Con il modus operandi del comandante e dell’armatore della nave battente bandiera italiana “Mare Ionio” della ONG “Mediterranea” si può ragionevolmente ipotizzare una molteplice deliberata violazione dei trattati internazionali e delle leggi nazionali in materia di salvaguardia della vita umana in mare, di ricerca e soccorso, di diritto del mare, della normativa europea, delle convenzioni internazionali di sorveglianza delle frontiere marittime e di contrasto all’immigrazione illegale.
Fermo restando che lo Stato italiano – organismo politico ed economico dove si realizza la comunità del popolo italiano – ha tutti i diritti (e doveri) di tutelare gli interessi nazionali, non si può non sanzionare quelle condotte esplicitamente dirette alla strumentalizzazione da parte di trafficanti di esseri umani della doverosa attività di salvataggio al fine di perseguire lo scopo ultimo del passaggio illegale in Italia dei migranti, spesso obiettivo necessario per il conseguimento del profitto illecito discendente o correlato con un’attività criminosa posta in essere. Occorre oggettivamente porre inoltre in risalto gli aiuti provenienti dalla stessa UE verso quelle ONG che operano nel settore, giunti a 11 miliardi di Euro nel 2018. Ma procediamo con ordine. Nel caso in questione, la nave ha effettuato il soccorso in un’area SRR (Search and Rescue Region – area di responsabilità) non italiana di un’imbarcazione con migranti a bordo ed ha disatteso, in violazione del diritto internazionale del mare (Convenzione di Amburgo), le direttive delle competente Autorità SAR libica che avrebbe dovuto assumere il coordinamento dell’evento, effettuando il soccorso d’iniziativa e dirigendosi verso Lampedusa. La nave “Mare Ionio” ha infatti diretto “sorprendentemente” la prora verso l’Italia richiedendo alle Autorità italiane un place of safety invece che al Governo libico ovvero alla Tunisia o a Malta essendo questi porti molto più vicini e certamente sicuri. La nave dei centri sociali ha navigato autonomamente e deliberatamente verso l’Italia e quindi verso le frontiere marittime europee, mettendo peraltro in potenziale pericolo la propria sicurezza nella navigazione e quella dei suoi passeggeri (ricordiamo che la “Mare Ionio” non è una nave di salvataggio e non è una nave trasporto, ma un vecchio rimorchiatore d’altura) omettendo di ricercare un luogo di sbarco prossimo alle coordinate geografiche dell’intervento. Gli articoli 17, 18 e 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare autorizzano lo Stato costiero ad emanare il divieto del passaggio “non inoffensivo” nei casi di violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nell’ordinamento giuridico. Le stesse direttive sono riprese nel Codice italiano della Navigazione (art. 83); inoltre, lo Stato italiano può richiedere il rimborso delle spese sostenute dalla nave in questione per le sue attività prima e dopo l’approdo nel porto (art. 84), da non sottovalutare visti gli sforzi e gli assetti di uomini e mezzi utilizzati per assicurare l’ordine e la sicurezza. Il comandante ha poi glissato sulle reali condizioni del mare, ha avvisato le autorità competenti libiche dopo aver fatto il soccorso e non prima come dovuto, non ha ottemperato al fermo delle macchine disposto dalla motovedetta della Guardia di Finanza, responsabile dell’ordine pubblico nelle acque territoriali italiane, ipotizzando per questo ultimo evento il reato di inosservanza del provvedimento legalmente dato dalla Autorità italiana per ragioni di giustizia, o di ordine pubblico o d’igiene punibile come minimo con l’arresto fino a tre mesi (articolo 650 del Codice Penale). E’ ravvisabile peraltro il diritto di richiesta di estradizione da parte del Governo libico (art. 13 del c.p.) dell’equipaggio della nave avendo lo stesso non ottemperato alle richieste di arresto della Guardia Costiera di quello Stato che peraltro aveva il diritto di inseguimento e di cattura della nave ONG, essendo quest’ultima sospettata di aver violato leggi o regolamenti nazionali anche per traffico di migranti irregolari (articolo 111 della Convenzione sul diritto del mare dell’ONU). I nostri marò Girone e Latorre non sono per caso stati estradati in India?
Nicola De Felice – ammiraglio di divisione
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