PROCESSO CIVILE – SOSPENSIONE “FERIALE” – ASSEGNO MANTENIMENTO CONIUGE/FIGLI

Cass. Civ., Sez. Un., Sentenza 13.05.2024 n.12946 (Udienza del 30.01.2024) : Processo civile – Sospensione “feriale” – Cause concernenti l’assegno di mantenimento di coniuge e/o figli e l’assegno divorzile – Inapplicabilità dell’eccezione prevista per le cause alimentari.

PREMESSO, che nell’elenco delle cause alle quali la sospensione non è applicabile compaiono quelle “relative ad alimenti” (art. 92 ord. giud. come richiamato nell’art. 3 della legge n. 742 del 1969). Fatti di causa: … omissis .. ha chiesto, ai sensi dell’art. 9 legge div., di essereesonerato dall’obbligo di versare all’ex coniuge l’assegno di mantenimento delle figlie, e , stabilito nel giudizio di divorzio in 5.000,00 EUR. Il tribunale di Napoli ha respinto il ricorso osservando che le giovani, per quanto maggiorenni e laureate, erano ancora in una condizione di permanenza temporanea fuori sede, con conseguente conservazione della legittimazione della madre a ricevere l’assegno. La decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Napoli perché la mancanza di convivenza delle figlie con la madre aveva costituito una condizione determinativa del venir meno della di lei legittimazione a chiedere e ottenere, iure proprio, l’assegno. Specificamente la corte d’appello ha ritenuto che l’età delle figlie, i percorsi intrapresi in conformità degli studi e le esperienze lavorative e professionali successivamente svolte fossero tali da sostenere la conclusione della possibilità di accesso ad altre esperienze lavorative qualificanti, in linea con le prospettive di ognuna, del contesto familiare e dell’ambiente socioeconomico nel quale esse erano inserite; sicché la residenza di entrambe a Milano doveva essere considerata come oramai non più temporanea. Era quindi venuto meno il presupposto della convivenza delle figlie con la madre e di conseguenza non poteva ritenersi esistente neppure la legittimazione di quest’ultima pretendere l’assegno in nome delle stesse, salva rimanendo la loro eventuale iniziativa diretta. La … OMISSIS … ha proposto ricorso per cassazione … omissis … Con ordinanza interlocutoria n. 27514 del 2023 la Prima sezione civile di questa Corte aveva chiesto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla pregiudiziale questione relativa alla tempestività del mezzo, perché il ricorso è stato notificato il 26.10.2021 a fronte di decreto a sua volta notificato, per ammissione della stessa parte, il 27.7. 2021. Ne deriverebbe la necessità di stabilire se alle liti in materia di mantenimento per i figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti sia applicabile, o meno, la sospensione dei termini processuali prevista dagli artt. 3 della legge n. 742 del 1969 e 92, primo comma, dell’ord. giud.; soluzione condizionata dal significato da annettere alla locuzione “cause civili relative ad alimenti” prevista da tale seconda norma quanto agli affari civili da trattare in periodo feriale, perché sottratti alla sospensione dei termini. La 1^ Sezione Civile rimettente ha ravvisato l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza insorto per effetto di una recente ordinanza della stessa Prima sezione (la n. 18044 del 2023) che, mutando il quadro dei principi fin a ora espressi in modo all’apparenza consolidato, ha stabilito che nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali; sicché tali cause sarebbero ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie. Le Sezioni Unite Civile hanno così statuito dettando il seguente PRINCIPIO di DIRITTO: “Ai giudizi o ai procedimenti di revisione delle condizioni di separazione o di divorzio, nei quali si discuta del contributo di mantenimento o dell’assegno divorzile nelle varie forme, resta applicabile la disciplina sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, salvo che non ricorra il decreto di riconoscimento dell’urgenza della controversia (art. 92 Ord. Giud.) nel presupposto che la sua ritardata trattazione possa provocare grave pregiudizio alle parti”.


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