REATI TRIBUTARI E 231. DECRETO ATTUATIVO DIRETTIVA PIF di Massimo PINARDI

In data 15 luglio 2020, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.177 del 15-07-2020) il decreto legislativo n. 75 del 2020 con cui viene data attuazione alla direttiva (UE) 2017/1371, nota come «direttiva PIF», recante norme per la «lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale». La direttiva aveva individuato il 6 luglio 2019 come temine per il recepimento e l’attuazione dei principi ivi contenuti. A tale riguardo deve precisarsi che l’Italia, a seguito del mancato recepimento della direttiva nel termine indicato, è stata oggetto di procedura di infrazione (n. 2019/0279) attivata della Commissione Europea ai sensi dell’art. 258 TFUE. Qual è l’obiettivo della direttiva PIF? L’obiettivo della direttiva, che sostituisce le precedenti convenzioni di disciplina della materia (in particolare la Convenzione del 26 luglio 1995 nota anche come «convenzione PIF»), è quello di proseguire nel percorso di armonizzazione del diritto penale degli Stati membri Ue completando, per i tipi di condotte fraudolente più gravi, la tutela degli interessi finanziari dell’Unione già offerta dagli ordinamenti  azionali. Ulteriore obiettivo cardine della direttiva PIF è quello di introdurre all’interno dei sistemi penali degli Stati membri forme di responsabilità giuridica a carico degli Enti (nel nostro ordinamento per il tramite del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) con riferimento alle ipotesi di reato più gravi contro il sistema comune dell’IVA, agganciando il concetto di “gravità” al carattere transfrontaliero delle condotte illecite ed all’elevato ammontare del pregiudizio arrecato agli   interessi finanziari dell’UE (fissato in un importo complessivo pari ad almeno dieci milioni di euro). Deve altresì tenersi presente che la direttiva è stata emanata in concomitanza al regolamento (UE) 2017/1939, relativo all’istituzione della Procura Europea (European Public Prosecutorin sigla «EPPO») competente per individuare, perseguire e promuovere azioni penali nei confronti degli autori dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione protetti dalla stessa direttiva PIF. È dunque evidente lo stretto legame che intercorre tra i rispettivi ambiti di intervento dei due atti appena richiamati. Quali sono le principali novità introdotte dal decreto di attuazione della direttiva PIF? Venendo all’esame del contenuto del decreto, deve sin da subito segnalarsi come quest’ultimo, rispetto al preesistente impianto normativo in materia, preveda alcune rilevanti innovazioni che possono essere riassunte come segue: 1. ampliamento del catalogo dei reati tributari per i quali è prevista la responsabilità della società includendovi, ora, anche i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, se commessi  nell’ambito di «sistemi fraudolenti transfrontalieri» e al fine di evadere l’IVA per un importo complessivo non inferiore ai 10 milioni di euro. Ciò significa che anche gli enti e le società saranno chiamati a rispondere dei reati fiscali commessi dai propri dipendenti dai quali hanno tratto un interesse o vantaggio; 2. al fine di irrobustire gli strumenti a disposizione dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine, introduzione, per la prima volta all’interno del sistema penale-tributario, della punibilità del tentativo nell’ambito dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false, frode fiscale mediante altri artifici e infedele dichiarazione, qualora gli atti diretti a commettere tali delitti siano compiuti anche nel territorio di un altro Stato membro Ue (transnazionalità), e se l’IVA evasa è superiore a 10 milioni di euro; 3. estensione del regime della responsabilità di enti e società anche al delitto di frode nelle pubbliche forniture, al reato di frode in agricoltura ed al reato di contrabbando. Per ricomprendere il reato di contrabbando tra i delitti direttamente lesivi gli interessi finanziari dell’UE, considerata la norma di depenalizzazione del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (e riguardante le ipotesi punite esclusivamente con pena pecuniaria), il legislatore ha nuovamente modulato la soglia di rilevanza penale, che è dunque soddisfatta nei casi in cui i diritti di confine dovuti siano superiori alla soglia di 10.000 euro; 4. ulteriore ampliamento del panorama dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui possono rispondere le società, includendovi il delitto di peculato, peculato con errore altrui e abuso d’ufficio, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea. Con riferimento proprio a quest’ultima fattispecie, l’ampliamento della responsabilità penale degli enti deve coordinarsi con la ridefinizione della condotta dello stesso reato ad opera dell’articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76: in luogo della generica «violazione di norme di legge e regolamento», affinché il reato in questione sia effettivamente perfezionato, è ora necessario che la violazione attenga a «specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi  forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Inoltre, il decreto interviene su alcune fattispecie di corruzione, estendendo la responsabilità degli enti anche ai casi in cui siano sottratti denaro o utilità al bilancio dell’Unione o ad altri suoi organismi, e la punibilità a titolo di corruzione riguarda altresì i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all’Unione europea, quando i fatti ledono o pongono in pericolo gli interessi finanziari dell’Unione. Quali sono gli effetti di questo decreto sui reati tributari? L’impianto complessivamente offerto dalla riforma rimarca la tendenza del legislatore italiano a ricomprendere crescenti ipotesi di reati tributari tra i delitti presupposto della responsabilità di società ed enti ai sensi del D.lgs. 231/2001. Appare evidente la centralità del requisito di transnazionalità, per esempio, nell’ambito della nuova ipotesi di tentativo e nell’ulteriore ampliamento del catalogo di reati fiscali presupposto della responsabilità degli enti. Prospettive applicative della riforma e modello 231 Alla luce delle novità sopra riportate, discende che le società dovranno procedere con nuovi aggiornamenti al proprio Modello 231, al fine di ricomprendervi le fattispecie da ultimo inserite tra i reati  presupposto.  Con specifico riferimento ai reati tributari, per le società che ad oggi non abbiano ancora adeguato il proprio Modello 231 alle recenti modifiche già in vigore, risulterà senz’altro  conveniente affrontare l’ingresso dei reati tributari nel mondo della responsabilità degli enti in modo organico e complessivo. Del resto, le sanzioni applicabili in caso di reati commessi dai dipendenti dell’ente sprovvisto di Modello 231, consistono in (i) sanzioni di natura pecuniaria (che variano da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 1.549.000 euro, secondo il meccanismo delle quote previsto all’art. 10 del D.lgs. 231/2001, ed in base ai minimi e massimi previsti per ciascun reato), (ii) nella confisca, (iii) nella pubblicazione della sentenza di condanna e, soprattutto, (iv) in sanzioni interdittive quali: a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

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