QUESTIONI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE RELATIVE ALLA DISCIPLINA DELL’OMICIDIO E DELLE LESIONI STRADALI

Il Tribunale di Torino –  VI sezione penale., ordinanza del 8 giugno 2018 (depositata 8 giugno 2018), Giudice Villani – ha sollevato due diverse questioni di legittimità costituzionale relative alla nuova disciplina in materia di lesioni stradali colpose  introdotta nel 2016, argomentando le questioni stesse in ragione del possibile contrasto con gli artt. 3 e 27, co. 1 e 3 Cost. Le questioni sollevate sono state in particolare in relazione: all’art. 590 quater c.p., nella parte in cui dispone il divieto di equivalenza o prevalenza dell’attenuante del concorso di colpa (art. 590 bis, co. 7 c.p.) sulle aggravanti legate alla violazione delle norme del codice della strada (art. 590 bis, co. 5 c.p.); all’art. 222 co. 2 e 3 ter codice della  strada, nella parte in cui prevede l’obbligatorietà, in caso di condanna, della sanzione accessoria della revoca della patente e il divieto di conseguire un nuovo titolo abilitativo prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca stessa. Ordinanza dell’8 giugno 2018 del Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di V. M.. Reati e pene – Lesioni personali stradali gravi o gravissime – Computo delle circostanze – Divieto di prevalenza e/o equivalenza dell’attenuante speciale prevista dall’articolo 590-bis, comma 7, cod. pen. – Codice penale, art. 590-quater, introdotto dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche’ disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). Circolazione stradale – Sanzioni amministrative accessorie – Reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime – Applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida – Divieto di conseguimento di una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. – Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2 e 3-ter, come, rispettivamente, modificato e introdotto dall’art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche’ disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). (18C00205) (GU 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n.40 del 10-10-2018)

TESTO ORDINANZA

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
 
 
                        Sesta sezione penale 
 
    Alla pubblica udienza del  giorno  8  giugno  2018,  presenti  il
pubblico ministero e il difensore dell'imputata, che  la  rappresenta
ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 del codice di  procedura  penale,
il giudice dott. Modestino Villani ha  dato  lettura  della  seguente
ordinanza. 
    M. V. nell'odierno  processo  e'  imputata  del  delitto  di  cui
all'art. 590-bis, c. 1, 5 numeri 2 e 7  del  codice  penale  perche',
alla guida dell'autovettura targata ... per  negligenza,  imprudenza,
imperizia e violando le norme in materia di circolazione stradale, in
particolare, non  rispettando  l'indicazione  luminosa  del  semaforo
proiettante luce rossa, investiva  il  pedone  P.  B.  M.  che  stava
impegnando  l'attraversamento  pedonale,  procurando  a  quest'ultima
lesioni  personali  (fratture   maxillo-facciali,   trauma   cranico,
frattura scapola) giudicate guaribili  in  giorni  60  s.c.,  con  il
concorso di colpa del pedone che a  propria  volta  attraversava  con
luce semaforica rossa. 
    In Moncalieri (TO) in data 22 aprile 2016. 
    La difesa dell'imputata ha in via preliminare  richiesto  che  il
giudice  rimettesse  le  parti  dinanzi  alla  Corte   costituzionale
dubitando della  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
articoli 3 e 27 della Costituzione, dell'art. 222, comma  2  e  comma
3-ter e dell'art. 224, comma 2, del decreto legislativo  n.  285/1992
nonche' dell'art. 590-bis del codice penale, norme che  impongono  in
caso di condanna la  revoca  della  patente  non  consentendo  alcuna
valutazione  discrezionale  o  potere  del  giudice  di  modulare  la
sanzione alla gravita' del fatto. 
    Con nota integrativa del 7 maggio 2018 la difesa dell'imputata ha
anche  dubitato  della  costituzionalita'  dell'art.  590-quater  del
codice penale  nella  parte  in  cui  non  consente  un  giudizio  di
equivalenza o di prevalenza dell'attenuante  del  concorso  di  colpa
della persona offesa rispetto alle aggravanti dell'art.  590-bis  del
codice penale. 
    Ad avviso di questo giudice le questioni sollevate  dalla  difesa
dell'imputata sono non  manifestamente  infondate  e  rilevanti,  nei
limiti di cui si dira' in prosieguo di motivazione. 
 
