ABOGADOS e AVOCAT: RICONOSCIMENTO DEI TITOLI STRANIERI

SENTENZA CONSIGLIO di STATO 13 LUGLIO – 29 SETTEMBRE 2023

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Terza) (N. 08573/2023REG.PROV.COLL. N. 07939/2018 REG.RIC.) ha pronunciato la presente  SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7939 del 2018, proposto da -OMISSIS–, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Bisagna, Massimo Sidoti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Faberi in Roma, via Fabio Massimo 60; contro Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Commissario Ad Acta, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n.-OMISSIS-, resa tra le parti.  Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO: 1. Il dottor -OMISSIS–, odierno appellante, rappresenta di aver conseguito in Spagna, previa omologazione del diploma di laurea italiano, il titolo, mai annullato, di abogado, e di essere iscritto presso il Colegio de Abogados di Santa Cruz de La Palma dal 15 gennaio 2015. Giova evidenziare che l’interessato aveva ottenuto l’omologa della laurea in giurisprudenza acquisita in Italia, con provvedimento reso il 12 novembre 2014 dal Ministerio de Education, in seguito ad apposita istanza del 23 gennaio 2014. 2. In data 23 febbraio 2015, il dottor -OMISSIS– ha chiesto al Ministero della Giustizia il riconoscimento del proprio titolo di abogado a norma dell’art. 16, d.lgs. n. 206 del 2007 – attuativo della direttiva 2005/36/CE – per poter beneficiare del c.d. stabilimento immediato, previa partecipazione all’esame riservato agli avvocati stranieri ex d.m. n. 191 del 2003. Trascorsi alcuni mesi, il predetto ha proposto un ricorso contro il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione dinanzi al Tar Lazio, che, con sentenza n. 4180 del 6 aprile 2016, ne ha dichiarato l’illegittimità, condannando il Ministero a concludere il procedimento. Nel protrarsi dell’inerzia, l’istante ha nuovamente adito il Tar Lazio per ottenere la nomina di un commissario ad acta ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a., individuato, con ordinanza n. -OMISSIS-, nel Capo di Gabinetto pro tempore del Ministero della Giustizia. 3. Il 22 luglio 2016, il Ministero della Giustizia ha informato l’interessato che il precedente 7 luglio era stato emesso un diniego di riconoscimento del suo titolo di abogado. Nello specifico, determinandosi anche sulla base del parere negativo al riconoscimento dei titoli di 333 abogados italiani – tra cui quello riguardante l’appellante – espresso all’esito della conferenza di servizi tenutasi il 9 giugno 2016, l’Amministrazione ha motivato il rigetto in quanto secondo le informazioni acquisite dalle Autorità spagnole attraverso il sistema IMI – ed in particolare con la decisiva IMI n. -OMISSIS-del 2016 – il titolo professionale di abogado conseguito dall’istante sarebbe da considerarsi irregolare per via del mancato ottenimento del master in avvocatura e del superamento dell’esame di Stato, obbligatori in Spagna dal 30 ottobre 2011, in virtù dell’entrata in vigore della ley n. 34 del 2006. In particolare, nel diniego si legge che: – dalle informazioni pervenute attraverso il sistema IMI dal Ministerio de Justicia e dal Consejo General de la Abogacia Espanola, sarebbe emerso che “ai sensi della ley n. 34 del 2006, per coloro, come l’istante, che abbiano presentato richiesta di omologazione del proprio titolo straniero di laureato in giurisprudenza in epoca successiva al 31 ottobre 2011, sono richiesti specifici requisiti al fine dell’accesso alla professione di abogado in Spagna, costituiti dalla frequenza di un master e dal superamento dell’esame di stato in Spagna”; – in diverse comunicazioni ufficiali, il Ministerio de Justicia avrebbe segnalato che “le iscrizioni presso i Colegios di soggetti che – formulata l’istanza di omologazione del proprio titolo straniero di laureato in data successiva al 31 ottobre 2011- non abbiano frequentato un master e superato l’esame in Spagna, devono ritenersi irregolari”; – solo dopo reiterate richieste di chiarimenti il Consejo de la Abogacia Espanola – con risposta per mezzo del sistema IMI n. -OMISSIS-datata 11 maggio 2016 – avrebbe confermato che “si dovranno accettare soltanto le iscrizioni all’Albo di cittadini stranieri con titoli omologati, senza chiedere la formazione complementare prevista dalla ley 34 del 