ORDINI DI PROTEZIONE: CONTENUTO E REQUISITI di Daniela TESTA

ORDINI DI PROTEZIONE. Contro gli abusi familiari la legge n.154 del 2001 e successive modifiche (L.304/2003, L. 38/2009 etc.), in ambito civile, introduceva nel codice civile al Titolo IX rubricato “ordini di protezione contro gli abusi familiari” gli artt. 342bis e ter e nel codice di procedura civile al capo V bis rubricato “degli ordini di protezione contro gli busi familiari” l’art. 736 bis. In presenza di situazioni di crisi familiare il legislatore, dunque, assegnava al Giudice Civile importanti nuovi poteri. A norma dell’art. 342 bis, norma speculare rispetto all’art 282 bis del codice penale rubricato “Ordini di protezione contro gli abusi familiari ”: quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente.

CONTENUTO DEGLI ORDINI DI PROTEZIONE. Il Giudice a norma dell’art 342 ter c.c. con il decreto di cui all’art. 342 bis ordina al coniuge o convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione [2099 c.c.; 545 c.p.c.] allo stesso spettante. il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario. Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.”

PROCEDIMENTO. Quanto all’art. 736 bis ss. c.p.c, la norma disciplina il procedimento attraverso il quale il giudice civile adotta gli ordini di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c. A norma dell’art 736 bis cpc: “Nei casi di cui all’articolo 342bis del codice civile , l’istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Il presidente del tribunale designa il giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso. Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sè entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione. Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, ai sensi del secondo comma, ovvero conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione precedentemente adottato nel caso di cui al terzo comma, è ammesso reclamo al tribunale entro i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 739. Il reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione. Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, sentite le parti, con decreto motivato non impugnabile. Del collegio non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano al procedimento, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti.” L’ordine di protezione viene, dunque, adottato dal giudice, su istanza di parte, la domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo del luogo di residenza e/o domicilio della vittima, allorché venga accertata una condotta del coniuge o di un altro convivente che si ponga come causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente. Il tribunale decide in composizione monocratica. Nonostante l’attribuzione della competenza monocratica, stabilita dall’art. 736 bis comma 1, cpc non è esclusa la vis actrativa del tribunale in composizione collegiale chiamato a giudicare in ordine al conflitto familiare che sia stato incardinato avanti ad esso. (Cass., 22 giugno 2017, n.15482). Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l’ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o della notifica del decreto, ai sensi dell’art. 739, comma II, c.p.c. Il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo con cui si accolga o si rigetti l’istanza di concessione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare non è impugnabile per cassazione ne con ricorso ordinario ne con ricorso straordinario di cui all’art 111 della Costituzione, giacchè detto decreto risulta sprovvisto dei requisiti della decisorietà e della definitività. (Cass. Ord. N. 29492 del 7 dicembre 2017).

REQUISITI. Circa il requisito della convivenza, gli ordini di protezione contro gli abusi familiari possono essere adottati dal tribunale allorché le parti occupino (anche se in linea di mero fatto) lo stesso immobile; la norma parla di coniuge e/o altro convivente, non si parla pertanto di nucleo familiare in senso stretto, lasciando intendere che tra le parti è irrilevante che la codentenzione dell’alloggio abbia o meno un fondamento giuridico che la legittimi. Per potersi configurare “grave pregiudizio all’integrità morale”, che legittima il ricorso ex art 342 bis c.c, deve verificarsi un vulnus alla dignità dell’individuo di entità non comune, tant’è che per l’emanazione degli ordini di protezione le liti tra i coniugi degenerate in aggressioni, queste devono avere conseguenze apprezzabili e/o comunque non sporadiche (Trib. Bari 10.4.2004. G. mer. 05,5,1117). Il pregiudizio all’integrità fisica, cui fa riferimento l’art 342 bis c.c. non necessariamente consegue ad aggressioni fisiche ben potendo costituire l’evento di aggressioni verbali se a causa delle reiterazioni delle stesse e del clima di continua tensione venutosi a creare all’interno della famiglia, sono in grado di arrecare una lesione alla salute di natura fisica alle vittime, restando il riferimento al pregiudizio dell’integrità morale, pure contenuto nella norma, relegato ai casi in cui le ingiurie o minacce arrechino sofferenze di tipo esclusivamente morale o psichico ( Trib. Rovereto 26.07.2007).

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