                          Elementi di fatto 
 
    Dalla formulazione del capo d'imputazione emerge che all'imputata
e'  contestata  la  nuova  fattispecie  autonoma  di  reato  prevista
dall'art. 590-bis per aver causato,  con  le  modalita'  di  condotta
sopra descritte, lesioni gravi alla persona offesa: con  l'aggravante
di aver commesso il fatto non rispettando l'indicazione luminosa  del
semaforo proiettante luce rossa e con l'attenuante  del  concorso  di
colpa del pedone che a propria volta attraversava con semaforo rosso. 
 
                    La rilevanza delle questioni 
 
    In caso di condanna dell'imputata questo giudice sarebbe chiamato
in primo luogo  a  valutare  il  rapporto  tra  le  attenuanti  e  le
aggravanti contestate non potendo, in forza  del  disposto  dell'art.
590-quater del codice penale, emettere un giudizio di  equivalenza  o
di prevalenza dell'attenuante del concorso di colpa, ancorche'  sulla
applicabilita' della suddetta attenuante non  possano  esservi  dubbi
essendo indicata gia' nel  capo  d'imputazione.  Non  potendo  questo
giudice attribuire all'imputato un grado di colpa maggiore di  quello
contenuto nel  capo  d'imputazione,  necessariamente  infatti  dovra'
tener conto del concorso della persona offesa che ha attraversato  la
strada allorquando il semaforo le  indicava  l'obbligo  di  fermarsi.
L'applicazione  dell'attenuante  rende  rilevante  la  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater  del  codice  penale
che impedisce di ritenere l'attenuante di  cui  sopra  equivalente  o
prevalente   rispetto   all'aggravante   -   contestata   nel    capo
d'imputazione  -  di  avere  l'imputata,  alla  guida  della  propria
autovettura,   attraversato   anch'essa   l'incrocio   con   semaforo
proiettante luce rossa. 
    Di conseguenza  questo  giudice  potrebbe  ridurre  la  pena  per
l'attenuante del concorso di colpa  esclusivamente  fino  alla  meta'
della pena prevista per il delitto aggravato ai sensi del comma 5, n.
2 dell'art. 590-bis del codice penale (pena prevista: da  un  anno  e
sei mesi a tre anni)  e  dunque  fino  al  minimo  di  mesi  nove  di
reclusione. Se invece fosse possibile il bilanciamento,  in  caso  di
ritenuta equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe essere
quella di mesi tre  di  reclusione  e  per  l'ipotesi  di  prevalenza
dell'attenuante la pena minima potrebbe essere quella di mesi  uno  e
giorni quindici di reclusione. 
    In caso di condanna dell'imputata  questo  giudice  dovrebbe  poi
applicare le  sanzioni  amministrative  previste  dall'art.  222  del
codice della strada e in  particolare  dovrebbe  disporre  la  revoca
della patente, mentre in caso di dichiarazione di incostituzionalita'
della  norma,  la  sanzione  amministrativa  sarebbe   quella   della
sospensione della patente. 
    Di conseguenza non  potrebbe  dubitarsi  della  pertinenza  delle
questioni prospettate e della rilevanza  delle  stesse  nel  presente
giudizio  in  relazione  all'art.  590-quater  del  codice  penale  e
all'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992. 
    Quanto  invece  all'art.  224,  comma  2  del  medesimo   decreto
legislativo - il quale prevede che quando la sanzione  amministrativa
accessoria e' costituita dalla revoca  della  patente,  il  prefetto,
entro quindici  giorni  dalla  comunicazione  della  sentenza  o  del
decreto di condanna irrevocabile, adotta il relativo provvedimento di
revoca comunicandolo all'interessato  e  all'ufficio  competente  del
Dipartimento per i trasporti terrestri - non ritiene  questo  giudice
che  la  prospettata  incostituzionalita'  sia  rilevante  in  questo
giudizio. 
    La norma prevede, infatti, una mera attivita' di tipo  esecutivo,
demandata al prefetto, con la quale viene  data  concreta  attuazione
alla sanzione amministrativa prevista  dall'art.  222,  comma  2  del
decreto legislativo n. 285 del 1992. Ad assumere rilevanza in  questo
giudizio sono, invece, la legittimita' costituzionale della  sanzione
amministrativa della revoca della patente e della determinazione  del
tempo necessario per poter conseguire un  nuovo  titolo  abilitativo,
non le modalita' di attuazione concreta della revoca. 
Le norme la cui costituzionalita' e' posta in dubbio. 
L'art. 590-quater del codice penale. 
