La Corte di Cassazione con la sentenza 7878 del 2023 ( Sent. n. sez. 242/2023), post riforma Cartabia , considera equivalente la proposizione della Costituzione di parte civile alla riproposizione di querela, nei reati ora divenuti procedibili a querela. “Questa Corte di legittimità, infatti, ha già avuto modo di sottolineare, con riferimento ai casi di procedibilità a querela introdotti dal decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo l’introduzione della procedibilità a querela, «determina la piena sussistenza dell’istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità”.
SENTENZA
… OMISSIS … RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 11 marzo 2022, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Cuneo con la quale, all’esito di giudizio abbreviato è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590-bis cod. pen., commesso in in danno d costituitosi parte civile in giudizio. 2. Il procedimento ha ad oggetto un incidente stradale a seguito del quale riportò lesioni definite gravi nel capo di imputazione (ove è contestata infatti la violazione dell’art. 590 bis cod. pen.). Dallo stesso capo di imputazione risulta che le lesioni furono «giudicate guaribili in giorni 40». Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato le avrebbe causate per colpa consistita in negligenza imprudenza imperizia e in violazione dell’art. 191 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 2851 non avendo «rallentato la marcia in prossimità dell’attraversamento pedonale». 3. Il difensore di fiducia dell’imputato ha proposto ricorso articolando tre motivi, che sono stati precisati e sviluppati con memoria ex art. 585, comma 2, cod. proc. pen. 3.1 Col primo motivo la difesa deduce inosservanza o erronea applicazione di legge per essere stato l’imputato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590-bis cod. pen. ancorché nel capo di imputazione fosse stata indicata in quaranta giorni la durata della malattia conseguente alle lesioni. Secondo la difesa ciò avrebbe determinato una nullità assoluta ai sensi dell’art. 178 lett. b) e lett. c) cod. proc. pen. per mancata corrispondenza tra chiesto e giudicato. 3.2. Col secondo motivo, che costituisce sviluppo del primo, la difesa sostiene che, essendo stata indicata in giorni quaranta la durata della malattia conseguente alle lesioni, la fattispecie incriminatrice concretamente applicabile sarebbe stata quella prevista dall’art. 590 cod. pen. sicché, in difetto di valida querela, avrebbe dovuto essere pronunciata sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. 3.3. Col terzo motivo la difesa deduce l’inosservanza o erronea applicazione di leggi penali e di leggi integrative del precetto penale per essere stata ritenuta la violazione dell’art. 191 cod. strada e, più in generale, per essere stati ritenuti sussistenti profili di colpa a carico dell’imputato. La difesa osserva: che, tenuto conto della direzione di marcia del veicolo condotta da il punto d’urto si colloca dopo le strisce pedonali sicché l’art. 191 cod. strada, che impone di moderare la velocità all’approssimarsi delle strisce, non potrebbe trovare applicazione; che non fu l’auto condotta da attraversò la strada correndo, da sinistra verso destra rispetto alla direzione di marcia dell’auto, ma in senso trasversale e fuori dalle strisce, e omise di dare la precedenza alla macchina che già impegnava la carreggiata; che, infatti, l’urto avvenne nella parte laterale sinistra dell’auto. 3.4. Nella memoria del 16 gennaio 2022 la difesa ha sviluppato questi motivi ricordando che i carabinieri intervenuti non contestarono a alcuna violazione delle norme in materia di circolazione stradale e sostenendo che il verbale redatto dagli operanti, avendo «natura di atto amministrativo», non potrebbe «essere revocato o riformato dalla Autorità giudiziaria». Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe affetta da nullità per aver ritenuto sussistente la violazione dell’art. 141 cod. strada, non contestata dai militari operanti e non menzionata nel capo di imputazione (ove si fa riferimento espresso alla disposizione di cui all’art. 191 cod. strada). 4. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità. 2. Quanto al primo motivo, è sufficiente osservare che all’imputato è stata contestata violazione dell’art. 590-bis, comma 1, cod. pen. e tale fattispecie incriminatrice si applica quando, per colpa, con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, si cagionino ad altri lesioni personali gravi o gravissime. L’accusa è stata dunque riferita a lesioni almeno gravi e non depone in contrario il riferimento alla prognosi di guarigione formulata in giorni quaranta, trattandosi, appunto, di una prognosi. I giudici di merito, peraltro, hanno chiarito che, sulla base della documentazione medica in atti (il processo è stato definito nelle forme del giudizio abbreviato), la persona offesa aveva «subito una invalidità temporanea pari, quanto meno, a 68 giorni» (pag. 4 della sentenza di primo grado); hanno quindi ritenuto esservi prova che, nonostante la prognosi iniziale, la malattia conseguente alle lesioni abbia avuto una durata superiore ai quaranta giorni. Alla luce delle considerazioni svolte si deve concludere che è stato ritenuto responsabile per aver cagionato ad lesioni personali gravi ed esattamente di questo era stato accusato. Ne consegue che nessuna lesione del diritto di difesa può essere ipotizzata e non vi è stata violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza sancito dall’art. 521 cod. proc. pen. 3. La manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso si riverbera sul secondo atteso che, all’epoca dei fatti, il reato di cui all’art. 590-bis cod. pen. era procedibile d’ufficio. A seguito dell’entrata in del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, quando – come nel caso di specie – non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’art. 590-bis commi 2 e ss., il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime è procedibile a querela, ma tale modifica normativa non rileva nel presente procedimento. Questa Corte di legittimità, infatti, ha già avuto modo di sottolineare, con riferimento ai casi di procedibilità a querela introdotti dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo l’introduzione della procedibilità a querela, «determina la piena sussistenza dell’istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità» (Sez. 2, n. 28305 del 18/06/2019, Mumlek, Rv. 276540; Sez. 5, n. 44114 del 10/10/2019, Giaimo, Rv. 277432). 4. Col terzo motivo il ricorrente chiede una nuova valutazione degli elementi di prova esaminati dai giudici di merito ai fini della decisione, operazione che è estranea al giudizio di legittimità (tra le tante: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019 Rv. 277758; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217). Le sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) – ricostruiscono la dinamica del sinistro prendendo in esame la prospettazione difensiva e osservano: – che il punto d’urto (individuato con sicurezza per la presenza sul manto stradale di frammenti del faro della macchina) era collocato nella corsia di marcia dell’auto condotta da circa 12 metri dopo un attraversamento pedonale, posto in corrispondenza di una fermata dell’autobus adiacente ad un agglomerato di case; – che i danni riscontrati sull’auto erano tutti localizzati «nella parte frontale sinistra» (non «nel faro sinistro» e «nella portiera posteriore sinistra», come il ricorrente assume) e il parabrezza era infranto a sinistra; – che, pertanto, il corpo di fu caricato sul cofano dopo che egli aveva oltrepassato la linea dì mezzeria e attraversato l’intera semicarreggiata posta a sinistra rispetto alla direzione di marcia dell’auto e non v’è motivo di ritenere che il conducente non potesse vederlo ed evitarlo – che l’auto si arrestò circa 38 metri più avanti e, dunque, la velocità mantenuta non era minima, né adeguata allo stato dei luoghi, com’è previsto, invece, dall’art. 141 cod. strada; – che la presenza di un pedone in un tratto stradale che attraversa un agglomerato di case, in corrispondenza di una fermata dell’autobus e in prossimità di un attraversamento pedonale, non rappresenta una circostanza eccezionale o imprevedibile. Si tratta di motivazioni logiche, esaustive, non contraddittorie e pienamente conformi ai principi ermeneutici che regolano la materia. Ed invero, secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimità, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone solo quando la condotta della vittima configura, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento; e questa situazione è configurabile solo nel caso in cui il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso e imprevedibile (Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, Rv. 255995; Sez. 4, n. 37622 del 30/09/2021, Landi, Rv. 281929). 4.1. Col terzo motivo di ricorso, la difesa si duole anche della ritenuta violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale. La sentenza impugnata fa riferimento esplicito al terzo comma dell’ art. 141 cod. strada in base al quale «il conducente deve regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell’attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici». Secondo il ricorrente tale violazione non avrebbe potuto essere ritenuta sussistente perché non rilevata dai militari operanti e non menzionata nel capo di imputazione. Sul primo punto non occorre spendere parole essendo di tutta evidenza che è compito della autorità giudiziaria, chiamata a decidere in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 590-bis cod. pen., valutare se nel comportamento dell’imputato siano ravvisabili profili di colpa per violazioni delle norme in materia di circolazione stradale. Quanto al secondo profilo, si deve ricordare che, nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell’obbligo di contestazione suppletiva di cui all’art. 516 cod. proc. pen. e dell’eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell’art. 521 stesso codice (fra le tante: Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, Di Landa, Rv. 273265; Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013, Miniscalco, Rv. 257902). Questo principio è indubbiamente applicabile nel caso di specie, atteso che l’imputato ha avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la propria difesa in relazione al profilo di addebito ritenuto sussistente che riguarda, comunque, l’adeguatezza della velocità mantenuta in relazione alle concrete condizioni della strada (cfr.: Sez. 4, n. 27389 del 08/03/2018, Siani, Rv. 273588; Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Galdino De Lima, Rv. 274500; Sez. 4, n. 36778 del 03/12/2020, Celli, Rv. 280084). 5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art.616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 9 febbraio 2023 (depositata il 23.02.2023)