QUANDO LA MANIPOLAZIONE NASCONDE LA REALTA’

La manipolazione mentale è l’atto di modificare il pensiero e le credenze di un soggetto bersaglio, inducendo quest’ultimo al soddisfacimento dei bisogni o dei voleri del manipolatore. La distorsione della realtà è solo una delle tecniche utilizzate per avere il pieno controllo sulla vittima, le cui emozioni divengono fili di un burattino manovrabile a proprio piacimento. Il manipolatore è infatti capace di influenzare i comportamenti della propria vittima in maniera del tutto naturale, rendendola inconsapevole della propria sottomissione. Vi sono fasi differenti nella manipolazione mentale ed ognuna di queste, porta ad un controllo sempre maggiore. La prima comprende il graduale isolamento della vittima,
costringendola a conformarsi all’idea di avere il proprio partner come unico supporto la cui priorità è rappresentata dalla presa in cura e dalla felicità della coppia. Una volta che il soggetto bersaglio si allontana -spesso senza realmente prenderne coscienza- dalle persone a lui care, si sviluppa in quest’ultimo una vulnerabilità tale da essere facilmente portato a dipendere affettivamente e fisicamente dal proprio manipolatore. Si sviluppa così la cosiddetta ‘dipendenza affettiva’, nonché il primo tassello di un puzzle venefico. Essendo, quindi, assoggettata dal partner, la vittima tenderà a dare maggior rilievo agli stati d’animo del proprio aguzzino, il quale -consapevole- inizia un vero e proprio percorso di sottomissione emotiva utilizzando principalmente tre tecniche, tra cui il senso di colpa. Questo, se ben dosato, è capace di creare un circolo vizioso in cui la vittima si percepisce come in costante debito col proprio manipolatore. Al senso di colpa, inoltre, si aggiunge quello che è definito ‘ricatto emotivo’, nonché il tentativo, da parte dell’abusante, di utilizzare un ricatto basato sull’affettività della coppia al fine di ottenere ciò che desidera (es. ‘se mi amassi davvero, lo faresti per me, altrimenti vuol dire che non mi ami ’). Questo, porta la vittima a fare i conti col timore di non essere all’altezza della relazione e, quindi, ad un sentimento d’inadeguatezza importante. Allo stesso tempo però, entra in gioco il terzo tassello di quello che è un puzzle emotivamente distruttivo, nonché la comunicazione passivo-aggressiva. In questa tipologia di comunicazione, il manipolatore sminuisce ed ostacola la vittima al fine di mantenere il controllo su di lei, negandole iniziative o desideri propri poiché ritenuti meno importanti di quelli dell’abusante. Ciò che però porta maggiormente il soggetto a conformarsi con queste situazioni, è il ‘silenzio punitivo’, ossia la negazione -da parte dell’abusante- di un dialogo costruttivo e riparatorio, obbligandola ad accettare le condizioni imposte dal partner pur di mantenere ‘stabile’ il rapporto e non essere la causa di discussioni a cui non riesce emotivamente a far fronte. Seppur possa apparire un perfetto partner, dunque, questi punti delineano una personalità poco empatica e principalmente incentrata sui propri desideri. Normalmente, infatti, i manipolatori hanno tratti narcisistici, lasciando quindi trapelare una tendenza al soddisfacimento dei propri voleri piuttosto che quelli di terzi. Il loro desiderio quasi ossessivo di ottenere ciò che desiderano, li porta spesso a forme di aggressività tali da incidere in maniera anche irreversibile sulla vittima, andando a minare l’autostima e rendendola, quindi, estremamente vulnerabile. È altresì rilevante il loro distacco emotivo che li rende particolarmente piatti sul piano affettivo e piuttosto egoisti. Il manipolatore ha una maggior tendenza a scegliere vittime con caratteristiche ben precise quali, per esempio, soggetti particolarmente ingenui o con bassa autostima, la cui persuasività è elevata. La possibilità di prendere coscienza della situazione, in questo contesto, si presenta quasi assente, facendo- di questi soggetti- dei bersagli ideali. Sono altresì molto comuni le manipolazioni su individui soli, nonché più propensi ad una relazione che possa colmare il sentimento di abbandono. Una persona sola, infatti, ha maggior tendenza a ricercare qualcuno che possa accettarla e prendersi cura di lei, non accorgendosi, però, dei comportamenti errati del nuovo partner. La manipolazione, infatti, lega gradualmente la vittima al proprio abusante attraverso momenti di complicità e benessere relazionale per poi, una volta saldato il legame, iniziare il processo di ricatto emotivo, senso di colpa e silenzio punitivo. Il tentativo di trattenere a sé il soggetto bersaglio può apparire come un’eccessiva gelosia data dall’amore tra i due partner, celando invece una vera e propria personalità manipolatrice narcisistica. È possibile, inoltre, riscontrare nelle vittime una tendenza a giustificare gli atteggiamenti dell’abusante poiché, nella prima fase di isolamento dagli affetti, il manipolatore crea una persuasione indotta secondo la quale si presenta come l’unico sempre fedele e disposto ad amare il soggetto bersaglio. Così facendo, con la convinzione di essere in debito, la vittima tende ad assecondare i comportamenti del manipolatore, difendendolo dalle accuse di chi, invece, vede ciò che realmente si cela sotto la maschera. Estremamente difficile da riconoscere, il manipolatore si presenta come una persona carismatica, nascondendo una pericolosa realtà a cui, spesso, si finisce per credere. Seppur possa avvenire in qualsiasi contesto, quello relazionale è il più comune e, non per caso, il più pericoloso. Un partner manipolatore, infatti, è capace di portare la propria vittima allo sfinimento e, non così raramente, ad un vero e proprio disturbo depressivo. ‘Manipolazione è quando ti danno la colpa per la tua reazione alla loro mancanza di rispetto’.

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