    La questione di costituzionalita' dell'art. 590-quater del codice
penale nella parte in cui non consente  un  giudizio  di  equivalenza
dell'attenuante del concorso di colpa della persona  offesa  rispetto
alle aggravanti dell'art. 590-bis del codice  penale  risulta  essere
gia' stata sollevata dal giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di Roma in relazione ad un'ipotesi di omicidio colposo. 
    Le motivazioni addotte dal giudice remittente  nell'esaminare  la
disposizione dell'art. 590-quater  del  codice  penale  in  relazione
all'art. 589-bis del codice penale si attagliano, ad avviso di questo
giudice, anche alla relazione tra art. 590-quater e art. 590-bis  del
codice penale. 
    Le  stesse  possono  sinteticamente  riassumersi,  posto  che  la
questione gia' pende innanzi alla Corte costituzionale, nei  seguenti
punti. 
    1. Con l'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016,  n.  41,  il
legislatore ha introdotto nel codice penale  l'art.  590-quater,  che
disciplina il computo delle circostanze. La  norma  introduce  per  i
reati di cui agli articoli 589-bis, 589-ter, 590-bis  e  590-ter  una
deroga alla disciplina generale prevista dagli articoli 63 e seguenti
del codice penale. In virtu' di tale nuova  disposizione,  e'  dunque
previsto il divieto di equivalenza o di prevalenza delle  circostanze
attenuanti (diverse da quelle previste dagli articoli 98  e  114  del
codice penale) sulle circostanze  aggravanti  di  cui  agli  articoli
589-bis, secondo, terzo,  quarto,  quinto  e  sesto  comma,  589-ter,
590-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma e  590-ter.  In
caso  di  concorrenza  di  una  o  piu'  delle  predette  circostanze
aggravanti e di circostanze attenuanti, le diminuzioni conseguenti al
riconoscimento delle attenuanti si operano sulla  quantita'  di  pena
determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti. 
    2. La Corte costituzionale si e' gia' espressa sulla legittimita'
in relazione a fattispecie analoghe, su tale divieto, stabilendo  che
le    deroghe    al    bilanciamento    possono    essere    ritenute
costituzionalmente legittime, purche' non trasmodino nella  manifesta
irragionevolezza o nell'arbitrio (cfr. sentenza n. 68 del 2012). 
    3. In particolare ad avviso della Corte costituzionale le deroghe
al bilanciamento delle circostanze non sono legittime se  determinano
un'alterazione  degli  equilibri  costituzionalmente  imposti   nella
strutturazione della responsabilita' penale (cfr. sentenza n. 251 del
2012). 
    4. L'art. 590-bis, settimo comma prevede che qualora l'evento non
sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del  colpevole
la pena e' diminuita fino  alla  meta',  consentendo  al  giudice  di
adeguare la  sanzione  al  grado  effettivo  di  colpa  dell'imputato
rispetto al fatto contestato. 
    5. In forza del  divieto  di  dare  prevalenza  alle  circostanze
aggravanti  dell'art.  590-bis  e  dell'obbligo  di  riconoscere   la
diminuzione solo sulla pena aggravata il soggetto al quale, come  nel
caso concreto, sia  contestata  l'aggravante  dell'aver  attraversato
un'intersezione con il semaforo disposto al rosso,  causando  lesioni
gravi, deve essere punito con una pena che in caso di  riconoscimento
del concorso di colpa va da mesi nove (anni uno e  mesi  sei  ridotta
della meta') ad anni due mesi undici e giorni ventinove di reclusione
(anni tre meno un giorno). Laddove fosse possibile il bilanciamento e
il riconoscimento della prevalenza dell'attenuante la pena irrogabile
per l'ipotesi delle lesioni gravi  andrebbe  invece  da  mesi  uno  e
giorni quindici a mesi undici e giorni ventinove di reclusione. 
    6. Per effetto della disposizione di cui all'art.  590-quater  si
ha un indiscriminato incremento del minimo pari  a  sei  volte  e  si
impedisce al giudice di parametrare la pena  all'effettivo  grado  di
colpa dell'imputato in rapporto a quella  degli  altri  soggetti  che
hanno  concorso  a   causare   l'evento.   Tale   limitazione   della
discrezionalita' del  giudice  nella  valutazione  del  fatto  appare
arbitraria ed irragionevole, ed in netto  contrasto  con  i  principi
costituzionali di cui gli articoli 3, e 27 della Costituzione. 
    7. Come la Corte costituzionale ha avuto modo di evidenziare  una
