CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI: RESPONSABILITA’ DEL PROPRIETARIO

Oggetto: assicurazione r.c.a. – responsabilità del proprietario – circolazione prohibente domino – nozione – affidamento del veicolo a terzi – sottrazione da parte di altra persona – idoneità ad escludere la responsabilità del proprietario – condizioni.

CASSAZIONE: REGOLE RIASSUNTIVE (Sentenza: Numero registro generale 10063/2020 Numero sezionale 638/2024 Numero di raccolta generale 15237/2024 Data pubblicazione 30/05/2024). “Il proprietario di un veicolo pertanto risponderà dei danni causati dalla circolazione: 1) se il mezzo gli viene sottratto contro la sua volontà, se non aveva adottato concrete ed efficaci misure, in base alle circostanze, per impedirne la circolazione; 2) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che poi dovesse causare un sinistro; 3) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che, a sua volta, lo affidi ad un terzo il quale causi un sinistro; 4) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che se lo lasci sottrarre da un terzo per incuria o trascuratezza. Il proprietario, invece, non risponderà dei danni causati dalla circolazione del veicolo se lo affidi a persona alla quale venga poi sottratto da un terzo con violenza, minaccia o effrazione, nonostante l’affidatario avesse adottato tutte le concrete misure esigibili, alla stregua dell’ordinaria diligenza per evitarne la circolazione. “

SENTENZA: FATTI DI CAUSA. L’esposizione dei fatti di causa sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede. Francesco Verderame era il proprietario del motociclo Honda targato AZ “93300” ed assicurato contro i rischi della r.c.a. dalla mutua assicuratrice Reale Mutua. Il 1° aprile 2002 il suddetto motociclo, condotto da Paolo Di Giacomo e trasportando Filippa Cassarà, rimase coinvolto in un sinistro stradale, per effetto del quale persero la vita il conducente, la passeggera ed il conducente del veicolo antagonista venuto a collisione col motociclo. In conseguenza del sinistro la Reale Mutua, convenuta in giudizio dai danneggiati, formulò domanda di regresso nei confronti di Francesco Verderame. A fondamento di tale domanda dedusse che il conducente del motociclo Honda al momento del fatto era privo della patente di guida, circostanza che nel rapporto interno tra assicurato ed assicuratore avrebbe legittimato, a termini di polizza, l’eccezione di inoperatività della copertura assicurativa. Con sentenza 25.8.2011 n. 267 il Tribunale di Gela accolse la domanda di regresso formulata dalla Reale Mutua nei confronti di Francesco Verderame, il quale impugnò la suddetta statuizione. Con sentenza 9.9.2019 n. 534 la Corte d’appello di Caltanissetta rigettò, su questo punto, il gravame. La Corte d’appello ha motivato la propria decisione con argomenti così riassumibili: -) secondo la versione dei fatti fornita da Francesco Verderame, questi aveva affidato il motociclo Honda di sua proprietà al figlio, sotto condizione di non consentirne l’uso a terzi; di conseguenza la circolazione del mezzo doveva ritenersi avvenuta “contro la volontà” del proprietario; -) tuttavia il mero divieto verbale di usare un veicolo a motore non basta ad integrare l’ipotesi di circolazione prohibente domino; -) la responsabilità del proprietario, infatti, può essere esclusa solo se questi dimostri di avere adottato concrete ed efficaci misure per prevenire l’uso indesiderato del mezzo, prova non fornita; -) irrilevanti erano le prove orali richieste da Francesco Verderame per contrastare la domanda di regresso, giacché queste erano intese a dimostrare il divieto verbale di uso del mezzo impartito dal padre al figlio, circostanza come già detto inidonea ad escludere la responsabilità del proprietario. La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da Francesco Verderame con ricorso fondato su due motivi. La Reale Mutua ha resistito con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE: Col primo motivo è lamentata la violazione degli artt. 2054, comma