Quanto i dissidi e litigi tra condomini sfociano in un vero e proprio atto illecito? Lo Stalking condominiale alla luce della recente giurisprudenza. La vita in condominio si sa, non è mai stata facile, dovendo fare i conti con i diritti e le proprietà dei nostri vicini di casa. Battibecchi e litigi ed anche piccole ripicche sono quasi all’ordine del giorno, ma quale è il confine tra il lecito e l’illecito? Quanto le parole o i gesti integrano una vera e propria fattispecie di reato? Come sempre la risposta non può essere univoca e secca ma prevede una più ampia gamma di reati, tuttavia certamente nel momento in cui vengono lesi o messi in pericolo beni giuridici tutelati dal nostro ordinamento giuridico (quali impedire il pieno godimento della proprietà, cagionare una lesione alla salute o minacciare ritorsioni tanto da indurre un condomino a temere per la propria vita creando così perduranti stati di ansia e di paura, ecc..), allora potrà configurarsi una vera e propria fattispecie di reato che potrà includere lo stalking, le minacce, lesioni. Dunque impedire l’accesso con la propria vettura, parcheggiata davanti all’ingresso del garage di proprietà dei vicini, e al contempo rifiutandosi di spostare il proprio veicolo, ovvero indurre taluno a 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶are 𝗼𝗿𝗮𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝘁𝗮 𝗲 𝘂𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 dalla propria abitazione ovvero ad adottare 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗲𝗿𝗻𝗮𝘁𝗶𝘃𝗶 all’interno dello stabile (uso delle scale anziché dell’ascensore) nonché nella 𝗿𝗶𝗰𝗲𝗿𝗰𝗮 𝗱𝗶 𝗼𝘀𝗽𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ da parte di amici e parenti al fine di non incontrare il condomino contro il quale si hanno continui alterchi, configura il reato di Stalking condominiale. Tale reato rientra nel più generale alveo di atti persecutori previsto dall’art. 612 bis del codice penale e si configura nel momento in cui un condomino pone in essere comportamenti molesti e persecutori nei confronti dei vicini di casa e di altri condomini, tanto da cagionare negli stessi un grave e perdurante stato di ansia, frustrazione e paura per sé o per i propri familiari, costringendolo così a mutare le abitudini di vita e, per come chiarito dal giudice di legittimità. Sul punto la Cassazione si è pronunciata in più occasioni ribadendo che “Integrano il delitto di atti persecutori le condotte reiterate che […] costringono ad alterare le proprie abitudini di vita quotidiana, incidendo quindi gravemente sulla libertà di autodeterminazione della persona.”, per cui per la configurazione del reato di stalking non occorre, necessariamente, un accertamento medico legale ma risulta sufficiente dimostrare il cambio di abitudini della persona offesa. (Cassazione penale, Sezione V, sentenza 16 gennaio 2020, n. 1551). Sulla stessa scia si è pronunciato il Tribunale di Milano (Tribunale di Milano, Quinta Sezione Penale, 13 ottobre 2021 (ud. 22 settembre 2021), n. 9221) ribadendo che il reato di Stalking condominiale è configurabile anche quando le condotte siano reiterate in un periodo temporale 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗿𝗶𝘀𝘁𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼, a condizione che si tratti di atti autonomi. Il Giudice meneghino ha inoltre precisato che il 𝗽𝗲𝗿𝗱𝘂𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗲 𝗴𝗿𝗮𝘃𝗲 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮 𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝘂𝗿𝗮 – che può identificarsi nel 𝘁𝗶𝗺𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝘂𝗯𝗶𝗿𝗲 𝘂𝗹𝘁𝗲𝗿𝗶𝗼𝗿𝗶 𝗮𝗴𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 e ritorsioni da parte del condomino imputato – deve essere ancorato ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗱𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dal soggetto agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di tempo e luogo in cui è stata consumata. L’eventuale 𝗿𝗲𝗰𝗶𝗽𝗿𝗼𝗰𝗶𝘁𝗮̀ di comportamenti molesti 𝗻𝗼𝗻 𝗲𝘀𝗰𝗹𝘂𝗱𝗲 la configurabilità del delitto, dovendo il giudice farsi carico di una più motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato di ansia o di paura della persona offesa. Nel reato abituale, il dolo 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗲 – a differenza del reato continuato – la sussistenza di uno 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗳𝗶𝗰𝗼 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗰𝗿𝗶𝗺𝗶𝗻𝗼𝘀𝗼 verso il quale le condotte criminose siano finalizzate sin dalla loro rappresentazione iniziale. Si può insomma concludere che dalla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 612 bis c.p. e dall’interpretazione che della stessa viene fatta dalla giurisprudenza, adattandola alla quotidianità in continuo mutamento, può affermarsi l’esistenza dello stalking condominiale che consente di apprestare un efficace strumento di tutela per coloro che in via indiretta subiscono un turbamento alla propria tranquillità domestica e sono o si sentono costretti ad alterare il proprio modus vivendi.
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