2006, quando il titolo presentato avesse iniziato la pratica di omologazione prima del 31 ottobre 2011”. Per quanto di interesse nella presente sede, rileva il Collegio che la Spagna aveva adottato, con la ley n. 34 del 2006, entrata in vigore il 31 ottobre 2011, una nuova disciplina interna per l’accesso alla professione forense, prevedendo – per la prima volta – che sarebbe stato necessario, per diventare abogado, acquisire un master e superare un esame di Stato, indetto dal 2014. Prima della menzionata legge, la laurea spagnola in giurisprudenza – al pari di quella italiana omologata in Spagna – era abilitante alla professione di abogado. A causa di dubbi interpretativi sulle disposizioni transitorie, successivamente aggiunte alla ley n. 34 del 2006, alcuni Colegios de abogados hanno continuato ad iscrivere nei propri Albi soggetti muniti di laurea straniera omologata ma privi dei nuovi requisiti. Dette iscrizioni tuttavia, secondo quanto comunicato dal Ministerio della Justicia alle Autorità italiane, sarebbero state, invece, da considerarsi irregolari, nonostante non risultano essere mai state sospese o invalide dai singoli Colegios. 4. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Lazio, il dottor -OMISSIS- ha impugnato detto diniego, unitamente al provvedimento con cui il commissario ad acta gli aveva comunicato di non poter provvedere, chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni. In sede di giudizio di primo grado, ne è stata dedotta, anzitutto, la nullità per violazione o elusione del giudicato, sul rilievo che il Tar Lazio, accogliendo il precedente ricorso contro il silenzio, avrebbe imposto al Ministero, prima di esprimersi, una ulteriore interlocuzione con le Autorità spagnole, che sarebbe invece mancata. In secondo luogo, è stata denunciata la violazione del principio del mutuo riconoscimento, secondo cui lo Stato membro ospitante non può sindacare la validità del titolo che non sia stato invalidato dalle competenti Autorità straniere, che la legge spagnola, nella fattispecie all’esame, individua nei Colegios de abogado. Il ricorrente ha altresì eccepito l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti, in quanto il Ministero si sarebbe determinato sull’erroneo presupposto che le Autorità spagnole, con la comunicazione IMI n. -OMISSIS-del 2016, avrebbero definitivamente dichiarato irregolari i titoli di abogado acquisiti dopo il 31 ottobre 2011 da soggetti privi dei nuovi requisiti richiesti dalla ley n. 34 del 2006, ove, per contro, proprio la citata comunicazione aveva dato conto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, che aveva trovato risoluzione in epoca successiva all’acquisizione del titolo da parte dell’interessato, in seguito alla sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia di Madrid del 29 giugno 2015. Infine, il ricorso ha lamentato una presunta disparità di trattamento, considerato che il titolo dell’interessato sarebbe identico a centinaia di titoli di abogados riconosciuti dal Ministero della Giustizia negli anni precedenti. 5. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lazio ha rigettato il ricorso. Ritenendo non integrata la dedotta violazione od elusione del giudicato, il Tar ha giudicato legittimo l’operato dell’Amministrazione, in virtù delle informazioni pervenute attraverso il sistema IMI – sistema di comunicazione ufficiale nell’ambito dell’Unione Europea – dalle Autorità spagnole. Proprio in forza di tali comunicazioni, l’Amministrazione italiana era stata informata della irregolarità del titolo di abogado conseguito dall’interessato, per assoluta carenza dei requisiti richiesti dalla ley n. 34 del 2006 di riforma dell’accesso alla professione forense in Spagna. Sarebbe dunque irrilevante la formale iscrizione in un Colegio de abogados, poiché ciò che era controverso sarebbe stato – a monte – il possesso in capo al soggetto dei requisiti sostanziali richiesti dall’ordinamento spagnolo per esercitare la professione. Peraltro, il diniego avrebbe recepito quanto stabilito nell’apposita conferenza di servizi del 9 giugno 2016, in cui era stato deciso, con parere unanime delle Autorità intervenute, di procedere al rigetto delle istanze di riconoscimento presentate da coloro che, avendo richiesto in data anteriore al 31 ottobre 2011 l’omologazione in Spagna della laurea conseguita in Italia, non dimostrassero di avere frequentato il master e di avere superato l’esame di Stato, secondo quanto previsto dalla ley n. 34 del 2006. 