Il Tribunale di Padova con Sentenza del 24.6.21 ha affermato la non imputabilità di un Danno risarcibile a carico dell’amante di un coniuge fedifrago. La Giurisprudenza di legittimità individua la natura giuridica del dovere di fedeltà nascente dagli obblighi del Matrimonio di esclusiva attinenza dei Coniugi ex art. 143 c.p.c. unitamente agli ulteriori doveri di assistenza morale e materiale, di collaborazione, di coabitazione e di contribuzione ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo. Stante la suddetta natura giuridica del dovere di fedeltà discende che la sua violazione sia sanzionata con l’addebito della separazione e altresì con Domande di risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto come quello alla salute, all’onore o alla dignità personale. Per il Coniuge fedifrago la violazione di un obbligo scaturente dal matrimonio, quello della fedeltà coniugale, può determinare – ma non automaticamente – conseguenze diverse dai rimedi previsti dal diritto di famiglia, non essendo possibile promuovere efficacemente una richiesta di danno soltanto per aver provato l’adulterio, ma soltanto, e se, sia possibile dimostrare che l’afflizione provocata dal tradimento dell’altro Coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primo tra tutti il diritto alla salute, alla dignità personale e all’onore. L’Amante – non essendo soggetto all’obbligo di fedeltà coniugale e non potendo essere chiamato a risponderne della violazione di tale dovere – non può assumere il ruolo di corresponsabile quando, per il proprio agire e considerate le modalità di svolgimento della relazione extraconiugale, abbia direttamente leso o concorso a violare la dignità e l’onore del coniuge tradito. A meno che abbia fatto un vanto della propria “conquista” nel comune habitat lavorativo o ne abbia diffuso le immagini verso terzi. Dinanzi ad una simile condotta la posizione di esenzione da ogni responsabilità potrebbe mutare in una di responsabilità diretta o concorrente che lo potrebbe esporre a richieste risarcitorie. Appare evidente al riguardo che, come altre domande risarcitorie, rimarrà in capo al coniuge tradito l’onere di provare le circostanze e il nesso di causalità tra la condotta denunciata e il danno lamentato, in assenza delle quali l’amante andrà esente da responsabilità, essendo il suo comportamento inidoneo a integrare gli estremi del danno ingiusto ex art. 2043 c.c., per essersi limitato ad esercitare il diritto alla libera espressione della propria personalità, che si concretizza nella libertà di scelta del partner. (di Luca REGOLINI, avvocato)
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