FRANCO CORDERO AL CONVEGNO “LA COSTITUZIONE HA 60 ANNI”

INTERVENTO FRANCO CORDERO al Convegno “La Costituzione ha 60 anni”, tenutosi ad Ascoli Piceno il 14 marzo 2008.

“Il requirente chiede un provvedimento che lo autorizzi a non agire. Idem nel caso inverso, quando voglia riesumare l’affare archiviativo. Ma sono ipotesi profondamente diverse. In regime di azione obbligatoria, l’organo inattivo ha bisogno di un permesso, mentre adempie degli obblighi quando indaga su possibili reati. Che sgorbio sia questa riapertura delle indagini risulta nella prospettiva del chiamato ad interloquirvi, il giudice delle indagini preliminari: o l’assenso è doveroso solo che l’instante prospetti un piano, e siamo sul terreno dei formalismi gratuiti, o il destinatario si arroga una supervisione e, letto così, l’art. 414 viola l’art. 112 Cost. Le indagini sono propedeutiche all’azione obbligatoria, inibendole alteriamo l’equilibrio dei poteri.

Supponiamo, ora, che l’organo requirente non abbia chiesto la riapertura, o il giudice gliela neghi. Secondo l’art. 191 gli atti compiuti non valgono. Ma può anche capitare che il pubblico ministero, a caso archiviato, chieda il rinvio a giudizio, omettendo la richiesta di una riapertura perché non ha indagini da compiere. La Cassazione aveva cominciato bene: gli atti compiuti dall’indagante sono inutilizzabili, ma niente osta all’azione. Dov’è scritto che, mancando l’assenso del giudice, l’azione sia preclusa? Poco dopo, però, interloquisce la Corte costituzionale (sent. n. 27/95) in termini da dimenticare. L’art. 414 c.p.p. violerebbe l’art. 24 Cost. se non impedisse l’azione finché un decreto riapra le indagini. La preclude, dunque. Perché mai? Lo spiega una rumorosa petitio principii: in difetto dell’assenso, l’imputazione nasce morta, tale essendo la sorte dell’atto precluso. Con argomenti simili Pangloss erudisce Candido nell’omonimo scherzo narrativo di Voltaire.

Sia detto sommessamente, stavolta la Corte sbaglia tre volte: piglia sul serio una chicane postulando che archiviazioni non preclusive sminuiscano il diritto alla difesa, fraintende l’art. 414 c.p.p. su cosa sia l’archiviazione, e prescrive agli operanti una norma che, se esistesse, violerebbe l’art. 111 Cost. nel settimo comma, che esige l’impugnabilità in Cassazione di ogni atto giurisdizionale.

La Cassazione aveva argomenti forti per difendere lo zoccolo duro della procedura. Nei repertori, invece, solo due volte ribadisce l’ovvia conclusione che la mancata riapertura implichi l’inutilizzabilità degli atti di indagine ma non osti alla richiesta d’un rinvio a giudizio, né causi nullità. Pendono piccoli discorsi ossequiosi: finché non sia rimossa dalla riapertura delle indagini, l’archiviazione impedisce al pubblico ministero di agire. Tali logomachie ricordano i tè dal Cappellaio Matto raccontati dal reverendo Lewis Carroll in Alice”.

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Redazione

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