terzo, c.c., e 1, comma secondo, l. 24.12.1969 n. 990 (applicabile ratione temporis, ed oggi trasfuso nell’art. 144 cod. ass.). Nell’illustrazione del motivo si sostiene una tesi così riassumibile: -) il conducente del motociclo, Paolo Di Giacomo, si era impossessato del mezzo “trafugandolo” (sic, f. 15 del ricorso) ad Angelo Verderame, figlio del proprietario, e contro il divieto di questi; -) poiché Francesco Verderame non era presente al momento del fatto ed aveva vietato al figlio di concedere il mezzo a terzi, la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che al momento del sinistro il mezzo circolasse “contro la volontà” del proprietario; -) se infatti il proprietario di un veicolo lo affida ad altri, e il mezzo fosse sottratto all’affidatario illecitamente, tale circostanza fa venir meno la responsabilità del proprietario. 1.1. Il motivo è manifestamente infondato. La responsabilità del proprietario di cui all’art. 2054, comma terzo, c.c., viene meno solo se questi dia prova che il mezzo abbia circolato “contro la sua volontà”. La formula della legge (“contro la volontà”), per pacifico orientamento di questa Corte, va interpretata nel senso che per escludere la responsabilità del proprietario non basta dimostrare il suo dissenso alla circolazione (e cioè che la circolazione sia avvenuta invito domino). Circolazione del veicolo “contro la volontà” del proprietario, per i fini di cui all’art. 2054, comma terzo, c.c., va invece interpretata nel senso che il proprietario d’un veicolo a motore, per andare esente da responsabilità, deve dimostrare di avere adottato ogni concreta misura per impedire in facto la circolazione. Non dunque, il mero dissenso alla circolazione basta ad escludere la responsabilità del proprietario, ma una condotta concreta ed efficacemente intesa ad impedire la circolazione (ex permultis, da ultimo, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1820 del 29/01/2016, Rv. 638539 – 01, ma il principio è risalente e consolidato: così già Sez. 3, Sentenza n. 778 del 07/04/1964, Rv. 301104 – 01). Per la stessa ragione, nemmeno il furto del veicolo può escludere la responsabilità del proprietario, se egli non abbia adottato idonee misure per prevenirlo: misure, per quanto detto, che debbono consistere in comportamenti, e non in semplici dichiarazioni (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20373 del 09/10/2015, Rv. 637634 – 01). 1.2. Da questo principio deriva che la responsabilità del proprietario non è affatto esclusa dalla circostanza che questi abbia affidato il proprio veicolo ad un terzo. Infatti colui il quale affida il proprio mezzo a terzi – quali che siano questi terzi: parenti, dipendenti, amici – accetta per ciò solo il rischio che il mezzo sia concesso in uso dall’affidatario ad altre persone, e non può sottrarsi alla responsabilità nel caso di sinistro. In applicazione di tale principio questa Corte ha già ripetutamente affermato che l’affidamento d’un veicolo a terzi, con espresso divieto di farne uso, non vale ad escludere la responsabilità del proprietario, se all’affidatario siano anche consegnate – come nel caso di specie – le chiavi del veicolo (Sez. 3, Sentenza n. 3299 del 13/10/1975, Rv. 377415 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8461 del 17/10/1994, Sez. 3, Sentenza n. 12255 del 03/12/1998, Rv. 521359 – 01; Rv. 488111 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10027 del 01/08/2000, Rv. 538973 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 14/07/2011, Rv. 619233 – 01). 