CORTE COSTITUZIONALE. MISURE CAUTELARI, MOTIVAZIONE PER RELAZIONEM

Con l’ordinanza n. 214 del 22 novembre 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale  sollevate dal Tribunale di Brescia in tema di misure cautelari emesse ex art. 27 c.p.p.   con specifico riferimento alla possibilità per il giudice competente di motivare per relationem con riferimento all’ordinanza emessa dal giudice dichiaratosi incompetente. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato il principio di diritto secondo cui, in tema di misure cautelari emesse ex art. 27 c.p.p., «il giudice competente ben può motivare per relationem con riferimento all’ordinanza emessa dal giudice dichiaratosi incompetente, purché la motivazione di quest’ultima risulti congrua rispetto alle esigenze giustificative del nuovo provvedimento, che deve dar conto, in motivazione, della predetta congruità», tuttavia  secondo il Tribunale di Brescia, tale principio si porrebbe in contrasto con una serie di parametri costituzionali, tra cui gli articoli 13 comma 2, 111 comma 4 e 25 comma 1 Cost. ed, anche con il combinato disposto degli art. 25, comma I e 111, comma VI, Cost., «laddove consente al giudice  naturale (ossia quello competente per  territorio)  di  declinare  il  proprio obbligo motivazionale e di  limitarsi  a  riprodurre  la  motivazione adottata  dal  giudice  incompetente  senza  aggiungere valutazioni autonome ed integrative».  Sebbene la Consulta non approfondisca la problematica nel merito, dalla lettura complessiva delle carte processuali emerge comunque la necessità che sussista un “percorso argomentativo adeguato, specifico e puntuale” che sia il seguito di una autonoma valutazione. L’obbligo di motivazione, che consente una verifica logico-giuridica dei presupposti normativi essenziali per disporre la restrizione della libertà personale, è strettamente connesso all’autorità giudicante investita della vicenda in quanto precostituita per legge. Quest’ultima, in ogni caso, può richiamare per relationem le valutazioni espresse da altri nei propri atti purché tale rinvio risulti consapevole, nonché congruo rispetto alle attuali emergenze probatorie e ai fini della decisione.

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