È assurdo pensare di poter ricevere comprensione e sostegno nel momento in cui una persona decide di togliersi la vita, ma è ciò che è successo a Matteo Cecconi, uno studente 18enne che frequentava il quarto anno dell’Istituto tecnico industriale Fermi di Bassano del Grappa. Il 26 aprile Matteo è online per la didattica a distanza, e tra una lezione e l’altra annuncia agli utenti di una pagina web in che modo provocherà la sua morte. Inizia così il suo viaggio senza ritorno. Sembra una storia surreale, un film dell’orrore, ma la community esiste e si definisce «forum di discussione a favore del suicidio», il giovane ne è entrato a far parte il 13 aprile. Gli iscritti sono 17 mila. Ha già preso un farmaco e morirà avvelenato, spiega, conterà i minuti giusti per prendere anche il nitrito di sodio e poi aspetterà che tutto faccia effetto, «auguratemi buona fortuna», chiede alle 9.33. «Fai buon viaggio» gli risponde una ragazza alle 9.50, e ancora altre frasi di conforto per il gesto che sta facendo, nessuno che interviene. Nessuno che lancia l’allarme. Il Matteo che conoscevano i famigliari e gli amici era un altro, un ragazzo bello e popolare a scuola, tuttavia con il passare del tempo aveva maturato la convinzione che vivere o morire non avrebbe fatto alcuna differenza. E allora decise di lasciare un ultimo messaggio ai genitori prima di compiere il gesto fatale: “Non datevi colpe che non avete, ho dissimulato molto bene”. Quale dovrebbe essere il ruolo della società di fronte ad episodi di questo tipo? Intervenire una volta che è stato compiuto il gesto fatale chiudendo la community che già contava 17.000 persone presenti in tutto il mondo? Secondo gli inquirenti il sito istigava al suicidio, e ad interrompere la piattaforma della morte è stata la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Tutti gli iscritti erano legati dal supporto e dalla comprensione che ricevevano nel portare a compimento ideazioni suicidarie. E tra questi c’era Matteo, morente dall’altra parte dello schermo, tuttavia nessuna emozione è trapelata. Solo il sostegno. Perché il ragazzo desiderava farla finita e allora era giusto rispettare il suo volere. Ma forse Matteo poteva essere salvato. Matteo non era un ragazzo diverso dagli altri, era un adolescente che stava vivendo da tempo un malessere esistenziale tanto grande che la morte, in quel momento, sembrava essere l’unica soluzione possibile. Ancora una volta i social svolgono un ruolo fondamentale nel portare a compimento episodi drammatici, in quanto consentono all’individuo di dare sfogo alle proprie inquietudini, e di fomentarle attraverso la condivisione con altri soggetti che vivono le stesse sofferenze provocando, nei casi più estremi, gesti fatali. Come chiedere aiuto: Sono attivi alcuni numeri di telefono per ricevere supporto psicologico: Telefono Amico 199 284284; Telefono Azzurro 19696; Progetto InOltre 800 334343; De Leo Fund 800 168678. (Jessica GRECCHI, Dott.ssa in Sociologia specializzata in Criminologia Forense).
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