Con la sentenza sotto riportata, il Tribunale di Foggia, ha annullato un avviso di addebito Inps per violazione dell’art. 24, comma 3, Decreto Legislativo 46/99, in quanto emesso in pendenza dell’impugnazione dinanzi alla Commissione Tributaria dell’accertamento da cui traeva origine.
TRIBUNALE DI FOGGIA – Sezione Lavoro e Previdenza. Il Giudice dott. Mario De Simone, alla pubblica udienza del 12.10.2023 ha pronunciato la seguente Sentenza, nella controversia iscritta al n. 1762 \2019 del ruolo generale: Tra … omissis … , rappresentato\a e difeso\a dall’avv. … omissis … , in virtù di procura in atti, presso il cui studio elettivamente domicilia, Contro I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso come in atti, Con ricorso depositato in data 14.2.2019 parte ricorrente impugnava l’avviso di addebito n. 343 2018 0004284957000 del 24 dicembre 2018, notificato in data 12 gennaio 2019, emesso sulla base di un avviso di accertamento che aveva accertati maggiori redditi non dichiarati per l’anno 2012. Parte ricorrente eccepiva la violazione dell’art 24 comma III DLGS 46/1999 e nel merito contestava la maggiore pretesa. Si costituiva l’inps che chiedeva il rigetto della pretesa attorea. Nel merito: l’opposizione è fondata. Sull’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per violazione dell’art. 24 c. 3 Decreto Legislativo n. 46/99 si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 8379 del 2014, che ha pronunciato il seguente principio generale di diritto: “(…) in materia d’iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali il Decreto Legislativo n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, il quale prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia un provvedimento esecutivo del giudice qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle entrate, né è necessario, ai fini di detta non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento davanti all’autorità giudiziaria anche quando detto accertamento è impugnato davanti al Giudice tributario”. Da tale sentenza pertanto si desume che, laddove l’avviso di accertamento sia impugnato davanti alla competente Commissione Tributaria, è preclusa all’INPS la possibilità di riscuotere il proprio credito contributivo, sino a quando non vi sia un provvedimento esecutivo del giudice. Inoltre, secondo la Cassazione, non è neppure necessario che l’INPS sia messo a conoscenza di tale impugnazione innanzi la Commissione Tributaria adita. I principi affermati dalla sentenza n. 8379/2014 sono stati successivamente ripresi da altre pronunce, sia di legittimità che di merito. Quale giurisprudenza della Cassazione si può citare la sentenza n. 4032/2016, che affronta un caso del tutto analogo a quello della sentenza n. 8379/2014 e ne ribadisce i principi. L’opposizione va dunque accolta per il solo motivo esaminato con declaratoria dell’illegittimità della pretesa azionata con l’avviso di addebito impugnato. Spese a carico dell’inps soccombente. P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da … omissis … nei confronti di INPS FOGGIA con ricorso depositato il 14.02.2019 , nella causa iscritta al n. 1762/2019 R.G.A.C. così provvede: dichiara l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per violazione dell’art. 24 c. 3 Decreto Legislativo 46/99 e di conseguenza dichiara non dovute la somme di cui all’avviso di addebito n. 343 2018 0004284957000; condanna l’INPS al pagamento delle spese in favore dell’opponente, liquidate in E. 2.100,00 oltre rimborso delle spese generali, del C.U. se versato, IVA e CAP come per legge con distrazione. Foggia, 12.10.2023 . Il Giudice dr Mario De Simone.