4. Con l’appello all’esame, notificato e depositato in data 9 ottobre 2018, è stata impugnata la citata sentenza, reiterando, sostanzialmente, le doglianze non accolte in primo grado ma ponendole in chiave critica rispetto all’avversata pronuncia. Con i primi due motivi, il gravame deduce la violazione degli artt. 54, comma 1, c.p.a. e 6, par. 1, CEDU nonché degli artt. 63 e 65, c.p.a., non avendo il Tar acconsentito al deposito tardivo di un documento rilevante ai fini del giudizio – ovverosia della comunicazione IMI n. 57353 del Consejo de la Abogacia Espanola relativa ai requisiti per iscriversi come abogado e all’Autorità deputata ad accertarli – ed avendo, peraltro, ignorato la richiesta di esercitare i poteri istruttori al fine di acquisire ulteriori informazioni circa la posizione dell’interessato, sebbene dai documenti versati in atti era emerso che il suo titolo era valido e che egli aveva patrocinato diverse controversie dinanzi alle giurisdizioni spagnole. Il terzo motivo lamenta l’erroneità dei presupposti dell’impugnata sentenza, sul rilievo che, dalla lettura integrale della comunicazione IMI fondante il diniego, la cui traduzione è stata contestata dagli scritti difensivi, sarebbe inesatto concludere che il Ministerio de Justicia aveva sconfessato l’operato dei Colegios de abogado, i quali non avrebbero annullato i titoli di abogado indebitamente ritenuti irregolari dall’Amministrazione. Con il quarto motivo di appello, si ripropone una censura sulla quale il Tar non si sarebbe pronunciato, relativa al contenuto della citata comunicazione. In particolare, la lettura integrale della risposta fornita dalle Autorità spagnole, allegata alla comunicazione n. -OMISSIS-del 2016, dimostrerebbe, in realtà, la legittimità delle iscrizioni nei Colegios anteriori alla sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia di Madrid del 29 giugno 2015, alla luce dell’interpretazione della ley n. 34 del 2006 fornita da alcuni organi giudiziali fino a tale data. Il Ministero della Giustizia, peraltro, avrebbe depositato una versione della comunicazione mal tradotta, manipolata e mancante di una parte essenziale favorevole all’appellante. Attraverso il quinto motivo, gli scritti difensivi eccepiscono la violazione del principio del mutuo riconoscimento, poiché, anche volendosi ammettere che le informazioni pervenute dal Ministero de Justicia – poste alla base del provvedimento di diniego – siano effettivamente sfavorevoli all’appellante, comunque non potrebbero assumere la portata dirimente che il Ministero prima ed il Tar poi gli hanno riconosciuto, atteso che il sistema IMI rappresenta un mero strumento di comunicazione tra gli Stati membri e considerato che in Spagna gli unici organi competenti a cancellare le iscrizioni sono i Colegios che nel caso di specie non vi hanno provveduto. Da ultimo, l’appellante insiste con la domanda risarcitoria. 5. In data 30 ottobre 2018, il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio. 6. Con memoria del 24 settembre 2021, l’appellante – precisando di conservare l’interesse alla decisione – ha rappresentato di avere conseguito il titolo di avvocato italiano, essendo stato dispensato, con provvedimento dell’Ordine degli Avvocati di Roma del 9 luglio 2019, dalla prova attitudinale, dopo aver esercitato in Italia per tre anni in modo effettivo con il titolo di abogado, secondo quanto previsto dalla direttiva 98/5/CE. Nella stessa memoria, si chiede altresì di acquisire nuovi documenti relativi a procedimenti che l’interessato risulta aver patrocinato dinanzi alle giurisdizioni spagnole. 7. Il Ministero appellato ha depositato memoria in data 10 giugno 2023, con la quale insiste per il rigetto dell’appello. 8. Con memoria del successivo 23 giugno, l’odierno appellante, replicando agli argomenti di controparte, ha chiesto di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, circa il valore da attribuire alle comunicazioni IMI ed in particolare circa la loro efficacia e le modalità di utilizzo. 