Anche gli avvocati dovrebbero rispettare alcune regole di correttezza. Esiste, infatti, tutto un complesso di principi di condotta, che ogni avvocato che si rispetti deve ossequiare nell’esercizio della professione e che sono volti a tutelare il lustro e la dignità della professione stessa. Tra questi può individuarsi un nucleo di principi che sono chiaramente volti a consentire il libero svolgimento della professione, senza ingerenze e sconvenienze tra colleghi. Innanzitutto è d’uopo far riferimento al codice deontologico, segnatamente agli artt. 38 e ss., secondo i quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, laddove si intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione, bisogna dargliene preventiva comunicazione per iscritto; non bisogna registrare una conversazione con un collega, salvo che non vi sia il suo consenso; non si deve riportare in atti processuali o riferire in giudizio il contenuto di colloqui riservati intercorsi con colleghi, né in riferimento alla corrispondenza ricevuta, né tanto meno a quella inviata, da cui può desumersi la natura della conversazione; non bisogna esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega e nel caso di sostituzione di un collega per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo difensoredeve rendere nota la propria nomina al collega sostituito e così via. Insomma, ogni avvocato non deve mai dimenticare di far parte di una illustre cerchia, che svolge un mestiere antico e pregevole, nel nome della difesa e della giustizia, che ha comportato innumerevoli sacrifici per ognuno e che per tali motivi merita profondo rispetto e reverenza. Accanto ai summenzionati doveri di matrice deontologica,possono individuarsi poi tutta una serie di regole consuetudinarie, che costituiscono il bon ton tra gli avvocati e che, negli anni,vengono trasmessi da dominus a praticante e che rappresentano l’eleganza tramandata dagli esimi colleghi che ci hanno preceduto nei secoli. I nostri pregiatissimi predecessori insegnano che: ogni missiva e comunicazione al collega deve riportare, nell’intestazione, gli epiteti “illustrissimo” o “pregiatissimo”, ovvero “egregio”, se si tratti di un collega maschio, altrimenti “gentile” se il destinatario sia un’avvocata. Il nome e il cognome del mittente in calce, non vanno preceduti da “Avv.” ma, se per errore viene scritto sotto dettato, non è elegante né rispettoso verso la professione cancellarlo. La prima volta che si ha occasione di scrivere ad un collega sconosciuto è ben educazione far precedere i saluti dalla frase “lieto dell’incontro professionale”. In generale l’invio di raccomandata ovvero di una pec ad un Collega è stato da sempre ritenuto offensivo, quindi, laddove sia necessario procedere con tali mezzi, bisogna scusarsi adducendo una credibile giustificazione. Quanto alle conversazioni telefoniche è cortese non interporre la segretaria o altri collaboratori per comunicare con il collega ed è garbato, nei limiti del possibile, rispondere sempre quando si tratti di un collega che cerca di instaurare un contatto telefonico, costituendo altrimenti una mancanza di riguardo e di rispetto. I praticanti sono da equipararsi ai colleghi già abilitati e come tali devono essere trattati con gentilezza e rispetto e bisogna osservare nei loro confronti, i medesimi accorgimenti e le stesse cortesie di cui si fa uso verso gli altri colleghi, rimanendo sempre a loro disposizione per ogni e qualsivoglia chiarimento o ausilio in materia giuridica. Laddove un collega abbia necessità di assistenza legale, è cortese non chiedere allo stesso un compenso professionale, ma sarà quest’ultimo a decidere se elargire una offerta spontanea ritenuta congrua come riconoscimento per il lavoro espletato e, di contro, è giusta usanza che il collega che si giovi dell’assistenza legale, non manchi di proporre un idoneo riconoscimento. Quando sono necessari incontri per trattare pratiche o per tentare conciliazioni o per recuperare degli incarti, l’avvocato più giovane deve recarsi dal più anziano, laddove non vi sia stacco generazionale l’avvocato del debitore va da quello del creditore. Naturalmente, è cavalleria oltre che cortesia, che prima dell’età si tenga conto del sesso e pertanto sarà l’uomo a recarsi dalla collega donna. Laddove si riceva un collega presso il proprio studio è opportuno accomodarsi dalla parte della scrivania ove si trova il collega ricevuto per conferire in modo meno formale, a maggior ragione se si tratta di collega più anziano. In udienza chi ha motivo di chiedere di trattare la propria causa prima di quella dei colleghi, deve dapprima riferire l’istanza ai colleghi presenti e solo dopo promuoverla al giudice. In aula d’udienza bisogna mantenere un comportamento composto ed elegante ed è opportuno presentarsi in Tribunale con un abbigliamento consono e formale. Le toghe vanno indossate quali simbolo e baluardo della professione e di ciò che rappresenta e pertanto vanno portate con onore e rispetto, indossandole sempre in aula d’udienza penale e togliendole una volta usciti dall’aula. Le prestazioni professionali a favore dei clienti devono sempre essere onerose e ciò per rispetto della professione, del proprio operato e dei sacrifici propri e dei colleghi tutti. L’osservanza ed il rispetto delle regole d’eleganza è necessario per garantire lo spirito identitario ed il senso di appartenenza ad una tanto illustre e secolare professione come quella dell’avvocato.
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