pena eccessiva lede il principio di rieducazione della pena,  qualora
non sia proporzionata al reale disvalore della condotta punita, ed e'
in contrasto con l'art. 27 della Costituzione. 
    8.  Pur  restando  insindacabili  le  valutazioni   discrezionali
sull'entita' della pena che spettano in via esclusiva al  Parlamento,
le modalita' di individuazione della pena e  di  bilanciamento  delle
circostanze determinano ingiustificabili  incongruente  nelle  scelte
gia' delineate dal  legislatore  a  tutela  di  un  determinato  bene
giuridico, in violazione dell'art.  3  della  Costituzione  e  devono
essere, ove possibile, eliminate. 
    9. In particolare, limitando il giudizio  alla  coerenza  e  alla
proporzionalita'  delle  sanzioni  rispettivamente   attribuite   dal
legislatore a ciascuna delle due fattispecie di  cui  si  compone  il
reato di lesioni colpose stradali, appare possibile pervenire  ad  un
giudizio di manifesta irragionevolezza per sproporzione della forbice
edittale censurata, in quanto  tutte  le  diverse  fattispecie  delle
lesioni stradali aggravate, ai sensi del comma  5  dell'art.  590-bis
del  codice  penale  dal  concorrere  con  una  violazione  di  norme
specifiche del codice  della  strada,  risultano  punite  in  maniera
sproporzionata   rispetto   alla   fattispecie   delle   lesioni   da
circolazione stradale previste dal primo comma del medesimo articolo.
Il divieto di bilanciamento delle circostanze impedisce al giudice di
sanare tale sproporzione, adeguando la  sanzione  al  caso  concreto,
persino   allorquando   minima   e'   l'incidenza   della    condotta
dell'imputato   nella   determinazione   dell'evento.   Ne   consegue
l'assoggettamento a sanzione eccessiva - rispetto a  quella  prevista
per agli autori di lesioni stradali con colpa minima non aggravati ai
sensi del comma 5 - degli autori  di  eventi  identici  con  identica
percentuale (minima)  di  colpa  solo  perche'  abbiano  violato  una
specifica norma del codice della strada: e' evidente che una sanzione
cosi' irragionevolmente congegnata non puo' che essere percepita come
eccessiva da chi la subisce, cio' che puo' compromettere la finalita'
rieducativa della pena. 
L'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992. 
    1. La norma, della cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita,
prevede in primo luogo  che  quando  dalle  violazioni  del  medesimo
codice derivino danni alle persone, il giudice  applichi  oltre  alle
sanzioni pecuniarie anche le sanzioni amministrative accessorie della
sospensione o della revoca della patente. 
    Il secondo comma nella versione precedente all'ultimo  intervento
operato con la legge 23 marzo 2016, n. 41,  graduava  i  tempi  della
sospensione della  patente  in  funzione  dei  danni  cagionati  alla
persona offesa. La revoca della patente era prevista per l'ipotesi di
lesioni causate da soggetti in stato di  alterazione  psicofisica  da
alcool  o   sostanze   stupefacenti   e   poteva   essere   comminata
facoltativamente per l'ipotesi di (atecnica) recidiva. 
    Con la legge 23 marzo 2016, n. 41, al comma 2 dell'art.  222  del
codice della strada sono stati aggiunti gli  ulteriori  periodi  Alla
condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti
a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati  di
cui agli articoli 589-bis e 590-bis del  codice  penale  consegue  la
revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo  si
applica anche nel caso in  cui  sia  stata  concessa  la  sospensione
condizionale della pena. 
    Sempre la legge 23 marzo 2016, n. 41, ha introdotto  altresi'  il
comma 2-ter in forza del quale l'interessato non puo' poi  conseguire
una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni  dalla
revoca. Tale termine e' raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia
stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi
2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187,  commi  1  e
i-bis, del codice della strada. Il termine e' ulteriormente aumentato
sino  a  dodici  anni  nel  caso  in  cui  l'interessato  non   abbia
ottemperato agli obblighi di cui all'art. 189, comma 1, e si sia dato
alla fuga. 
    2. Il primo profilo di irragionevolezza della  norma  evidenziato
dalla   difesa   dell'imputata   -   ovverosia   la   contraddittoria