9. All’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO: In premessa, osserva il Collegio che persiste l’interesse al ricorso in capo all’appellante. Sebbene il dottor -OMISSIS- sia stato dispensato dallo svolgimento della prova attitudinale, alla quale non era stato ammesso, avendo conseguito il titolo di avvocato italiano ai sensi della direttiva 98/5/CE, egli conserva un interesse alla rimozione del diniego reso dal Ministero della Giustizia. Si tratta infatti di un provvedimento che incide sull’immagine professionale del medesimo, in virtù delle affermazioni ivi contenute circa l’asserita irregolarità del suo titolo di abogado. Nel merito, l’appello è fondato. L’art. 3, d.lgs. n. 206 del 2007 – di attuazione della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali – sancisce, per quanto riguarda il nostro ordinamento, un principio di equipollenza dei titoli professionali nell’ambito dell’Unione Europea. In particolare, ispirandosi ad una regola di buon senso, prima ancora che giuridica, tale principio, prevede che, alla qualificazione professionale che il cittadino ottiene in altro stato membro, debbano essere attribuite medesime validità, efficacia ed estensione in Italia, con direttiva destinata ad operare anche in prospettiva delimitativa; il che significa che il titolo conseguito all’estero garantisce tutte, ma altresì unicamente, le possibilità professionali offerte là dove esso è acquisito. Per quanto di interesse nella presente sede, occorre ulteriormente rilevare che il Sistema di informazione del mercato interno (c.d. Sistema “IMI”) è lo strumento informatico, multilingue, obbligatorio – sviluppato dalla Commissione europea, in collaborazione con gli Stati membri, per la cooperazione amministrativa e l’assistenza reciproca – cui gli Stati membri devono attenersi per lo scambio di informazioni tra autorità competenti in relazione a tutte le direttive del mercato interno, compresa la menzionata Direttiva 2005/36/CE (cfr. in particolare art. 8, art. 50, paragrafi 1, 2 e 3, e art. 56 della Direttiva de qua), in osservanza del Regolamento 1024/2012/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, del 25 ottobre 2012, che ha abrogato la precedente decisione 2008/49/CE della Commissione (c.d. “regolamento IMI”). Evidenzia il Collegio che, ai sensi del considerando n. 6 del citato regolamento “L’IMI dovrebbe essere considerato principalmente uno strumento utilizzato per lo scambio di informazioni, compresi i dati personali, che altrimenti si svolgerebbe attraverso altri mezzi, tra cui la posta ordinaria, il fax o la posta elettronica, sulla base di un obbligo giuridico imposto alle autorità e agli organismi degli Stati membri da atti dell’Unione”; dal successivo considerando n. 21 del medesimo regolamento, si evince che le informazioni ricevute da un’autorità competente attraverso l’IMI da un altro Stato membro hanno un “valore probatorio”. La normativa europea è chiara e univoca nel delineare il sistema IMI quale strumento con funzione essenzialmente informativa e con valenza meramente probatoria, avente il fine precipuo di agevolare e rendere più rapida la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti degli Stati membri e, in definitiva, di contribuire ad accelerare le procedure e di ridurre i costi dovuti alle attese. Trattasi di un’interpretazione che si impone con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio che possa fondare, in materia, l’esigenza di operare un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, nei termini e per il fine richiesti dall’appellante (cfr. Corte Giust. UE Gr. Sez., 6 ottobre 2021, C-561/19). Dalla poc’anzi esplicitata chiara e univoca interpretazione, discende, del tutto logicamente e ragionevolmente, che una comunicazione IMI non potrebbe mai annullare o, comunque, rendere inefficace un titolo professionale di “abogado”, in assenza di una decisione nazionale interna di annullamento da parte delle autorità competenti. Nella fattispecie, rileva il Collegio come l’IMI sulla base della quale l’Amministrazione italiana si è determinata con i provvedimenti di rigetto gravati in primo grado si sia limitata a comunicare l’irregolarità delle iscrizioni negli ordini professionali spagnoli e ad affermare che si sarebbe proceduto alla cancellazione delle stesse. Alla luce degli atti del presente giudizio, è emerso che tali iscrizioni non sono state mai formalmente annullate, né sospese, dalle autorità spagnole che l’hanno disposta, ossia dai singoli “Colegios de Abogados”, competenti ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) della Direttiva 2005/36/CE. È dirimente