RATIO LEGIS: L’articolo 734 bis del c.p., mira a tutelare la riservatezza delle persone offese vittime di alcuni gravi reati, segnatamente di natura sessuale.
1. L’art. 734-bis è stato aggiunto dall’art. 12, Legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Gazzetta Ufficiale del 20 febbraio 1996, n. 42). Successivamente l’art. 734-bis è stato così modificato dall’art. 8, Legge 3 agosto 1998, n. 269 e dall’art. 9, Legge 6 febbraio 2006, n. 38. Il testo prima della modifica ex legge n. 38 del 2006 era il seguente: “Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre a sei mesi.”. Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 269 del 1998 così disponeva: “Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale. Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre a sei mesi”.
Violenza di Palermo e divulgazione delle generalità della vittima: COMUNICATO AUTORITA’ GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI.
“Nonostante le regole deontologiche dei giornalisti impongano chiaramente di rappresentare fatti di cronaca di questa gravità senza indugiare in dettagli che possano portare a individuare le vittime di violenza, si sono registrati diversi casi in cui l’informazione è stata da subito caratterizzata da un eccesso di particolari e da una morbosa attenzione sulla vicenda. Per tali motivi l’Autorità nei giorni scorsi ha emanato specifici provvedimenti di avvertimento volti a richiamare l’attenzione sull’esigenza di rispettare i parametri normativi a difesa delle vittime di violenza sessuale. La diffusione dei dati personali della ragazza, ha ricordato il Garante, oltre che in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali, viola un preciso precetto penale (art. 734 bis c.p.). L’Autorità evidenzia inoltre il rischio che la pubblicazione dei nomi e cognomi dei violentatori finisca per rendere comunque identificabile in via indiretta la ragazza. Il Garante richiama quindi nuovamente tutti gli operatori dell’informazione e, più in generale, chiunque ritenga di occuparsi pubblicamente della vicenda, ad astenersi dall’ulteriore divulgazione delle generalità della vittima e ad adottare forme di comunicazione coerenti con la tutela della dignità della persona, evitando di aggiungere – seppur involontariamente – violenza a violenza”.