contemporanea previsione  della  sospensione  e  della  revoca  della
patente - in realta' puo' essere ricondotto ad un evidente difetto di
coordinamento, alla luce del quale appare chiaro come il  legislatore
abbia inteso aggravare la precedente  normativa  prevedendo  la  piu'
grave sanzione della revoca della patente che  assorbe  quella  della
sospensione. 
    3. La suddetta scelta del legislatore pero' travalica, ad  avviso
di  questo  giudice,  i  limiti  della   ragionevolezza   allorquando
sottopone, senza possibilita' di graduazione, alla medesima  sanzione
accessoria  situazioni  la  cui  ontologica  diversita'   e'   invece
attestata dalla  notevole  differenziazione  delle  sanzioni  penali,
graduate in funzione di un diverso disvalore sociale. 
    Il legislatore pone invero, in primo luogo, sullo stesso piano  -
quanto all'individuazione della sanzione amministrativa accessoria  -
le  lesioni  gravi,  le  lesioni  gravissime  e  l'omicidio  colposo,
derivanti da violazioni di norme  del  codice  della  strada  facendo
discendere dalla condanna o dall'applicazione della  pena,  ancorche'
condizionalmente sospesa, la revoca della patente. 
    L'art. 222 del codice della strada, non lascia al giudice  alcuna
possibilita' di commisurare la sanzione accessoria alla gravita'  del
danno, alle modalita' della condotta, all'intensita' della colpa e al
concorrere di altri fattori  (quali  ad  esempio  il  concorso  della
persona offesa). Ne' puo' dirsi che il trattamento indifferenziato di
condotte del tutto disomogenee venga meno  in  forza  dei  differenti
intervalli di tempo previsti per il conseguimento della patente  dopo
la revoca. 
    Ai sensi dell'art. 222, comma 2-ter del  decreto  legislativo  n.
285/1992, infatti, nel caso di applicazione della sanzione accessoria
... (della revoca della patente...) per i reati di cui agli  articoli
589-bis, primo comma, e 590-bis del codice penale, l'interessato  non
puo' conseguire una nuova patente di guida prima  che  siano  decorsi
cinque anni dalla revoca. 
    Il medesimo intervallo di tempo di cinque  anni  prima  di  poter
conseguire nuovo titolo abilitativo alla guida e' previsto infatti: 
        a) per chi sia  condannato  per  omicidio  colposo  ai  sensi
dell'art. 589-bis, comma 1 del codice penale; 
        b)  per  chi  venga  condannato  per  aver  causato   lesioni
gravissime, ai sensi  dell'art.  590-bis  del  codice  penale,  anche
allorquando si sia posto alla guida  in  stato  di  ebbrezza  violato
plurime norme del codice della strada alle  quali  e'  agganciato  un
aumento della sanzione penale e in assenza di concorso di colpa della
persona offesa; 
        c) per chi venga condannato per aver provocato lesioni  gravi
ai sensi dell'art. 590-bis del codice  penale  anche  in  assenza  di
violazioni di norme del codice della strada alle quali sia  collegato
un aggravamento della sanzione penale e anche in caso di concorso  di
colpa prevalente della persona offesa. 
    Il termine e' poi raddoppiato nel caso in cui  l'interessato  sia
stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi
2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187,  commi  1  e
1-bis, del presente codice. 
    Il termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso
in cui l'interessato non  abbia  ottemperato  agli  obblighi  di  cui
all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. 
    L'unico elemento dunque che determina una sanzione amministrativa
deteriore e' la violazione dell'art.  189  del  codice  della  strada
ovverosia la commissione di un delitto doloso. 
    L'altra  circostanza  che  determina  un  trattamento   deteriore
infatti concerne condotte e condanne pregresse  e  non  attiene  alle
modalita' del fatto concreto. 
    4. Il combinato disposto dell'art. 222, comma 2 e comma 3-ter del
decreto legislativo n. 285 del 1992 appare dunque in contrasto con  i
principi di uguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza in  quanto
pone  sullo  stesso  piano  e  applica  la  medesima  sanzione,   non
concedendo possibilita' di graduazione, a fatti-reato diversi  quanto
all'evento (omicidio colposo, da un lato, e lesioni colpose  gravi  o
gravissime dall'altro) e frutto di condotte che oltre ad  essere  del
tutto  eterogenee,  sono  state  espressamente   previste   in   modo