rilevare che, di fatto, l’odierno appellante risultava ufficialmente munito del titolo di “abogado”, che lo abilitava all’esercizio della professione forense presso le Autorità giurisdizionali spagnole, al tempo in cui l’Amministrazione italiana adottava i decreti di rigetto gravati in primo grado (e non risulta, tuttora, diversamente). Merita, dunque, positivo apprezzamento il quinto motivo di appello, con il quale l’interessato censura la violazione principio del mutuo riconoscimento dei titoli sancito negli artt. 13, 14, 50 e 51 della Direttiva 2005/36/CE, secondo cui lo Stato membro ospitante non può sindacare la validità del titolo straniero, che non sia stato invalidato dalle competenti Autorità straniere (nel caso di specie – si ribadisce – i “Colegios de abogado”). Invero, l’Amministrazione italiana, procedendo al rigetto delle domande di riconoscimento del titolo di “abogado” – la cui sussistenza è presupposta e incontestata – non ha, sostanzialmente, riconosciuto la perdurante validità ed efficacia dei titoli in questione, così contravvenendo al predetto principio di valenza europea. Diversamente da quanto ritenuto dal Tar nella sentenza ivi impugnata – si ribadisce – è l’iscrizione come “abogado”, né annullata, né mai sospesa, a far sorgere il diritto a esercitare la professione di “abogado” in Spagna e nel resto dell’Unione Europea. Aggiungasi che, procedendo ad emettere il decreto di reiezione in primo grado, motivando sulla base di una mera comunicazione, tramite il sistema IMI – della cui natura si è già ampiamente riferito -, di irregolarità dei titoli di iscrizione negli ordini professionali spagnoli, l’amministrazione non si è, peraltro, conformata ai canoni, di derivazione europea, di proporzionalità – principio insito nell’art. 97 della Costituzione quale corollario del buon andamento – e di ragionevolezza. Invero, nel contesto di una generale situazione di incertezza nell’ordinamento spagnolo, di cui è sintomatica la comunicazione di varie IMI – sia precedenti che successive alla generale IMI n. -OMISSIS-del 2016, di senso tra loro contrastante e, talora, in sé, dal contenuto non chiaro e univoco – a fronte dell’unico dato obiettivo e certo della sussistenza di iscrizioni ancora valide, sarebbe stato ragionevole e proporzionato che l’Amministrazione italiana, nel rispetto del citato principio del mutuo riconoscimento dei titoli professionali, procedesse al riconoscimento dei titoli di “abogado” formalmente rilasciati dalle Autorità spagnole, eventualmente esprimendosi con riserva o, comunque, risolutivamente condizionando le proprie determinazioni all’eventualità di un successivo annullamento dei titoli stessi che, del resto, non è poi mai avvenuto (soluzione, peraltro, proposta dall’Avvocatura Generale dello Stato nel parere del 27 luglio 2015, richiesto dallo stesso Ministero della Giustizia) e fatte, in ogni caso, salve le ulteriori valutazioni che l’Amministrazione avrebbe potuto compiere in materia (cfr., Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato n. 19, 20, 21 e 22 del 29 dicembre 2022). In definitiva, come poc’anzi anticipato, merita accoglimento il quinto motivo di appello, con il quale è stata censurata la violazione del principio del mutuo riconoscimento dei titoli sancito negli artt. 13, 14, 50 e 51 della Direttiva 2005/36/CE. Non può, tuttavia, trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno, riproposta in appello, per carenza dell’elemento soggettivo in capo all’Amministrazione, in ragione dell’obiettivo e non ordinario quadro di incertezza normativa e giurisprudenziale, peraltro riguardante l’ordinamento interno di altro Stato membro, nel cui ambito il Ministero della Giustizia ha assunto le proprie determinazioni. Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati, che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. In conclusione, per le suesposte ragioni, l’appello va accolto. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Sussistono giuste ragioni, in considerazione della delicatezza degli interessi coinvolti, per disporre la compensazione delle spese del giudizio di appello. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie in parte il ricorso del giudizio di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2023. Sentenza pubblicata il 29  settembre 2023.

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