IL DDL ZAN FA PAURA? di Cristina PEROZZI

Se ci si limita all’interpretazione giuridica, come dovrebbe invero accadere, il DDL Zan non crea tutti questi dilemmi di coscienza. Anzi, ad una mera lettura dei pochi articoli del decreto, è evidente a chiunque l’ampliamento di garanzia in favore di chi oggi ancora è costretto a vivere in un mondo a parte rispetto al resto della collettività. Perché allora il DDL Zan sollecita così tante critiche e che tipo di critiche vengono mosse? Il progetto di  legge proposto da un folto gruppo politico trasversale e denominato DDL ZAN ancora non vede la luce, nonostante le tante sollecitazioni a volerlo calendarizzare in via definitiva. La normativa proposta istituirebbe persino una giornata nazionale, il 17 maggio  di ogni anno, contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia «al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere». Le parole che la nuova legge usa per i fini che ha di mira non sono per nulla deprecabili, anzi.  Un domani potranno essere organizzate iniziative istituzionali e pubbliche ovunque, anche nelle scuole e sui media per educare alla civile convivenza ed al rispetto a priori di tutti i consociati, che in linea di principio devono essere tutti uguali di fronte alla legge. Ma se non siamo in grado di riconoscere che l’omofobia, nell’accezione omnicomprensiva del termine, è oggi in Italia un’emergenza sociale  anche il bisogno culturale su questo argomento passa in secondo ordine. Basterebbe leggere le statistiche fornite dagli stessi osservatori istituzionali riguardo il fenomeno, quello si molto pericoloso e allarmante. Dal 2012 al 5 ottobre 2020 sono stati censiti in Italia 876 casi, per un totale di 1.166 vittime.  Numerose e veramente peculiari le dichiarazioni di alcuni esponenti pubblici, a partire dal 1985, quando a Rocca Imperiale (Cosenza) si firmò una petizione per allontanare dalla spiaggia le persone omosessuali, fino al 2008 quando il generale dell’Esercito Mauro Del Vecchio sostenne apertamente che gli omosessuali non avrebbero dovuto far parte delle forze militari perché “inadatti”. Nello stesso anno Luciano Moggi, all’epoca dirigente FIGC, sostenne che i gay non avrebbero potuto giocare a calcio perché “in questo ambiente non potrebbero vivere”. E nel 2011, quando a Treviso il sindaco propose di multare i gay che si fossero baciati in pubblico, o nel 2015 quando un parroco di Arborea suggerì di usare il lanciafiamme contro gli omosessuali, e quando lo stesso anno il sindaco di Albettone dal nome , tal Joe Formaggio, dichiarò che avrebbe tassato le persone omosessuali per destinare i soldi raccolti alle famiglie. Per finire oggi con le migliaia di dichiarazioni d’odio sui social media verso le persone con direzione sessuale differente. Varrebbe invece la pena perlomeno immaginare come si può sopravvivere, specie i più giovani, definiti e trattati pubblicamente così, discriminati e messi al bando solo per un determinato orientamento sessuale che peraltro si rinviene nel codice genetico di un essere umano e non dipende da un’opinione o da una scelta personale. E’ un macroscopico errore voler interpretare ideologicamente un progetto normativo che estende il riconoscimento di alcuni diritti e di una tutela giuridica ad altre categorie sociali, se si rinvia al principio di uguaglianza cui all’art.3 della nostra Costituzione. Se poi le critiche si muovono contro i termini usati nel ddl, fra cui ad esempio «identità di genere», e si teme per un vulnus al concetto di famiglia tradizionale, lamentando l’equiparazione dei diritti delle coppie omosessuali rispetto al matrimonio o le adozioni, si può tranquillamente replicare che tutto questo già invero esiste da tempo. La famiglia tradizionale è già in crisi da anni e non dipende dalle unioni civili delle coppie gay, già normate da anni, o dalla possibilità della cd. step child adoption, ovvero dell’adozione del figlio naturale di un partner ad opera dell’altro. Tutto questo per legge accade da anni e non solo in Italia. La famiglia classica è messa invece in seria discussione dall’aumento esponenziale della violenza nelle relazioni affettive, dal crescente numero di reati contro i minori e le donne, dal decadimento valoriale al quale inermi assistiamo mentre ci “inebetiamo” di programmi generalisti e trash, nei quali la collettività viene “educata” all’aggressività verbale, al conflitto ed all’intolleranza, all’odio sociale in definitiva. Questa profonda crisi istituzionale è comprovata dai dati statistici e non vi è ragione per cui le nuove norme sull’omofobia non si dovrebbero approvare, considerato che non vieterebbero neppure la propaganda contro i gay, con buona pace degli omofobi e dei conservatori, bensì solo l’istigazione a commettere discriminazione o violenza per ragioni di orientamento sessuale. Perchè non dovremmo allarmarci, più di quanto dovremmo già fare visto quanto accade sotto i nostri occhi ogni giorno, nell’equiparare penalmente la discriminazione omofoba a quella basata sul razzismo e sul’odio su base religiosa. Di  questo il DDl Zan si occupa, non di ideologia gender o di utero in affitto, concetti che risultano solo il risultato di elaborazioni deduttive ed invero alquanto ideologiche. Il DDL  aggiungerebbe “solo” al reato già previsto dal codice, l’art 604 bis cp che già punisce con il carcere fino a un anno e sei mesi le discriminazioni a sfondo razziale, etnico o religioso, anche quelle basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. Prevedrebbe ” solo”  sanzioni per chi istiga a commettere discriminazioni o violenze di stampo omofobo, proprio come oggi è sancito per quelle di stampo razzista. E punirebbe ” solo” anche chi organizza o partecipa ad associazioni che, per gli stessi motivi omofobi, istigano alla discriminazione e alla violenza. Mentre infine il razzismo è stigmatizzato per legge anche sotto forma di propaganda, l’articolo 4 del DDl Zan testualmente recita: «Ai fini della presente legge sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Quindi se a nessuno potrebbe mai  essere vietato di continuare a credere e diffondere i valori della cd. famiglia tradizionale e delle posizioni più ortodosse e conservatrici, perché dunque impedire l’estensione di diritti già sacrosanti per legge a nuove categorie di titolari? Pensiamoci, perchè in definitiva dal punto di vista giuridico il progetto di legge non crea alcun problema interpretativo, anzi. Aumenta la garanzia e la tutela del sistema di convivenza civile, ampliando una categoria di diritti già prevista dall’ordinamento ed allargandola ad una nuova categoria di soggetti, che oggi, alla luce di quanto purtroppo accade ed è ignorato solo da chi non vuole vederlo, rappresenta una parte di società molto discriminata, spesso abusata e violentata, talvolta, mai troppo raramente e specie fra i più giovani, con esiti tragici.

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