DIFESA D’UFFICIO E DICHIARAZIONE DI ASSENZA a cura della CAMERA PENALE di MILANO

L’ESPERIMENTO DELL’ATTIVITÀ DIFENSIVA NON PUÒ ESSERE VALUTATA IN MODO DA LEDERE I DIRITTI COSTITUZIONALI E CONVENZIONALI DELL’IMPUTATO.
➡️GLI EFFETTI PERVERSI DELLA “ERRONEA” DICHIARAZIONE DI ASSENZA NEL NUOVO SISTEMA DELINATO DALLA RIFORMA CARTABIA.

✒️Apprendiamo con un qual certo sbigottimento di una recente ordinanza, adottata dal Tribunale di Milano, con cui è stata dichiarata l’assenza di un imputato difeso d’ufficio, dando rilievo, ai fini della conoscenza del procedimento da parte dell’interessato, alla circostanza che “la difesa ha depositato per conto dell’imputato tempestivamente” una lista testimoniale.
✒️In particolare, a seguito di decreto di citazione diretta a giudizio notificato al difensore di ufficio ex art. 161, c.4, c.p.p. il difensore di ufficio, sulla base degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, riteneva di dover esercitare adeguatamente il diritto di difesa e provvedeva a depositare lista testimoniale ex art. 468 c.p.p., a fronte delle circostanze probatorie individuate dall’accusa.
✒️Alla prima udienza il difensore specificava di non aver avuto alcun contatto con l’assistito, la cui conoscenza del procedimento non poteva dirsi effettiva, dal momento che il domicilio indicato in sede di verbale di identificazione era stato rilevato qualeinidoneo. Nessuna successiva notifica, pertanto, era stata effettuata al diretto interessato.
✒️Il Giudice, tuttavia, dichiarava l’assenza dell’imputato e decretava l’apertura del dibattimento, rilevando per l’appunto la sussistenza di un domicilio dichiarato (nonostante lo stesso si fosse rivelato inidoneo per la notifica) e adducendo quale motivo fondante della dichiarazione di assenza il deposito tempestivo della lista testimoniale, ritenendo tali elementi come indicativi di una conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato.
✒️Si tratta di conclusioni che si pongono in netto conflitto con le garanzie dell’imputato in termini di giusto processo e diritto di difesa anche alla luce del “nuovo” regime dell’impugnazione stabilito dalla cosiddetta Riforma Cartabia.
✒️In primo luogo, la semplice dichiarazione di domicilio (per di più inidoneo), se già prima della Riforma Cartabia non poteva essere considerata alla stregua di una “presunzione di conoscenza” della vocatio in ius del tutto avulsa da una conoscenza effettiva (in tema, dirimente è la sentenza n. 23948 del 17.8.2020 delle Sezioni Unite), oggi non è neppure più annoverata espressamente tra gli elementi da valutare per la dichiarazione di assenza (essendo venuto meno col nuovo comma 2 dell’art. 420bis c.p.p. il meccanismo “fisso” degli “indici” e dovendosi considerare nella valutazione giudiziale una serie di elementi tra i quali spicca “le modalità della notificazione”, con la conseguenza che la notifica presso un difensore d’ufficio che non sia riuscito a mettersi in contatto con il proprio assistito è semmai un indice che esclude l’effettiva conoscenza del processo).
✒️In secondo luogo, ed è questo il dato più rilevante, si ritiene che il deposito della lista testimoniale, redatta (nel caso di difesa d’ufficio e assistito irreperibile) sulla base degli atti di indagine, non possa far presumere l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il difensore di ufficio e l’imputato, né tantomeno possa far ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto una conoscenza effettiva del procedimento, ovvero che lo stesso si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del medesimo. Così ragionando, si creerebbe l’effetto perverso per cui l’attività diligentemente posta in essere dal difensore si risolverebbe paradossalmente a danno del proprio assistito, determinando la prosecuzione di un processo ai danni di un soggetto che ne rimane totalmente ignaro. Sarebbe quasi un invito al difensore d’ufficio a non presentare una lista testi e, magari, a svolgere altra doverosa attività defensionale, per non rischiare di far sorgere al Giudice il dubbio che tale diligenza sia dovuta esclusivamente a un diretto contatto con l’imputato e non ai doveri deontologici che ogni avvocato deve rispettare.
✒️Infine, a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia vi sarebbe anche il pericolo di un ben più grave e ulteriore paradosso: ai sensi del nuovo comma 1quater dell’art. 581 c.p.p., viene precluso al difensore d’ufficio che non ha rapporti con il proprio assistito di impugnare la sentenza di primo grado (in assenza di un mandato ad appellare successivo al provvedimento di condanna); pensare che lo stesso debba astenersi anche dal deposito della lista testi porterebbe a un’ulteriore e insanabile lesione al diritto di difesa costituzionalmente e convenzionalmente garantito.
✒️La Camera Penale si augura che tale ordinanza sia frutto di un fraintendimento e non della prassi del Tribunale di Milano. Il Consiglio Direttivo
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Redazione

Avv. Angelo RUBERTO, Fondatore ed Editore del Blog. Fondatore ed Amministratore dei gruppi WhatsApp “Alma Doctorum” ed “Alma Avvocati”. Presidente dell’Associazione “Rete Nazionale Forense” (www.retenazionaleforense.eu) ©2018-2024 Tutti i Diritti Riservati