1.3. I princìpi sin qui esposti trovano applicazione anche nelle ipotesi in cui il proprietario affidi il proprio veicolo a persona la quale, a sua volta, lo affidi ad un terzo. Il proprietario, infatti, in quanto soggetto risultante dai pubblici registri, è individuato dalla legge come responsabile civile a tutela dei diritti del terzo danneggiato. Pertanto la circostanza che il mezzo sia affidato “a cascata” a più soggetti non esclude la responsabilità del proprietario, perché non costituisce una ipotesi di circolazione “prohibente domino”. Chi, infatti, affida il proprio mezzo a terzi accetta per ciò solo l’eventualità o il rischio che il veicolo possa essere consegnato dall’affidatario ad altre persone, del cui operato il proprietario è perciò tenuto a rispondere (Sez. 3, Sentenza n. 591 del 14/02/1975, Rv. 373907 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3138 del 12/04/1990, Rv. 466656 – 01). La responsabilità del proprietario, anche nel caso di affidamento del mezzo a terzi, potrebbe essere esclusa nel solo caso in cui il mezzo sia stato sottratto alla disponibilità dell’affidatario senza colpa di quest’ultimo. Ma per quanto detto, la colpa dell’affidatario potrebbe essere esclusa solo nel caso in cui risultassero da quello adottate tutte le misure concrete, esigibili alla stregua dell’ordinaria diligenza, intese a prevenire la circolazione del mezzo. 1.4. Il proprietario di un veicolo pertanto risponderà dei danni causati dalla circolazione: -) se il mezzo gli viene sottratto contro la sua volontà, se non aveva adottato concrete ed efficaci misure, in base alle circostanze, per impedirne la circolazione; -) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che poi dovesse causare un sinistro; -) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che, a sua volta, lo affidi ad un terzo il quale causi un sinistro; -) se il mezzo viene da lui consensualmente affidato a persona che se lo lasci sottrarre da un terzo per incuria o trascuratezza. Il proprietario, invece, non risponderà dei danni causati dalla circolazione del veicolo se lo affidi a persona alla quale venga poi sottratto da un terzo con violenza, minaccia o effrazione, nonostante l’affidatario avesse adottato tutte le concrete misure esigibili, alla stregua dell’ordinaria diligenza per evitarne la circolazione. 1.5. Nel caso di specie è lo stesso ricorrente ad allegare che il conducente del veicolo e responsabile del sinistro se ne impossessò “approfittando del fatto che [Angelo Verderame, e cioè l’affidatario] aveva lasciato la chiave di accensione inserita nel motociclo”. Una condotta, dunque, dell’affidatario inidonea ad impedire la circolazione, e dunque colposa: come tale insufficiente ad escludere a sua volta la responsabilità del proprietario. Col secondo motivo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe nulla, per avere rigettato le sue eccezioni senza consentirgli di provarne per testimoni il fatto costitutivo. Deduce di avere chiesto già in primo grado di provare per testimoni che Paolo Di Giacomo si impossessò del motociclo “nonostante l’espresso divieto impostogli da Angelo Verderame”, e che tale richiesta era stata rigettata “immotivatamente”. 2.1. Il motivo è manifestamente infondato. La Corte d’appello non ha affatto rigettato “immotivatamente” il motivo di appello inteso a sollecitare l’ammissione delle prove, ma ha spiegato che quelle prove erano irrilevanti. E l’ha fatto pour cause, dal momento che, in virtù di quanto già detto, alcun divieto verbale può valere ad escludere la responsabilità del custode. Un veicolo a motore è una cosa potenzialmente esiziale, e chi ne è proprietario non esce dall’alternativa: se vuole evitare la responsabilità di cui al terzo comma dell’art. 2054 c.c. deve impedirne l’uso a terzi, quali che essi siano; se lo concede in uso, egli è dalla legge fatto garante dei danni causati dalla circolazione. Di conseguenza provare per testimoni che il proprietario o l’affidatario del mezzo avessero vietato verbalmente l’uso del veicolo è circostanza inidonea ad escludere la responsabilità del proprietario. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. PQM (-) rigetta il ricorso; (-) condanna Francesco Verderame alla rifusione in favore di Società Reale Mutua di Assicurazioni delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.600, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55; (-) ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 22 febbraio 2024.

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