Il dipendente della casa di cura, accusato d’essere un molestatore sessuale, è licenziato per giusta causa anche se il giudice del lavoro non sente la vittima dell’abuso. Sono, infatti, sufficienti le dichiarazioni della persona offesa, acquisite dalla polizia giudiziaria durante l’indagine penale, cosicché <<la ripetizione della prova testimoniale della vittima nella causa sul licenziamento risulta superflua perché il giudice può trarre il suo convincimento anche dalle prove atipiche laddove si è instaurato il contraddittorio sui verbali depositati>>, in questo caso nella fase delle indagini svolte dal Pubblico Ministero o dalla polizia in sede penale. Se dai documenti, quindi, si ricavano elementi sufficienti a ricostruire l’intera vicenda non occorrerà riascoltare la vittima della violenza, e ciò anche se nel procedimento penale sia mancato il vaglio critico del dibattimento perché, ad esempio, l’imputato ha patteggiato. È quanto emerge da un’ordinanza pubblicata il 14 maggio scorso dalla sezione lavoro della Cassazione. I Giudici della Suprema Corte hanno, così, sancito la definitività del provvedimento espulsivo adottato dalla clinica privata nei confronti del dipendente che, con la scusa del massaggio all’addome, aveva toccato la paziente, reduce da un intervento chirurgico, nelle parti intime. Una volta dimessa dalla struttura, la signora si recava al Pronto soccorso e, anche se non potevano esserci segni visibili di violenza, ai Giudici è bastato il referto che riportava comunque le affermazioni dell’interessata, ritenendo le stesse appunto veritiere.
Il codice rosso, dunque, colpisce non solo i casi di violenza domestica ma ugualmente tutte quelle condotte che anche in ambienti diversi da casa manifestano la loro carica di abuso nei confronti della donna. Se turba osservare che un episodio di violenza sessuale possa essersi verificato ad opera di chi svolge una professione sanitaria, all’interno di una struttura che dovrebbe proteggere, è tuttavia drammaticamente noto come i casi di violenza, anche sotto la forma della molestia, siano invece assai diffusi negli ambienti di lavoro, per esempio tra colleghi, che siano impegnati in strutture pubbliche o private, nelle professioni, nello sport e nella scuola; questi ultimi due ambienti anch’essi luoghi di tutela e di protezione ma purtroppo non esenti da un fenomeno che ancora non in pochi tentano di giustificare riducendolo a retaggio di un modello culturale che, si usa dire, tollerava, ed anzi consentiva, impunemente di <<allungare le mani>>. Mae West, la grande attrice americana considerata la prima sex symbol del cinema, nota anche per la sua ironia e per i doppi sensi con cui sconvolse l’America puritana, amava ripetere che se <<date mano libera a un uomo, ve la ritroverete dappertutto>; lo diceva 80 anni fa: siamo sempre fermi lì?
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