L’ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE, AVANZATA DAL CONDUTTORE PER VIZI DELLA COSA LOCATA, NELL’AMBITO DEL PROCEDIMENTO DI SFRATTO PER MOROSITÀ (Cass. 27.09.2016 n° 18987)
Non è infrequente, nelle aule di giustizia, assistere ad aspre contese in cui locatore e conduttore si addebitano vicendevolmente l’inadempimento dei patti contenuti nel contratto di locazione o il mancato rispetto delle regole previste dalla Legge, che determinano, talvolta, scelte draconiane da parte del giudice chiamato a dirimere tali controversie. È quanto avviene, invero spesso , allorché il locatore intima sfratto per morosità, a fronte del mancato pagamento del canone di locazione da parte del conduttore, il quale, costituendosi in giudizio, eccepisce la legittimità del proprio inadempimento sulla base dell’analogo comportamento del locatore, asseritamente irrispettoso degli obblighi che la legge pone a suo carico, tra cui quello di mantenere la cosa in stato da garantirne l’uso. Il tema è legato alla c.d. exceptio non rite adimpleti contractus, prevista dall’art. 1460 CC, ma ritenuta pacificamente applicabile alla locazione di immobili urbani, consistente nel rifiuto, da parte di uno dei contraenti, di adempiere esattamente la propria prestazione se l’altro non adempia o non offra di adempiere ontemporaneamente la propria. Si è detto che l’eccezione è ammissibile anche con riferimento al contratto di locazione. Pur tuttavia, va evidenziato che la sua applicazione in subiecta materia è del tutto particolare, a differenza delle altre figure contrattuali a prestazioni corrispettive, laddove si consideri che il rapporto locatizio è caratterizzato dal godimento dell’immobile, integrante la prestazione del locatore a fronte della quale corrisponde quella principale del conduttore, rappresentata dal pagamento del corrispettivo convenuto. Ciò comporta, in via generale, che la mancata prestazione cui è obbligato il conduttore (che si sostanzia in primo luogo nel pagamento del canone) deve ispirarsi a criteri di correttezza e buona fede, di guisa che essa non possa produrre una alterazione del sinallagma contrattuale, determinando uno squilibrio delle rispettive posizioni delle parti del rapporto locatizio. Ciò significa, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte Regolatrice, che quando non viene pagato il canone di locazione è legittima la reazione del locatore attraverso il ricorso allo speciale strumento processuale dello sfratto per morosità, laddove l’inadempimento del conduttore non è ispirato ai suddetti criteri, salvo il caso in cui la prestazione del locatore (che si sostanzia nel permettere il godimento del bene locato) non venga completamente a mancare, come ad esempio nel caso della esistenza di vizi gravi nell’immobile che comportano la impossibilità di utilizzare il bene da parte del conduttore. Tale conclusione è ricavabile dall’art. 1578 CC il quale prevede che, a fronte dei vizi che diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità del ben locato per l’uso pattuito, il conduttore può chiedere, in alternativa alla risoluzione del contratto, la riduzione del corrispettivo, necessariamente proponendo la domanda all’Autorità Giudiziaria. Con ciò, dovendosi escludere implicitamente il diritto dello stesso conduttore di sospendere totalmente o parzialmente il pagamento del canone in attesa dell’accertamento giudiziale sulla fondatezza della domanda, da scrutinarsi esclusivamente dal Giudice competente al quale è demandato il compito di valutare la importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti. Su tali conclusioni è attestata la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito segnalandosi,rispettivamente, Cass. 14739/2007, Cass. 24799/2008, Cass. 13887/2011, Cass. 10639/2012, Cass. 2091/2013, Cass. 26540/2014, Cass. 1317/2015, Tribunale di Milano 12427/2016, Tribunale di Salerno 4407/2016, Tribunale di Bari 2734/2015, Tribunale di Pisa 2705/2015, Tribunale di Palermo 5461/2016,. Tribunale di Monza 2705/2015, solo per citare le più recenti pronunce, tutte rinvenibili in Redazione Giuffrè 2015/2016. Sulla questione è intervenuta da ultimo la Cassazione, con la sentenza del 27.09.2016 n. 18987, che ha ribadito i principi testè ricordati. Insomma, è chiaro che il conduttore non può sospendere totalmente o parzialmente il pagamento del canone di locazione, laddove non venga completamente a mancare la controprestazione del locatore in ragione dell’esistenza di evidenze di criticità idonee ad impedire il godimento totale del bene (il cui onere probatorio rimarrà a carico del conduttore ex art. 2697 CC dato che “reus in excipiendo fitactor), tra i quali possono farsi rientrare anche da mancanza dei requisiti di abitabilità dell’immobile se ed in quanto tale inidoneità sia in grado di impedire in modo assoluto l’utilizzo della res locata (v. Tribunale di Salerno 2011/2015 e Tribunale di Prato 250/2015, Tribunale di Roma 22852/2013 – in Red. Giuffrè 2013/2015; Cass 22312/2007, Cass. 12983/2010, Cass. 25798/2010). In definitiva i rimedi concessi al conduttore in presenza di vizi gravi – definiti dalla giurisprudenza (v. ex multis Cass. 7260/1994) come quei difetti non afferenti allo stato di manutenzione o conservazione ma incidenti sulla composizione, costruzione e funzionalità strutturale dell’immobile, in una parola sulla idoneità all’uso – sono quelli esclusivamente (ex art. 1578 CC) della risoluzione e della riduzione non anche dell’esatto adempimento, escludendosi la fondatezza della eccezione ex art. 1460 CC nei limiti di cui sopra si è detto. In definitiva, la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone, giustificata dalla asserita esistenza di vizi del bene locato, non conosciuti o conoscibili al momento della stipulazione del contratto di locazione, o sopravvenuti, comunque non in grado impedire il concreto godimento del bene locato, sostanzierebbe, in capo al conduttore, un comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede: come tale del tutto arbitrario ed inidoneo a paralizzare la ordinanza di rilascio, in una eventuale procedura di sfratto per morosità.