CARTA VINCE, CARTA PERDE … NON SAPEVAMO? di Sandro PAJNO

L’abbiamo imparato sui libri di storia: c’è chi la guerra la vince e chi la perde (e con quali conseguenze!!). Un titolo provocatorio,  questo,  che richiama un gioco da saga paesana ma che non vuole sminuire  la drammaticità  del momento in corso, con l’incalzare – tragico – degli eventi. Siamo di fronte ad  una realtà confusa , offuscata (e lo potrebbe essere anche negli anni a venire)con  notizie che , spesso, sono velate da ombre circa la veridicità . La buona notizia è che comincia a prendere corpo la  speranza, espressa nel precedente mio scritto dal titolo “INCENDIO IN CORSO” ,  di un   tavolo negoziale, quello indetto  in Turchia, certamente preliminare, cui si auspica conseguano aperture e  proposte concrete (anche di ridimensionamento delle pretese in campo), per un cessare delle ostilità.  Volendo però capire o azzardare una possibile soluzione, dovremmo prima comprendere sia  cosa o chi abbia determinato (o, forse sarebbe meglio dire spinto,la Russia ad aggredire un paese sovrano apportandovi spoliazioni territoriali come avvenuto nel 2014, con l’annessione della Crimea e, di seguito,  cosa sia avvenuto nel corso degli 8 anni intercorsi fino ad oggi durante i quali poco o nulla ci è giunto circa gli accadimenti in quella porzione di terra ucraina  russofona oppure russofila (pongo l’accento sulla differenza sostanziale tra i due termini) che, si dice, avrebbe aspirato ad una separazione o comunque ad una autonomia dalla Ucraina.  Certo che riesce difficoltoso credere che l’epilogo tragico sia giunto del tutto inatteso ed improvviso: significherebbe il fallimento di qualsiasi sistema organizzato, deputato a  condurre attività di analisi e di intelligence! Certo è che questo conflitto produce e produrrà dei cambiamenti sostanziali  mettendo in discussione concetti e convinzioni che si erano sedimentate nelle nostre abitudini , primo fra tutti la ineluttabilità della globalizzazione , cosi come l’avevamo conosciuta e – aggiungo – subita. Tornando allo scenario in corso d’opera, voglio azzardare che,uno degli scopi, se non il più pregnante , dell’azione intrapresa dalla Russia di Putin possa risiedere, da un lato, sulla convinta necessità di non indebolire il proprio potere marittimo, realizzando quindi dapprima l’acquisizione forzata della Crimea e, adesso risolvendone  la situazione di “insularità , con il congiungimento territoriale alla Russia includendo  i porti del mare di Azov e del Mar Nero,” al fine di assicurare la contiguità delle rotte russe da e verso il Mediterraneo, centro nevralgico mondiale, passando per le convenzioni e trattati internazionali vigenti in materia di diritto di attraversamento dello stretto dei Dardanelli, “custodito” proprio dalla Turchia.  Altro motivo potrebbe essere quello della eccessiva proposizione ad est della Nato, di cui si è tanto detto. Rimane comunque il dubbio di come questa tragedia possa essere avvenuta nel silente comportamento del resto del mondo: non si sarebbe potuto evitare tutto ciò ?  La intangibilità della integrità territoriale ucraina credo sia una questione irrinunciabile, non solo da parte ucraina ma anche occidentale, in nome dei consolidati principi di diritto internazionale; altra questione, accettabile pur con le dovute codificazioni, sarebbe la  neutralità da assegnare non solo alla Ucraina ma, anche ai Paesi limitrofi o vicini,  la Bielorussia ed i Paesi Baltici. Volendo gettare lo sguardo oltre alla siepe, bisogna considerare l’interesse che , fin dai tempi dello zar, la Russia ha riservato all’area Baltica ma, ancorpiù, a quella artica e degli spazi ad essa contigui, terra e mare ; soprattutto in epoca sovietica sono state condotte ricerche definite “scientifiche”, che hanno consentito a quel Paese (oggi Federazione Russa)di acquisire conoscenze sia nel campo della capacità di sopravvivenza  umane e dei mezzi in ambienti estremi,  sia  delle caratteristiche dei fondali e delle rotte sottomarine artiche. L’artico è infatti la meta di dispute giuridiche e tecniche in