PARERE del Consiglio dell’Ordine di Firenze sulla incompatibilità dell’esercizio della funzione di insegnante di sostegno con la professione forense.
“Viene richiesto a questo Consiglio dell’Ordine se vi sia la possibilità per un avvocato di svolgere supplenze come insegnante di sostegno alla scuola secondaria di secondo grado nel caso in cui il professionista sia in graduatoria nella materia di scienze giuridiche ed economiche. Norme rilevanti. Vengono in rilievo le seguenti norme: l’art. 6 “Dovere di evitare incompatibilità” del Codice deontologico forense (“C.d.F.”) e l’art. 18 “Incompatibilità” della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense), nonché l’art 19 della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense). Stabilisce l’art 6 del codice deontologico forense che: “1. L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo. 2. . L’avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense”. Stabilisce l’art. 18 della legge 31.12.12 n. 247 che: 1. La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro; b) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”. Stabilisce l’art. 19 (Eccezioni alle norme sulla incompatibilità) della legge 31.12.12 n. 247 che: “1. In deroga a quanto stabilito nell’articolo 18, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. 2. I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l’attività professionale nei limiti consentiti dall’ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell’elenco speciale, annesso all’albo ordinario. 3. È fatta salva l’iscrizione nell’elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall’articolo 23”. Esistono, quindi, ipotesi specifiche in cui il rapporto di lavoro subordinato non è di per sé ostativo all’iscrizione. L’art. 19 della l. 247/2012 stabilisce infatti, al comma I, che: “In deroga a quanto stabilito nell’articolo 18, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici”. In ordine alla portata di tale norma si è espressa la Suprema Corte a Sezioni Unite che, con sentenza n. 21949 del 28.10.2015, ha affermato che: “…ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” (art. 18, comma 1, lett. d) – l’art. 19, al comma 1, fa salva un’eccezione con riguardo all’ “insegnamento o alla ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici”. La nuova legge dà rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge (nelle università, nelle scuole secondarie e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione), ma – e ciò costituisce una novità rispetto al testo precedente – anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle “materie giuridiche”. Si deve pertanto ritenere che l’insegnamento di materie giuridiche nella scuola secondaria sia compatibile con lo svolgimento della professione di avvocato. Le funzioni e le competenze dell’insegnante di sostegno. I compiti dell’insegnante di sostegno consistono essenzialmente nel supportare l’alunno con disabilità nel suo percorso di apprendimento, predisponendo percorsi didattici personalizzati utilizzando anche strategie e metodologie didattiche particolari e innovative, lavorando con la classe e gli altri insegnanti per l’instaurazione di un clima positivo e favorevole all’integrazione. L’insegnante di sostegno si interfaccia con le strutture sanitarie competenti a trattare la disabilità dell’alunno e con la famiglia di quest’ultimo; egli/ella svolge quindi, soprattutto, la funzione di facilitatore dell’apprendimento e dell’inclusione scolastica. Le competenze specifiche richieste all’insegnante di sostegno riguardano quindi l’ambito pedagogico, didattico e relazionale. Pur essendo contitolare della classe insieme agli altri insegnanti, all’insegnante di sostegno non fa carico l’insegnamento di una specifica materia. Si deve considerare tuttavia che, tutt’ora, una buona parte delle assunzioni su posto di sostegno avvengono attingendo dalle graduatorie costituite sulla base delle classi di concorso di appartenenza, e i docenti in possesso del titolo di specializzazione sono inseriti in un apposito elenco dei docenti specializzati, con un punteggio che è mutuato da quello delle relative classi di concorso di appartenenza. Esiste cioè, ancora oggi, in molti casi, uno stretto legame fra insegnamento per il sostegno e la classe di concorso di appartenenza. L’insegnante di sostegno è dunque un insegnante abilitato all’insegnamento di una determinata materia curriculare. Egli/ella tuttavia non svolge la funzione di insegnante in quella determinata materia, ma supporta l’alunno con disabilità e la classe nel percorso di apprendimento, integrazione e inclusione. Non esiste sul punto specifico della compatibilità fra l’insegnamento per il sostegno nella scuola superiore e la professione di avvocato alcuna giurisprudenza nel del CNF, né degli organi giurisdizionali ordinari. Al fine di poter esprimere il parere richiesto per valutare la compatibilità della professione con l’attività di insegnamento per il sostegno, questo Consiglio ritiene dunque di dover considerare il fatto che la norma fa riferimento all’insegnamento di materie giuridiche ritenendo compatibile con la professione forense solo l’insegnamento che abbia come oggetto le stesse. Si tratta di norma di stretta interpretazione che non ammette estensione analogica. Il Consiglio ritiene pertanto che l’assunzione della funzione di insegnante per il sostegno non sia compatibile con il mantenimento dell’iscrizione all’albo degli avvocati. Conclusioni: L’insegnamento in materie giuridiche, da effettuarsi presso Scuole Secondarie Pubbliche o Private Parificate è compatibile con la professione di avvocato. A parere di questo Consiglio, invece, l’assunzione della funzione di insegnante per il sostegno nella scuola secondaria, in quanto avente a oggetto non l’insegnamento di materie giuridiche, bensì la predisposizione di percorsi didattici specifici per l’alunno con disabilità, nonché un lavoro con il gruppo classe diretto all’inclusione e all’integrazione di tutti i suoi componenti, non è compatibile con il mantenimento dell’iscrizione all’albo degli avvocati. Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che: – con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine; – ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo; – pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.” (Fonte Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, del 29.04.2022, cura di Francesco Achille Rossi)
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 28 ottobre 2015, n. 21949. “Ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” (art. 18, comma 1, lettera d, legge n. 247 del 2012) – l’art. 19, al comma 1 (stessa legge), fa salva un’eccezione con riguardo all’”insegnamento o [al]la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici”. Ai fini dell’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge da quindi rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge (nelle università, nelle scuole secondarie e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione), ma – e ciò costituisce una novità rispetto al testo precedente – anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle “materie giuridiche”. L’univoco tenore letterale dell’art. 19 non ne consente una lettura estensiva tale da ricomprendere nell’ambito dell’eccezione, in nome dell’unitarietà della funzione docente, anche i docenti della scuola primaria, che insegnanti in materie giuridiche non sono. Una diversa interpretazione non solo non si muoverebbe nel rispetto delle potenzialità obiettive del dato testuale, ma anche non terrebbe conto della ratio della riforma, che è quella di ammettere un’eccezione, alla regola che sancisce l’incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione e che vale anche per i docenti e i ricercatori, soltanto là dove l’insegnamento e la ricerca (costituenti la prestazione lavorativa) si esplichino in un settore disciplinare (“materie giuridiche”) comune a quello che tipicamente caratterizza la professione di avvocato.”
LA VICENDA ALL’ATTENZIONE DELLE SEZIONI UNITE RIGUARDAVA: “La Dott.ssa B.M., dipendente del Ministero dell’istruzione quale insegnante di scuola primaria a tempo indeterminato part-time per 16 ore settimanali, in data 9 gennaio 2013 ha presentato richiesta di iscrizione all’albo degli avvocati di Milano, a seguito del prescritto periodo biennale di pratica professionale e del superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. Con decisione in data 25 luglio 2013, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano ha rigettato l’istanza di iscrizione, ritenendo ad essa preclusivo l’art. 19, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), ai cui sensi l’esercizio della professione, in deroga a quanto stabilito nell’art. 18, è compatibile esclusivamente con l’insegnamento e l’attività di ricerca in materie giuridiche.”