Con la sentenza del 8.5.2018, la Corte Militare di Appello di Roma ha confermato la sentenza del 25.10.2017, con la quale il Tribunale Militare di Napoli aveva dichiarato un Ufficiale pilota della Marina Militare Italiana, colpevole del reato di vilipendio della Repubblica, aggravato ai sensi degli artt. 81 e 47, primo comma 2.1 codice penale militare di pace, e lo aveva condannato alla pena di anni uno, e mesi quattro di reclusione militare. La condanna è scaturita da un post pubblicato su facebook. L’ufficiale dopo aver pubblicato, sul proprio profilo Facebook, una fotografia di una nave da guerra e la scritta “Fincantieri: collaborazione con l’India per sette fregate Stealth Imola Oggi”, aveva commesso il reato scrivendo sulla pagina del suddetto profilo una frase che i giudici sia di “prime cure” che, di appello, hanno ritenuto di significato offensivo in danno dell’Italia, indicata come uno«Stato di merda». Secondo i giudici militari «l’espressione offensiva rivolta allo Stato era riferibile al grande disappunto da parte del militare per la vicenda dell’arresto dei nostri marò da parte della polizia indiana», disappunto sufficiente – secondo giudici – per la concessione delle circostanze attenuanti. I giudici non hanno riconosciuto che in questo caso vi fosse la scriminante dell’esercizio di una libera critica politica, perché l’espressione di forte disprezzo superava ampiamente la libertà di espressione del proprio pensiero, disprezzo manifestato pubblicamente e non in forma privata essendo stato manifestato sulla pagina Facebook del militare, pagina riconducibile senza alcun dubbio al suo profilo. Il reato di vilipendio richiede una condotta che deve esplicarsi pubblicamente, e la pubblicazione su facebook di un post è condotta pubblica. Lo stesso garante della privacy ha avuto modo di specificare che :”Non può essere provata la natura chiusa – privata – del profilo e la sua accessibilità a un numero ristretto di amici, in ragione del fatto che esso è agevolmente modificabile in ogni momento da parte del titolare” e della possibilità “per qualunque amico ammesso al profilo stesso di condividere sulla propria pagina il post rendendolo, conseguentemente, visibile ad altri utenti”. In buona sostanza ciò che si pubblica su facebook è visibile ad un indeterminato numero di persone! Art. 81. Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze armate dello Stato: “Il militare, che pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la reclusione militare da due a sette anni. La stessa pena si applica al militare che pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o una parte di esse, o quelle della liberazione”. Secondo la cassazione – 1^ Sezione Penale, sentenza n. 35988 del 2019 – “il reato di vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate consiste nel disprezzare, tenere a vile, ricusare qualsiasi valore etico, sociale o politico alle istituzioni predette, considerate nella loro entità astratta ovvero concreta, ossia nella loro essenza ideale oppure quali enti concretamente operanti”. Gia’ nel 1977 con la sentenza n. 14226 la Cassazione aveva chiarito che “il diritto Costituzionale, previsto dall’art. 21 di esprimere liberamente il proprio pensiero e quello previsto dall’art. 49 di associarsi liberamente in partiti politici, per manifestare determinate ideologie, al fine di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, trovano un limite invalicabile nell’esigenza di tutelare il decoro ed il prestigio delle istituzioni”.
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