COMPENSAZIONE delle SPESE e cd. PRINCIPIO DI CAUSALITA’ nell’INSORGERE della LITE GIUDIZIARIA

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sentenza n. 1610/2024 del 20-06-2024 – REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. di ### in funzione di giudice del lavoro ed in composizione monocratica, nella persona della giudice dott.ssa ### all’esito dell’udienza, ha emesso la seguente sentenza nella causa iscritta al n. R.G. 8069/2023 tra ### rappr. e dif., giusta procura in atti ricorrente e ### in persona del presidente ###atti resistente ### cessata materia. MOTIVI DELLA DECISIONE. Alcuna statuizione sul merito, quindi, deve compiersi avendo parte resistente rettificato il provvedimento ed essendo stata la prestazione liquidata il ###. Tale formula, largamente diffusa, pur non trovando previsione nel codice di rito, indica un vero e proprio istituto processuale di cui la giurisprudenza della Cassazione ha definito i confini. La cessazione della materia del contendere può definirsi come quella situazione obiettiva che si viene a creare per il sopravvenire di ragioni di fatto che estinguono la situazione giuridica posta a fondamento della domanda, sicché viene a mancare la stessa “materia” su cui si fonda la controversia. Di recente la Suprema Corte (cfr. Cass. S.U. 28.9.2000 n. 1048) ha precisato che la cessazione della materia del contendere del giudizio civile costituisce un’ipotesi di estinzione del processo da pronunciarsi con sentenza, d’ufficio o su istanza di parte, ogni qualvolta viene meno l’interesse delle parti alla naturale definizione del giudizio. E’ noto che l’interesse ad agire consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, la verifica della cui esistenza si risolve nel quesito se l’istante possa conseguire attraverso il processo il risultato che si è ripromesso, a prescindere dall’esame del merito della controversia e della stessa ammissibilità della domanda sotto altri e diversi profili (cfr. Cass. civ. 20.1.98 n. 486). Tale interesse deve sussistere al momento in cui il giudice pronuncia la decisione e il suo difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in quanto esso costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda (cfr. Cass. civ., sez. lav. 7.6.99 n. 5593; Cass. civ., sez. lav. 6.4.83 n. 24069). Gli eventi generatori della cessazione della materia del contendere possono essere di natura fattuale come pure discendere da atti posti in essere dalla volontà di una o di entrambe le parti. In particolare, in materia di contenzioso ordinario, la cessazione della materia del contendere è stata ravvisata in una molteplicità di situazioni, quali: l’integrale adempimento o, più in generale, il completo soddisfacimento della pretesa dell’attore; il riconoscimento dell’avversa pretesa; la successione di leggi; lo scioglimento consensuale del contratto di cui è stata chiesta la risoluzione per inadempimento; la morte di uno dei coniugi nel processo di separazione personale; la transazione stipulata tra le parti dopo l’inizio del processo. Le varie ipotesi individuate non sono fra loro comparabili se non per un unico elemento costituito dal fatto che è venuto meno l’interesse delle parti ad una decisione sulla domanda giudiziale, come proposta o come venuta ad evolversi nel corso del giudizio, sulla base di attività dalle parti stesse poste in essere nelle varie fasi processuali per le più diverse ragioni, o di eventi incidenti sulle parti in conseguenza della natura personalissima ed intrasmissibile della posizione soggettiva dedotta, in ordine ai quali – anche se enunciati o risultanti dagli atti – non viene chiesto al giudice alcun accertamento, diverso da quello del venir meno dell’interesse alla pronuncia (cfr. Cass. SU 18.5.2000 n. 368; Cass. SU 28.9.2000 n. 1048). La deroga al principio per cui il processo dovrebbe restare insensibile ai fatti sopravvenuti dopo la proposizione della domanda si giustifica alla luce del principio di economia dei mezzi processuali (Cass., 21.5.87, n. 4630; Cass., 22.7.81, n. 4719). Affinché il processo possa concludersi per cessazione della materia del contendere devono ricorrere congiuntamente i seguenti presupposti: l’evento generatore deve essere sopravvenuto alla proposizione della domanda giudiziale, altrimenti la medesima sarebbe improponibile ab origine per difetto di interesse all’azione; occorre, poi, che il fatto sopravvenuto abbia determinato l’integrale eliminazione della materia della lite; deve trattarsi di situazione riconosciuta ed ammessa da entrambe le parti, nel senso che il fatto di cessazione deve aver eliminato ogni posizione di contrasto e risultare pacifico in tutte le sue componenti, anche per quanto attiene alla rilevanza giuridica delle vicende sopraggiunte (tra le ultime, Cass., 7.3.97, n. 2038; Cass., 22.1.97, n. 622; Cass., 7.5.95, n. 12614; Cass., 16.9.95, n. 9781; Cass., 11.4.95, 4151). La pronuncia, che può essere adottata dal giudice anche d’ufficio (Cass., 7.12.95, n. 12614; Cass., 7.5.93, n. 5286; Cass., 21.5.87, n. 4630; Cass., 16.6.82, n. 3664; Cass. SU 128.9.2000 n. 1048), deve assumere la forma di sentenza, perché solo la sentenza è in grado di tutelare, al contempo, il convenuto da eventuali giudizi successivi fondati sulla stessa domanda (essendo idonea a passare in giudicato), e a permettere all’attore di contestare la declaratoria nei limiti imposti dalla disciplina delle impugnazioni (Cass., 8.8.90, n. 8000; Cass., 2.5.87, n. 4126). Alla stregua delle osservazioni sopra esposte, si rileva che, nel caso di specie, la prestazione è stata liquidata in data ### per cui alcun interesse delle parti vi è alla definizione nel merito del giudizio. Pertanto, essendo venuto meno l’interesse delle parti a proseguire il giudizio, viene meno anche l’obbligo del giudice di pronunciare sull’oggetto della controversia. Residua la questione delle spese da regolarsi secondo il principio della soccombenza virtuale, in forza del quale il giudice provvede sulle spese delibando il fondamento della domanda per valutare se essa sarebbe stata accolta o rigettata nel caso in cui non fosse intervenuta la cessazione della materia del contendere (Cass. 26.1.87, n. 723; Cass., 28.1.80, n. 661; Cass., 14.11.77, n. 4923). Nel caso de quo è documentato che parte resistente ha evitato le lungaggini del giudizio ma la liquidazione della prestazione anche in data successiva alla notifica del ricorso giustifica la compensazione per la metà delle spese di lite. La residua metà segue le regole della soccombenza e si liquida nella misura di cui al dispositivo. P.Q.M. La Giudice del ### di ### in funzione di giudice del lavoro, così provvede: a) dichiara cessata tra le parti la materia del contendere; b) compensa per la metà tra le parti le spese di lite; c) pone a carico di parte resistente la residua metà che liquida, in tale misura ridotta, in euro 1200,00 oltre IVA e CPA come per legge con attribuzione. ### 20.6.2024 La giudice dott. ssa ### n. 8069/2023 (Copia NON UFFICIALE della Sentenza n. 1610/2024 del 20-06-2024 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere)

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