TUTELA DELLE VITTIME DI VIOLENZE DOMESTICHE. ALLONTANAMENTO DALLA CASA FAMILIARE di Angelo RUBERTO

Con la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, di cui all’art. 282 bis del codice di procedura penale, il legislatore ha inteso garantire una maggiore tutela contro il fenomeno dell violenza nelle relazioni familiari. Il Tribunale potrà ordinare l’allontanamento dalla casa familiare anche di chi è indagato o imputato di lesioni volontarie lievissime nei confronti di figli naturali, di discendenti e ascendenti in generale, nonché del coniuge, anche separato o divorziato, dell’altra parte dell’unione civile, anche cessata, del convivente in modo stabile con cui ha un rapporto affettivo. È, quanto emerge dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 236 del 14 ottobre 2018, con cui  ha dichiarato illegittima la norma che attribuisce al giudice di pace la competenza sul reato, tentato o consumato, di lesioni volontarie lievissime in danno del figlio naturale. Con il decreto legge  del 14 agosto del 2013 , n. 93 ( Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche’ in tema di protezione civile e di commissariamento delle province) convertito con modificazioni con la legge. 15 ottobre 2013, n. 119 il legislatore ha voluto elevare il livello di repressione della violenza domestica prevedendo una serie di misure, compresa quella di trasferire il reato di lesioni lievissime – considerato un reato-spia di violenze più gravi e abituali – dalla competenza del giudice di pace a quella del Tribunale, rendendo così possibile l’adozione di un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare, interdetta al giudice di pace essendo una misura cautelare personale. Inspiegabilmente, però, dalla competenza del giudice ordinario è rimasto escluso il reato di lesioni lievissime contro il figlio naturale. Il che ha creato un regime differenziato rispetto al figlio adottivo, ritenuto dalla Corte costituzionale irragionevole oltre che lesivo del principio di uguaglianza, e quindi discriminatorio. Secondo la Corte, anche per i figli naturali la competenza deve spettare al giudice monocratico, con tutte le conseguenze che questo mutamento di competenza comporta sul piano del regime sostanziale (pene, riti alternativi ecc.). Peraltro, la dichiarazione di incostituzionalità produce anche un effetto estensivo rispetto ad altri soggetti vittime di violenza domestica, con il risultato di rafforzarne la tutela. La competenza del giudice di pace sul reato di lesioni lievissime contro il figlio naturale escludeva, in sé, la possibilità dell’allontanamento dalla casa familiare in via cautelare, poiché il giudice di pace non può disporre misure cautelari personali, neppure nei casi di urgenza.  Con il passaggio della competenza al Tribunale, invece, l’allontanamento sarà possibile, così come diventerà più rigido il regime sostanziale penale, fatta salva la possibilità del giudice, in caso di tenuità del fatto, di applicare la corrispondente causa di non punibilità. Le conseguenze dell’illegittimità della norma impugnata sono state estese anche ai casi di lesioni volontarie lievissime nei confronti degli ascendenti e dei discendenti. Analoga, ulteriore estensione è stata disposta quando la violenza è rivolta al coniuge, anche se separato o divorziato, all’altra parte dell’unione civile, ancorché cessata, alla persona legata al colpevole da un rapporto affettivo e con lui convivente in modo stabile. (Cfr, Comunicato Stampa Corte Costituzionale)

Art. 282 bis CPP, comma 1° e 2° :” Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato  di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. 2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

L’art. 582 del CP, prevede le lesioni c.d. “lievi” e “lievissime”: queste ultime sono espressamente disciplinate dal secondo comma e punite a querela della persona offesa, ove non superiori ai venti giorni e non in concorso con le circostanze aggravanti previste dagli artt. 583 e 585 c.c. o con le eccezioni indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’art. 577 c.p. Quando la procedibilità è a querela  della persona offesa, la competenza è del Giudice di Pace ex decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 ” Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468″.

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