del 1994, poiché siffatte modifiche dovrebbero sempre avvenire sulla base delle ZES già istituite, la cui regolazione finirebbe per condizionare ogni scelta sull’assetto territoriale delle aree portuali.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2018, n. 136, promossa dalla Regione Calabria, in riferimento al principio di omogeneità delle disposizioni legislative introdotte con la legge di conversione del decreto-legge, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, promossa dalla Regione Calabria, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22-bis del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, promossa dalla Regione Calabria, in riferimento all’art. 97 Cost. e al principio di ragionevolezza, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 settembre 2020.

F.to:

Mario Rosario MORELLI, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2020.

Il Cancelliere

F.to: Roberto MILANA

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