evoluzione, in ragione delle sue ricchezze energetiche  e delle prossime rotte di navigazione che si apriranno alla percorrenza delle navi in seguito al disgelo dei ghiacci. In una visione di insieme circa lo sfruttamento,  gestione, instradamento commerciale  delle risorse di cui parlo,  si inquadra immediatamente la posizione  geo-strategica non solo della Bielorussia e della confinante Ucraina  ma ancor più dei paesi Baltici (Estonia, Lituania Lettonia), tutti paesi che potrebbero essere interessati da  un percorso di una  ipotetica linea energetica o infrastrutturale  (oleodotto, strada, ferrovia, elettrodotto, fibre ottiche, acquedotto ) che unisca l’area baltica e sub artica all’Europa oppure al mar d’Azov /Mar nero , anticamera del Mediterraneo. In tale ottica riuscirebbe ancor più comprensibile l’interesse della Russia ed il  il timore verso un ulteriore allargamento ad est del patto atlantico che coinvolga Ucraina, paesi Baltici e, in un domani forse prossimo, la Bielorussia. Questa visione sarebbe di per se motivo sufficiente ad accendere e giustificare, da parte russa,  un conflitto in pieno centro-europa, come avvenuto con l’aggressione della Ucraina. Dunque, chi vincerà nel gioco di “carta vince carta perde”?  Migliaia di morti, milioni di profughi, famiglie spezzate, città distrutte, aumento dei prezzi di materie prime… tutto questo forse significa, purtroppo, azzoppare le debolissime speranze ed aspettative di chi  auspicava un nuovo corso ed un nuovo ruolo – da edificare –  della Unione Europea?  Certo è che questo conflitto ci consegna un palcoscenico cosi delineato: 1) Europa, dipendere dalla: a) immissione in commercio di derrate alimentari (in sostituzione di quelle ucraine e russe)prodotte nel continente americano con sistemi e standard da noi banditi perché non rispondenti ai dettami di  salubrità naturale; b) l’importazione più costosa di gas(shale oil)  da quel continente, anche quello molto discusso perché proveniente dal procedimento di fracking , per supplire alla mancate acquisizione  di energia prima dal continente russo;c) sostenere la corsa all’aumento delle spese militari europee;  2) una nazione, l’Ucraina, che forse qualcuno  vorrebbe divisa e simile alle due Coree a pena di trasformarne il territorio in una riedizione di quanto avvenuto in Siria;3) la Russia appare fortemente indebolita non solo sul piano politico(leadership ed anche successione al trono)ma anche militare, viste le crepe organizzative e tecniche che si sono evidenziate durante questa campagna, nonostante il possesso di armi strategiche non nella disponibilità della Nato;  4) il ruolo atipico ma essenziale ricoperto da singoli individui, gli oligarchi (di tutte le nazioni, che forniscono ai contendenti i propri sistemi satellitari, la propria presenza nelle mediazioni ufficiali.  Da questo subbuglio riesce difficoltoso  intuire o tentare di individuare le  cause che hanno portato alla escalation militare, quali possano essere gli obiettivi da parte russa e, ancorpiù quali possano essere le vie d’uscita dal conflitto; personalmente non credo  che l’occidente  possa immaginare e ritenere possibile che il mondo, globalizzato o no, possa fare a meno del ruolo della  Russia, a prescindere dal sistema politico in atto al proprio interno, ancor più se sul muro si proietta  – come avviene –  l’ombra del drago cinese. Mi sembra sempre più credibile però ritenere che , per la pace e per la integrità territoriale di uno Stato, possa valere la pena ipotizzare una trattativa che preveda una possibile rivisitazione delle armi NATO come collocate sui territori dei Paesi ex Patto di Varsavia, pur garantendo loro l’ombrello dell’alleanza. Cio’ potrebbe costituire quella “via di uscita di emergenza” per il presidente russo, sempre più isolato ed impantanato. Rimane sull’orizzonte lontano, una Unione Europea che attui una politica comune in materia di difesa, politica estera, fiscalità , socialità, immigrazione. Un giorno, forse….(di Alessandro PAJNO, Contrammiraglio (CP) Ris.)

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