L’analisi della vita dell’avvocatura italiana di questi ultimi anni conduce a prendere atto della necessità di innovare e rendere più attuali le disposizioni introdotte dalla riforma dell’ordinamento della professione forense, prevista dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247 (e normativa collegata), ritenuta censurabile sotto molteplici profili. È, infatti, innegabile che – nonostante il dichiarato obiettivo della novella sia stato quello di riformare la legge professionale (del 1933!) per consentire l’accesso e la permanenza negli albi ai più meritevoli e a coloro che esercitano effettivamente la professione di avvocato, nonché per garantire la loro migliore qualificazione e preparazione, la maggiore trasparenza verso i colleghi e i cittadini, una più dinamica ed efficiente gestione della governance, insieme a un più incisivo controllo sulla correttezza e a una nuova giurisdizione domestica più indipendente e imparziale – la normativa, “nata già vecchia”, abbia dimostrato tutti i suoi limiti, sostanzialmente mancando tale obiettivo. I fatti, anche i più recenti, ci confermano che la disciplina ha aggravato, nel concreto, la posizione di molti avvocati che, in ragione delle modifiche attuate, si trovano oggi in un rapporto complicato con le proprie istituzioni e sono vessati da una serie di misure che ne condizionano la libertà e l’indipendenza nell’esercizio della professione: ciò, peraltro, senza l’efficacia di quei miglioramenti che erano attesi specialmente in sede di regolamentazione e applicazione delle legge forense, così anche causando una minore tutela degli assistiti. Per queste ragioni, proponiamo di intervenire sull’attuale testo di legge, modificandone e/o integrandone alcuni punti sensibili, al fine di assicurare – a beneficio di tutti – che la permanenza negli albi forensi diventi effettivamente una prerogativa di quanti esercitano con coscienza, serietà e competenza la professione, con compensi equi e certi. L’altro obiettivo è quello di garantire – attraverso il principio “un avvocato, un voto”, con un sistema di elezione diretta degli organi apicali delle istituzioni forensi e di rigida incompatibilità tra cariche – che la rappresentanza non sia più svincolata dalla rappresentatività, colmando finalmente quella palese distanza tra elettori ed eletti, non più accettabile alla luce di un auspicabile spirito di categoria.
– introduzione dell’inderogabilità delle soglie minime dei parametri indicati dal decreto ministeriale per i compensi degli avvocati;
– eliminazione del divieto per l’avvocato di concordare il patto di quota lite, non potendosi ritenere in linea con l’attuale contesto sociale ed economico il mantenimento di un limite di tal genere alla libera determinazione del compenso tra professionista e cliente (fermo restando il generale obbligo di congruità rispetto alla natura e alle caratteristiche dell’incarico);
– regolamentazione effettiva della figura dell’avvocato c.d. “monocommittente” (tenuto conto che la mozione approvata nella sessione ordinaria del Congresso di Catania, nell’ottobre 2018, non risulta in alcun modo essere stata attuata);
– introduzione della condizione del superamento della prova orale dell’esame di Stato (art. 46, L. n. 247/2012) per l’iscrizione agli albi forensi di magistrati ordinari, magistrati militari, magistrati amministrativi o contabili e avvocati dello Stato che abbiano cessato le loro funzioni.
UNA NUOVA GOVERNANCE PER L’AVVOCATURA
– introduzione dell’incompatibilità fra la carica di Consigliere dell’Ordine e quella di componente dell’Organismo incaricato dell’attuazione delle delibere del Congresso Nazionale Forense;
– introduzione dell’elezione diretta dei componenti del Consiglio Nazionale Forense, tutelando la parità di genere, con estensione dell’elettorato attivo a tutti gli avvocati iscritti all’albo e negli elenchi speciali da almeno due anni e di quello passivo a tutti gli iscritti da almeno dieci anni (e non solo, quindi, agli iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori);
– introduzione dell’elezione diretta dei componenti dei Consigli distrettuali di disciplina, tutelando la parità di genere, con estensione dell’elettorato attivo a tutti gli avvocati iscritti all’albo circondariale;
– riduzione da cinque a tre componenti titolari per sezione giudicante nei Consigli distrettuali di disciplina;
– introduzione di consulte stabili, a livello circondariale e distrettuale, per favorire il dialogo tra le istituzioni forensi e le associazioni territoriali;
– istituzione di una sezione disciplinare autonoma in seno al Consiglio Nazionale Forense, i cui componenti siano determinati – ogni biennio – mediante sorteggio, atteso che la riforma forense resta, ancora oggi, inattuata rispetto alla specifica previsione dell’art. 61, primo comma, della legge professionale.
Milano, 4 luglio 2021
Patto per l’Avvocatura