La Corte di Cassazione, sezione terza penale, con la Sentenza del 5 settembre 2019, n. 37126 ha statuito che: “ È Illegittima, in quanto irrituale e non prevista dalla legge, la richiesta di rinvio dell’udienza inviata alla cancelleria del giudice penale tramite posta elettronica certificata”. Nel processo penale non e’ consentito alle parti private trasmettere agli uffici e/o cancellerie/segreterie mediante posta elettronica certificata atti di alcun genere compresi l’atto di opposizione a decreto penale e la richiesta di rinvio per legittimo impedimento. Ai sensi dell’articolo 148 c.p.p., comma 2 bis, articoli 149, 150 e 151 c.p.p., comma 2, e della Legge n. 221 del 2012 (di conversione del Decreto Legge n. 179 del 2012), l’utilizzo della posta elettronica certificata e’ consentito, a decorrere dal 15.12.2014, solamente per eseguire le comunicazioni di cancelleria alle persone diverse dall’imputato. La giurisprudenza pregressa della cassazione è quasi unanime sulla materia de qua. La stessa terza sezione aveva al riguardo chiarito con la sentenza n. 7058 del 11.02.2014, che, a differenza di quanto previsto per il processo civile, nel processo penale tale forma di trasmissione, per le parti private, non e’ consentita. Vi sono tuttavia delle eccezioni che gli ermellini riconoscono essere presenti. Infatti l’utilizzo della PEC è consentito in situazioni particolarissime: es. per la presentazione di richieste e di memorie delle parti al giudice competente nel procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all’ufficio di p.s., – La legge del 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6, comma 2 bis, non prescrive che tali atti debbano essere necessariamente depositati in cancelleria – essendo cio’ connaturale alla particolare natura, cartolare ed informale, del procedimento ed alla ristrettezza dei termini, stabiliti ad horas, entro cui deve concludersi il controllo di legalita’ di provvedimenti che limitano la liberta’ personale, pena l’inefficacia delle relative prescrizioni. Pertanto, per la parte privata, nel processo penale, l’uso di tale mezzo informatico di trasmissione non e’ – allo stato – consentito quale forma di comunicazione e/o notificazione, stante la preclusione alla adozione di forme di comunicazione non espressamente previste dalle disposizioni processuali. La Cassazione con la sentenza de qua, tuttavia ammette anche l’esistenza di orientamenti di segno contrario, secondo i quali gli atti trasmessi tramite PEC dai difensori non sarebbero irricevibili (Cass. penale, Sez. 3, n. 43134 del 17.5.2018) a condizione che successivamente alla trasmissione vi sia una tempestiva e diligente attivazione del mittente allo scopo di verificare che l’atto così inviato, specie se avente il carattere dell’urgenza, sia stato sottoposto al giudice che procede.