Con la Sentenza n. 44/2023 pubblicata il 30. 11.2023 il Giudice del Lavoro del Tribunale di Rovereto, ha dichiarato nullo, per discriminazione dovuta alle patologie di cui soffriva il lavoratore, un licenziamento.
FATTO: “Con ricorso del 20 luglio 2023, … omissis .. impugnava il licenziamento per superamento del periodo di comporto comunicatogli da Sicor s.r.l. il 23 dicembre 2022, esponendo di aver lavorato alle sue dipendenze dal 1 giugno 2012, con inquadramento come operaio IV° livello del CCNL Metalmeccanici Industria. Il ricorrente narrava di soffrire da lungo tempo di una gonalgia bilaterale, che l’aveva costretto a diversi periodi di malattia e ad un intervento chirurgico e ne comprometteva le abilità di locomozione e, più in generale, la qualità di vita. Riferiva che tale patologia gli impediva di svolgere le proprie mansioni – consistenti nell’assemblaggio e nella movimentazione, con l’ausilio di macchinari, di pezzi metallici pesanti – in condizioni di parità con gli altri lavoratori e riteneva, quindi, che le sue condizioni rientrassero nella definizione di handicap adottata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione della Direttiva 2000/78/CE. Riteneva, allora, il licenziamento discriminatorio, e ne chiedeva l’accertamento della nullità, con condanna della società convenuta alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento dell’indennità prevista dall’art. 18 c. 1 e 2 St. Lav.” . Il giudice di Rovereto ha dichiarato il licenziamento per superamento del periodo di comporto subito dal ricorrente nullo per discriminazione, reintegrando così il lavoratore. MOTIVAZIONE SENTENZA: La domanda proposta in via principale dal ricorrente dev’essere accolta. Risulta fondata, infatti, la ricostruzione della difesa del lavoratore, secondo cui il licenziamento subito da quest’ultimo è nullo in quanto discriminatorio, con conseguente applicazione dei primi due commi dell’art. 18 St. Lav. Le condizioni sanitarie del ricorrente rientrano nella definizione di disabilità elaborata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La gonalgia sofferta dal lavoratore è di certo di lunga durata e rappresenta una minorazione fisica idonea a ostacolare la sua partecipazione in condizioni di parità alla vita professionale. Ciò anche alla luce delle attività da egli concretamente svolte, consistenti principalmente nella movimentazione, con l’ausilio di macchinari, di pesanti pezzi metallici. Quanto appena affermato è ampiamente dimostrato dalla copiosa documentazione medica versata in atti dal ricorrente; la società convenuta, costituitasi tardivamente in giudizio, è, peraltro, decaduta dalla possibilità di introdurre eventuali evidenze istruttorie di segno contrario. Risultano, allora, pienamente integrati tutti i requisiti elaborati dalla giurisprudenza di rango eurounitario perché una patologia sia considerabile disabilità ai fini del diritto antidiscriminatorio (cfr. in particolare CGUE 18 gennaio 2018 C-270/16, Ruiz Conejero; CGUE 11 aprile 2013 C-335/11 e C-337/11, HK Danmark). Ai fini dell’accertamento di eventuali condotte discriminatorie sul luogo di lavoro, non rileva che la disabilità non sia stata riconosciuta ai sensi della legge 104/1992, della L. 68/1999 o, comunque, non rientri nelle varie definizioni di inidoneità o inabilità dettate da discipline settoriali di diritto interno. Non esiste, infatti, una definizione di disabilità univoca tra i vari settori dell’ordinamento e, in ambito giuslavoristico, la condizione di disabilità dipende solo dall’accertamento della menomazione fisica del lavoratore (Cass. 23338/2018; Trib. Milano sez. lav. 12 giugno 2019). Tanto chiarito, il licenziamento per superamento del periodo di comporto subito dal ricorrente è di certo nullo: l’applicazione di un periodo di comporto di uguale durata tra lavoratori non disabili e disabili rappresenta, di per sé, una condotta discriminatoria (cfr. da ultimo Cass. civ. 9095/2023), e l’applicazione di eventuali norme di un contratto collettivo che non prevedano tale distinzione – come quello Cisal-Anpit indicato dalla datrice di lavoro – rappresenta una palese violazione di legge. Inoltre, la società convenuta – costituitasi tardivamente in giudizio e decaduta da ogni richiesta istruttoria – non ha, chiaramente, offerto la dimostrazione di aver adempiuto all’obbligo di predisporre accomodamenti ragionevoli in favore della conservazione del posto di lavoro del disabile. Tale onere della prova incombe sul datore di lavoro; a tal proposito, non può trascurarsi che Sicor s.r.l. ha omesso di informare, in qualunque modo, il dipendente dell’approssimarsi della scadenza del periodo di comporto. Anche alla luce della particolare interpretazione del contratto collettivo Cisal-Anpit adottata dall’azienda, pare lecito far rientrare tale avvertimento tra gli accomodamenti ragionevoli che la datrice di lavoro aveva il dovere di predisporre in favore del dipendente disabile (in tal senso, cfr. Corte d’Appello di Trento, sentenza n. 8 del 09/03/2023). Lo stesso contratto Cisal Anpit permette, infatti, al lavoratore di usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita al fine di allungare il periodo in cui conserva il diritto alla conservazione del posto di lavoro; il lavoratore ha comunicato all’azienda l’intenzione di avvalersi di tale diritto, ma solo dopo che il periodo di comporto, nell’interpretazione dell’azienda, era già scaduto. L’avvertimento preventivo al lavoratore avrebbe di certo consentito di vagliare con maggiore attenzione tale possibilità. La condotta di Sicor s.r.l., dunque, risulta illegittima anche dal punto di vista del dovere di predisposizione di accomodamenti ragionevoli: ciò rappresenta un ulteriore elemento di discriminazione che porta alla nullità del licenziamento. L’accertamento della natura discriminatoria del licenziamento rende superflua l’analisi degli ulteriori motivi di ricorso, riguardanti il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro e l’interpretazione della disciplina del periodo di comporto contenuta nel contratto Cisal-Anpit. In definitiva, la convenuta va condannata a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro precedentemente occupato ed a corrispondergli un’indennità commisurata ad una retribuzione globale di fatto di Euro 2.601,15 – importo non oggetto di contestazione tra le parti – mensili dal giorno del licenziamento sino a quello di effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Spese. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede: 1) accerta e dichiara la nullità del licenziamento intimato al ricorrente in data 23/12/2022 e, per l’effetto, condanna la convenuta a reintegrarlo nel posto di lavoro precedentemente occupato ed a corrispondergli un’indennità commisurata ad una retribuzione globale di fatto di Euro 2.601,15 mensili dal giorno del licenziamento sino a quello di effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali; 2) OMIISSIS … Così deciso in Rovereto il 30 novembre 2023. Il Giudice – dott. Michele Cuccaro