Quale è l’ammontare economico dell’azione di rivalsa da parte della struttura in caso di riconoscimento di responsabilità a suo carico, ex art. 1218 e 1228 c.c., per la condotta colposa del medico di cui si avvale per fornire le sue prestazioni? E’ senza limiti ? Se invece incontra un limite, può essere superato? La giurisprudenza di legittimità, rispondendo a tali interrogativi, frequenti nel contenzioso, si colloca in linea di ideale continuità con il proprio precedente e consolidato orientamento, e con recentissima decisione (Cass. civ., sez. III, 7.11.2024, n. 28642) afferma: i) nei rapporti interni tra medico e struttura, la regola per la ripartizione dei “pesi” è quella dettata dal combinato disposto degli artt. 1298, comma 2 e 2055, comma 3, cod. civ.; ii) le suddette norme, infatti, introducono una presunzione di pari responsabilità, che sorge in conseguenza dell’accettazione, da parte della struttura, del rischi di eventuali danni causati dalla condotta del soggetto di cui la stessa si avvale; iii) la presunzione in questione, essendo iuris tantum, può essere superata dalla struttura ove provi che la condotta del medico sia stata, oltre che straordinaria, anche imprevedibile, siccome in contrasto sia con i doveri del medesimo di corretto adempimento ai suoi obblighi contrattuali, oltre che totalmente quanto ingiustificatamente divergente da quella che risulta essere l’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità. Solo in tal caso, infatti, deve ritenersi ammissibile l’integrale regresso nei confronti del medico, poiché diversamente, a ritenerlo sempre e comunque ammissibile, si aprirebbe la strada ad una ingiustificata disparità di trattamento tra condebitori solidali, dato che in tal modo la struttura si spoglierebbe quasi del tutto del proprio rischio d’impresa, che rimarrebbe circoscritto al solo caso della totale insolvibilità del medico. Appare chiara, allora, l’utile indicazione operativa che la Corte fornisce, orientata in una triplice direzione: a) innanzitutto, alle strutture sanitarie per le azioni di rivalsa, delineando il contenuto dell’onere probatorio che grava sulle stesse in tali eventualità: occorre una prova dal contenuto preciso e specifico circa l’essere, la condotta professionale “incriminata” del medico, connotata non solo dalla gravità, ma anche soggettivamente imprevedibile ed oggettivamente incontrollabile, mancando la quale, resta ferma la suddetta presunzione di responsabilità paritaria; ii) inoltre, specularmente, al medico che si difende da tale azione, sul quale grava, ovviamente, un onere probatorio dal contenuto opposto a quello gravante sulla struttura; iii) infine, tale indicazione è rivolta anche al giudice del merito, che in simili controversie, al fine di decidere sulla domanda di rivalsa, è chiamato a verificare se sia stato prima allegato, e poi provato, un siffatto comportamento del medico, non potendosi limitare ad accertare la sola esistenza e gravità dell’errore compiuto dal medico.
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