La pronuncia è di estremo interesse. Apre a riflessioni molteplici, per questo merita puntuale segnalazione, anche, e non ultimo, in considerazione del suo innestarsi nel solco – che più volte ho sottolineato – dellʼintrinseca commistione di profili civilistici e pubblicistici nel titolo concessorio. Il fatto. LʼAgenzia del Demanio (AD) ricorre avverso la sentenza di secondo grado emessa a conferma della pronuncia di primo (grado) con cui, brevemente, lo Stato è condannato a corrispondere alla società concessionaria lʼindennizzo per arricchimento senza causa (art. 20141 c.c.) per lʼopera eretta sul demanio marittimo. Risulta che, ad un certo punto, lo Stato abbia provveduto a sdemanializzare lʼarea interessata, provvedendo a norma dellʼart. 35 Cod. Nav. ad escludere dal demanio marittimo alcune zone evidentemente ritenute non più utilizzabili per i pubblici usi del mare. Lʼiter pare sollecitato dalla stessa società concessionaria, la quale, una volta intervenuto il Decreto Ministeriale di cui allʼart. 35 predetto, ritiene essere dallo stesso atto confermata – e “provata” – la “sclassifica” del bene demaniale (da demaniale a patrimoniale) e, pertanto, avanza la richiesta di indennizzo per arricchimento ingiustificato, accolta in entrambi i primi due gradi di giudizio. La misura dellʼindennizzo è data, da un lato, dal depauperamento della società che fino a prima della sdemanializzazione risultava proprietaria di un manufatto dalla stessa realizzato avente un determinato valore di costruzione, dallʼaltro dal vantaggio derivato allo Stato in virtù dellʼaccessione del bene al suolo, cui dovevano aggiungersi anche i costi della “sanatoria” per essere stato il cespite in gran parte (ad esclusione di una terrrazza) sanato con condono. Il bene era dunque “appetibile” sotto il profilo commerciale. La Corte ribalta lʼesito processuale. Seppur eretto in costanza di concessione demaniale (quando la stessa era vigente e produttiva di effetti), con conseguente titolarità in capo al concessionario, dinanzi alla sdemanializzazione ed alla cessazione del titolo il bene è trasferito e acquisito ipso iure allo Stato. Il predetto punto è di diffusamente analizzato dalla Corte, che instilla lʼinterpretazione dellʼart. 49 nei termini seguenti: La devoluzione delle opere inamovibili di cui allʼart. 49 Cod. Nav. è principio di ordine generale che non soffre deroga alcuna nemmeno nel caso in cui vi sia la sdemanializzazione dellʼarea ed il bene transiti nel patrimonio dello Stato; Il manufatto, pur non insistendo più sul demanio marittimo, resta comunque acquisito allo Stato, senza che a tale conseguenza il concessionario possa validamente opporsi; lʼart. 49, avendo portata generale ed applicazione diretta anche nelle ipotesi di sdemanializzazione, produce lʼeffetto automatico dellʼacquisizione allo Stato, e lʼatto di “incameramento” nulla aggiunge alla devoluzione perché è atto meramente ricognitivo non incidente sul trasferimento della proprietà già perfezionatasi; Il punto, e lo snodo, dellʼacquisizione è dato dalla cessazione della concessione, che è evento collegato a molteplici circostanze, quali la scadenza del rapporto, la sdemanializzazione (come nel caso specifico) etc, ritenendola fonte del ridetto effetto, il quale, de plano, è prodotto proprio in quanto e nella misura in cui la concessione del bene demaniale viene a spirare; Ne consegue che erroneo è lʼassunto secondo il quale solo con la scadenza della concessione nel senso di cessazione del relativo periodo lʼeffetto devolutivo si verifichi, dovendosi invero ritenere che tale effetto scaturisce anche nellʼipotesi di sdemanializzazione ed in quella di rinnovo della concessione (che implica un nuovo titolo, diversamente che nel caso della proroga); Reca lʼart. 49 “Salvo che sia diversamente stabilito nellʼatto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dellʼautorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato” di talché è cristallina la previsione di legge in termini di rapporto tra “devoluzione delle opere” e “scadenza della concessione”. La devoluzione è gratuita, non applicandosi lʼart. 934 e 936 c.c. ed essendo lʼaccessione, appunto, gratuita; Riguardo tale ultimo aspetto, lʼinciso “salvo che non sia diversamente stabilito nellʼatto di concessione” va interpretato nel senso che è in facoltà delle parti derogare convenzionalmente la gratuità, con lʼeventuale inserimento nel titolo di un corrispondente economico. In disparte la questione inerente “rinnovo” e “proroga” della concessione, che nel tempo la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, nella sostanza, assimilato lʼuno allʼaltra ritenendo di fatto in entrambe le ipotesi esistere una reale prosecuzione del rapporto senza soluzione di continuità, appare di certo rilievo lʼaver coniugato la devoluzione a qualsiasi forma di cessazione del rapporto concessorio ed averne sottolineato la gratuità, in difetto di diversa previsione nellʼatto di concessione. Il trasferimento del “diritto” può dunque, convenzionalmente, essere sottoposto a condizioni economiche che devono trovare sede nella concessione. Lʼapporto “privato” può cambiare, in certa misura, la fine del rapporto.
Morena LUCHETTI: Avvocato Amministrativista. Patrocinante Magistrature Superiori. Consulenza legale in materia di Demanio Marittimo, Edilizia-Urbanistica e Governo del Territorio. Contenzioso Amministrativo presso TAR e Consiglio di Stato. Il settore maggiormente trattato, campo elettivo dello Studio, è il Demanio Marittimo ed in tale ambito offre consulenza e assistenza alle Associazioni di categoria di imprese balneari, alle singole imprese ed alle Amministrazioni locali e regionali. Studio in Macerata e Roma.