dettagliato e specifico, con graduazione delle  pene,  proprio  dagli
articoli 589-bis del codice penale e 590-bis del codice penale. 
    Il  legislatore  quindi  pur  avendo  differenziato   sul   piano
penalistico le fattispecie  delle  lesioni  colpose  e  dell'omicidio
colposo derivanti da violazioni del codice della strada e pur  avendo
fornito anche all'interno delle due  diverse  norme  regolamentatrici
chiari criteri di individuazione di un diverso  disvalore  attribuito
alle condotte dettagliatamente descritte, non ha poi  trasposto  tale
distinzione  nell'art.  222  del  codice  della  strada  laddove   ha
disciplinato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della
patente. 
    5. Non dubita invero questo giudice della  natura  amministrativa
della sanzione della revoca della patente, piu' volte ribadita  anche
dalla suprema Corte (cfr.  Cassazione  n.  42346/2017)  la  quale  fa
discendere, da una lettura sistematica della disposizione che  impone
la revoca della patente di  guida,  la  natura  amministrativa  della
stessa  e  la   dimensione   accessoria,   ancillare,   rispetto   al
procedimento penale. Ne' ignora il giudicante  che  la  Consulta  ha,
altresi', sottolineato come la giurisprudenza della  Corte EDU  abbia
elaborato i suoi peculiari indici per qualificare una  sanzione  come
pena, ai sensi dell'art. 7 CEDU, al fine  di  scongiurare  che  vasti
processi di decriminalizzazione possano avere l'effetto di  sottrarre
gli  illeciti,  cosi'  depenalizzati,   alle   garanzie   sostanziali
assicurate dagli articoli 6 e 7 della  Convenzione  EDU  senza  voler
porre in discussione la discrezionalita'  dei  legislatori  nazionali
nell'adottare   strumenti   sanzionatori   ritenuti   piu'   adeguati
dell'illecito penale (Corte costituzionale n. 49/2015). 
    Pur riconoscendo la natura amministrativa della  sanzione  questo
giudice pero' ritiene di doversi consapevolmente discostare da quanto
ritenuto  dalla  suprema  Corte   ovverosia   che   l'obbligatorieta'
dell'irrogazione della sanzione amministrativa, derivi da una  scelta
legislativa rientrante  nei  limiti  dell'esercizio  ragionevole  del
potere legislativo... non sindacabile sotto il profilo della  pretesa
irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e  finalita'
rispetto alle sanzioni penali (cfr. Cassazione n. 42346/2017). 
    6. Nel caso della  norma  sottoposta  al  vaglio  preventivo  del
giudicante infatti un'unica sanzione amministrativa, in  nessun  modo
attenuabile in concreto, risulta invero connessa a  fatti-reato  che,
proprio con l'unica legge  che  ha  riformato  contemporaneamente  il
codice penale e il codice della strada, sono  stati  considerati  dal
legislatore meritevoli di un diverso trattamento sanzionatorio penale
dettagliatamente graduato. 
    Di tal guisa, pur condividendosi la  premessa  da  cui  muove  la
suprema   Corte   nell'individuare   la   scelta    della    sanzione
amministrativa  come  manifestazione  del  potere  discrezionale  del
legislatore,  la  questione  della  violazione  dell'art.   3   della
Costituzione,  ad  avviso  di  questo  giudice,  non  puo'  ritenersi
manifestamente  infondata  in  quanto  le  contraddittorieta'   sopra
evidenziate appaiono indice di quella manifesta irragionevolezza,  se
non arbitrio, che rende sindacabile dalla Corte costituzionale  anche
le scelte che costituiscono espressione  della  discrezionalita'  del
legislatore nel configurare  il  trattamento  sanzionatorio  per  gli
illeciti amministrativi (cfr. Corte costituzionale n. 43 del 2017). 
    Ne'  reputa  infine  questo  giudice  che  ad  escludere  la  non
manifesta infondatezza della questione di  legittimita'  possa  avere
rilevanza  la  finalita'  preventiva,   che   connota   la   sanzione
amministrativa rispetto a quella sanzionatoria. Anche in relazione al
perseguimento di  tali  finalita'  invero  il  legislatore  non  puo'
travalicare i limiti della ragionevolezza senza incorrere in  censure
di incostituzionalita'. 
    7. La natura amministrativa della sanzione prevista dall'art. 222
del codice della strada rende invece  ad  avviso  di  questo  giudice
manifestamente infondata la questione in relazione all'art. 27  della
Costituzione e segnatamente alla finalita'  rieducativa  che  attiene
alla pena.
P. Q. M. 
 
    Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater  del  codice  penale
(introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016,  n.  41)
in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte  in
cui prevede il divieto di prevalenza e/o equivalenza  dell'attenuante
speciale prevista dall'art. 590-bis, comma 7 del codice penale. 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2 e comma 3-ter  del
decreto legislativo n. 285/1992  come  rispettivamente  modificato  e
introdotto dall'art. 1, comma 6, lettera b), n. 1),  e  dall'art.  1,
comma 6, lettera b), n. 2) della legge 23 marzo 2016,  n.  41,  nella
parte in cui prevedono rispettivamente la  revoca  della  patente  di
guida e l'impossibilita' di conseguire una  nuova  patente  di  guida
prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. 
    Sospende  il  presente   procedimento   ed   ordina   l'immediata
trasmissione,  previa  acquisizione  della   prova   delle   avvenute
notificazioni e comunicazioni, degli atti alla  Corte  costituzionale
in Roma. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente dei Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. 
    Ordinanza comunicata alle parti mediante lettura in udienza. 
 
                         Il Giudice: Villani 
 
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Redazione

Avv. Angelo RUBERTO, Fondatore ed Editore del Blog. Fondatore ed Amministratore dei gruppi WhatsApp “Alma Doctorum” ed “Alma Avvocati”. Presidente dell’Associazione “Rete Nazionale Forense” (www.retenazionaleforense.eu) ©2018-2024 Tutti i Diritti Riservati

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