La notifica deve essere ritenuta assolutamente valida, a prescindere dal fatto che quel professionista abbia anche l’obbligo di essere presente nel REGINDE, in quanto INIPEC e REGINDE sono entrambi pubblici elenchi dai quali attingere gli indirizzi PEC dei destinatari; la pensa diversamente (sbagliando) la Corte di Cassazione con le ordinanze nn. 24110 e 24160 del 2019.
La Corte di Cassazione, con le recentissime decisioni n. 24110/2019 e n. 24160/2019 torna ad affrontare la questione relativa alla validità o meno della notifica PEC eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario non estratto dal pubblico elenco REGINDE.
La prima decisione (24110/2019) affronta la questione sotto un duplice aspetto e ciò in relazione ai motivi oggetto del ricorso proposto alla Suprema Corte.
Con il primo motivo, attesa la nullità della prima notificazione dell’atto di appello, la Corte di Appello di Campobasso ne disponeva la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. che veniva effettuata ad indirizzo PEC dell’Avvocatura dello Stato diverso da quello presente nel REGINDE; per tale motivo la Corte d’Appello giudicava inammissibile l’impugnazione, non essendo stato validamente ottemperato, nel termine assegnato, l’ordine di rinnovazione.
La Cassazione ritiene corretta la decisione della Corte di Appello a tal proposito precisando che “in tema di notificazione a mezzo pec, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 bis c.p.c. e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, introdotto dalla L. di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro. Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario (Cass. Civ. 11 maggio 2018, n. 11574)”.
Aggiunge la Corte poi che, nel caso di specie, non era possibile neanche applicare, da parte della Corte di Appello, la rimessione in termini come disposta dall’art. 153 comma 2 c.p.c. in quanto, i Giudici del secondo grado hanno osservato che l’agevole reperibilità del corretto indirizzo PEC dell’Avvocatura dello Stato rendeva irrimediabile l’inosservanza del termine assegnato.
Da ultimo la Corte ritiene, manifestamente infondato, al pari del primo, anche il secondo motivo.
Infatti, sostengono i Giudici di Piazza Cavour, che il principio richiamato dal ricorrente secondo cui l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, così come disposto da Cass. Civ., Sez. Unite, 18 aprile 2016, n. 7665, non può essere applicato al caso di specie, richiamando a tal proposito precedenti decisioni assunte per fattispecie assolutamente simili, nelle quali aveva così deciso:
“non può condividersi l’assunto del ricorrente, secondo cui la rinotifica non avrebbe potuto essere dichiarata nulla, avendo raggiunto il suo scopo, in quanto effettuata ad un indirizzo di posta elettronica certificata anch’esso riconducibile all’Avvocatura distrettuale, dello Stato di Campobasso, e seguita dalla composizione in udienza della difesa erariale, la quale, pur non essendosi formalmente costituita, avrebbe dichiarato di averla ricevuta,- che infatti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149-bis c.p.c. e del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-ter, introdotto dalla L. di conversione 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, n. 2, l’indirizzo del destinatario al quale dev’essere trasmessa la copia informatica dell’atto, ai fini della notificazione a mezzo della posta elettronica certificata, è, per i soggetti diversi da quelli inclusi negli elenchi previsti dal citato D.L. n. 179, art. 4 e art. 16, comma 12 (cittadini residenti e amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. n. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2), dal D.L. 29 novembre 2008, n. 183, art. 16, comma 6, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2 (imprese costituite in forma societaria), e dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6-bis (imprese e professionisti), quello risultante dal Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde); che, pertanto, la mera disponibilità da parte dell’Avvocatura dello Stato di altri indirizzi di posta elettronica certificata ad essa intestati presso ciascuna sede, e destinati ad usi diversi, non consente di declassare a mera irregolarità la trasmissione ad un indirizzo diverso da quello risultante dal Reginde, la quale, equivalendo all’inosservanza delle disposizioni riguardanti la persona cui dev’essere consegnata la copia dell’atto, comporta, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica; che dall’esame degli atti, consentito in questa sede dalla natura processuale del vizio denunciato, al cui riscontro questa Corte può procedere direttamente, operando come giudice anche del fatto, non emerge in alcun modo l’avvenuto raggiungimento dello scopo della rinotifica, non risultando che, come sostiene il ricorrente, l’Amministrazione sia comparsa all’udienza dinanzi alla Corte d’appello ed abbia dichiarato di averla ricevuta” (Cass. Civ. 11 maggio 2018, n. 11574; anche Cass. Civ. 9 aprile 2019, n. 9914 e 9918 hanno disposto la rinnovazione di una notificazione effettuata nei confronti dell’Avvocatura dello Stato ad un indirizzo diverso da quello risultante dal Reginde, così parimenti ritenendo che raggiungimento dello scopo non vi fosse stato).”.
La decisione in commento non appare assolutamente condivisibile nella parte in cui si afferma che
“in tema di notificazione a mezzo pec, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 bis c.p.c. e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, introdotto dalla L. di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro.”.
Affermando in maniera così perentoria il principio appena esposto, la Corte di Cassazione sembrerebbe negare la qualifica di pubblico elenco, ai sensi della richiamata normativa, al registro INIPEC che invece, non solo è pubblico elenco previsto ed indicato dalle stesse norme richiamate dalla Suprema Corte ma è, altresi, l’elenco che, unitamente al REGINDE, contiene gli indirizzi PEC dei professioni ai quali è pacifico che il mittente delle notifica PEC possa attingere per ricavare l’indirizzo PEC del destinatario. Sintetizzando: il professionista ha il proprio indirizzo PEC presente tanto nel REGINDE che in INIPEC; ciò significa che se nella relata di notifica il mittente dichiara di aver estratto la PEC del destinatario dall’INIPEC, la notifica deve essere ritenuta assolutamente valida, a prescindere dal fatto che quel professionista abbia anche l’obbligo di essere presente nel REGINDE, in quanto INIPEC e REGINDE sono entrambi pubblici elenchi dai quali attingere gli indirizzi PEC dei destinatari.
La seconda decisione (24160/2019) è ancor più criticabile della prima, considerando che, i Giudici di Piazza Cavour, se è pur vero che nel caso di specie l’atto è stato notificato al destinatario all’indirizzo PEC della cancelleria dell’immigrazione del Tribunale di Firenze che il mittente, presumibilmente nella relata di notifica, dichiara di aver estratto da INIPEC, ritengono non solo che l’indirizzo PEC a cui è stata inviata la notifica non abbia nulla a che vedere con il destinatario della notifica ma, aggiungono che, essendo stato, l’indirizzo PEC, estratto da INIPEC, tale pubblico elenco non sarebbe “attendibile” e ciò relativamente al contenuto della precedenza sentenza n. 3709 del giorno 8 febbraio 2019, il cui principio, come più volte ho avuto modo di ribadire, secondo il quale “per una valida notifica tramite PEC si deve estrarre l’indirizzo del destinatario solo dal pubblico registro REGINDE e non dal pubblico registro INIPEC” è assolutamente errato.
E’ evidente che la strada da percorrere è ancora tanta…(Maurizio REALE, avvocato Teramo)