A PROPOSITO DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE di Enna COSOVIC

CODICE DEONTOLOGICO E LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Il licenziamento disciplinare è la sanzione estrema che il datore di lavoro ha a disposizione per i comportamenti del lavoratore che viola le regole di comportamento stabilite dalla legge, dai contratti collettivi e che non rispetta le norme contenute nel codice disciplinare dell’azienda.  ✅ L’art. 7, comma 1° dello Statuto dei lavoratori, impone al datore di lavoro di portare a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti (es. la bacheca aziendale) le norme disciplinari relative alle sanzioni, infrazioni e le procedure di contestazione delle stesse. ✅ Ma se il datore di lavoro ha omesso di affiggere il Codice Disciplinare (o il CCNL di riferimento) sulla bacheca aziendale o altro luogo accessibile a tutti, il lavoratore, nel caso in cui gli venga comminata una sanzione disciplinare – ad esempio la più grave: il licenziamento – può sempre impugnare fondatamente tale sanzione semplicemente invocando l’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori?
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⚖️La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24722 del 11.08.2022, ha statuito che la mancata affissione del codice disciplinare – costituente una forma di pubblicità che condiziona il legittimo esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro – rende inefficace il licenziamento irrogato per scarso rendimento.
♦️CASO
Un lavoratore impugna davanti al Giudice del Lavoro il licenziamento irrogatogli, per scarso rendimento, a seguito di una contestazione disciplinare con cui gli si addebitava una voluta lentezza nello svolgere la mansione affidata. Il ricorso viene accolto, ed il licenziamento dichiarato inefficace causa mancata previa affissione affissione del codice disciplinare.
⚖️LA CASSAZIONE
La Corte Cassazione – confermando l’impugnato provvedimento di merito – nel rilevare preliminarmente che, qualora le violazioni contestate non consistano in condotte contrarie ai doveri fondamentali del lavoratore, rientranti nel cd. minimo etico (1) o di rilevanza penale, statuisce che per la legittimità della relativa sanzione disciplinare è necessaria l’affissione del codice disciplinare. Detta ipotesi, ricorre ogniqualvolta la contestazione disciplinare abbia ad oggetto la violazione di norme di azione derivanti da direttive aziendali, suscettibili di mutare nel tempo, in relazione sia alle contingenze economiche e di mercato che al grado di elasticità nell’applicazione. Secondo i Giudici di legittimità, in questo caso, l’ambito ed i limiti della rilevanza e gravità delle condotte, ai fini disciplinari, devono essere previamente posti a conoscenza dei lavoratori, secondo le prescrizioni dell’art. 7 della Legge n. 300 del 1970, “Statuto dei Lavoratori” (2) In assenza di tale requisito come nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal datore di lavoro e confermato l’illegittimità del recesso – licenziamento per motivi disciplinari – dallo stesso impugnato.
📌NOTE
➡️ 1. La Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – con la sentenza n. 4826 del 2017 ha ribadito che la pubblica affissione del codice disciplinare non è necessaria per sanzionare condotte del lavoratore in violazione di norme di legge o norme di “minimo etico” , cioè comunemente reputate condannabili dal senso comune. Il licenziamento disciplinare per giustificato motivo oggettivo in questo caso quindi è legittimo. L’affissione è da ritenersi necessaria invece per elencare gli obblighi per i lavoratori che derivino da specifiche prassi operative aziendali o locali che potrebbero non essere note ai lavoratori.
➡️ 2. Art. 7 Legge n. 300 del 1970, comma 1°
“Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano”.
Enna COSOVIC: Laureata in Giurisprudenza presso “Alma Mater Studiorum di Bologna“, con tesi in diritto internazionale “Evoluzione dei Crimini contro l’Umanità nella prassi e Giurisprudenza Internazionale. Praticante avvocato del Foro di Bologna e socia dell’associazione “Rete Nazionale Forense”.  Membro dei Dipartimenti: “Privay, Internet Law, Computers Crimes, Gdpr, CyberSecurity e Data Protection”; “Diritto Societario, Industriale Commerciale, Mediazione” di Rete Nazionale Forense. Contatti: [email protected]
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