RIFLESSIONI DI UN EX UFFICIALE DELLA GUARDIA COSTIERA SULL’EVENTO DI MILAZZO

Aldilà delle solite sterili polemiche e dell’attività giudiziaria che chiarirà responsabilità ed eventuali colpe, credo che la Guardia Costiera debba avviare una seria discussione, il cui scopo sia molto più ampio che l’analisi del caso stesso,  ma in generale la direzione futura del Corpo. In questi giorni mi sono posto alcune domande e ho avuto diverse discussioni costruttive con vari (ex) colleghi. Senza entrare nei dettagli dell’incidente di Milazzo, riassumo alcuni spunti senza un ordine preciso con lo scopo di leggere i vostri pareri: 1. Siamo vulnerabili dalla battigia fino a due metri di batimetrica: a terra sappiamo cosa fare, a mare abbiamo una vasta scelta di motovedette, ma in casi come quello di Milazzo (caso limite per condimeteo, questo è da ricordare) siamo evidentemente impreparati; 2. tuffarsi a mare per salvare qualcuno non è una cosa da improvvisare. I tempi in cui si facevano i soccorsi “ buttando il cuore oltre l’ostacolo” devono finire. Il soccorso non si improvvisa mai e un rescue swimmer deve essere una presenza OBBLIGATORIA a bordo di tutti gli equipaggi SAR; 3. il Corpo dovrebbe concentrarsi sul SAR. La dismissione di tutte le attività non prettamente inerenti le operazioni a mare deve essere una priorità; 4. L’impressione generale è che gli uffici territoriali siano degli Uffici burocratici “che fanno anche attività operativa”. Non conosco i numeri ma credo che le persone impiegate negli uffici siano sicuramente di più che le persone che vanno a mare. Questa tendenza va invertita ed è legata alla priorità data al punto precedente. Più persone a mare vuol dire avere anche più persone giuste per fare interventi specifici (vedi punto 2); 5. Uso dei mezzi aerei deve essere semplificato e incentivato. La procedura per mandare in volo un elicottero del corpo è più complicata di quella per mandare in volo un mezzo aereo delle altre amministrazioni…che non sono necessariamente specializzate ad operare in alcune condizioni. L’impiego diretto ed efficiente dei mezzi aerei da a parte degli uffici territoriali, si ottiene solo con la specializzazione di alcuni operatori di Sala Operativa: almeno un Aircraft coordinator qualificato deve essere sempre presente in SO; 6. infermieri e personale medico nelle Capitanerie di Porto, stesso discorso che per i rescue swimmer. ogni equipaggio SAR deve avere a disposizione (non necessariamente a bordo) un infermiere o medico. Per la sicurezza del personale operante e per intervenire prontamente sulle persone soccorse; 7. la distribuzione delle motovedette SAR va riorganizzata seguendo una strategia precisa, partendo da un foglio bianco. La sparo li: “essere in condizione di arrivare a prestare soccorso in ogni parte delle acque territoriali italiane in non più di 30’”. questo potrebbe essere un punto di partenza per la redistribuzione delle risorse; 8. Dobbiamo essere gli ambasciatori della cultura della sicurezza. Esempi: giubbetto di salvataggio sempre indossato a bordo delle MV, a prescindere dalle condizioni meteorologiche; ogni mezzo (incluse le auto) deve avere a corredo una dotazione di sicurezza minima pronta all’uso; conferenze sulla sicurezza in mare a livello locale e nazionale; utilizzo “ostentato” di equipaggiamenti di sicurezza: Insomma dobbiamo dare l’esempio; 9. investimenti in nuove tecnologie a servizio del soccorso: droni capaci di trasportare salvagenti, rescue runners diffusi etc. Queste sono solo alcune proposte oggetto di diverse discussioni. Alcune sono radicali, altre più facilmente applicabili ma mi piacerebbe che almeno se ne parlasse, SENZA POLEMICHE! È il minimo che possiamo fare per far si che la morte del collega non sia stata vana. ( di Disma MALGARINI)

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