È illegittimo sottoporre alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e alla misura
di prevenzione della confisca dei beni le persone che “debbano ritenersi, sulla base
di elementi di fatto, abitualmente dedite a traffici delittuosi”. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 24, depositata oggi (relatore Francesco Viganò), condividendo la valutazione di eccessiva genericità dei potenziali destinatari delle disposizioni ora censurate, già espressa nel 2017 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella pronuncia De Tommaso contro Italia.
L’espressione “traffici delittuosi” non è, in particolare, in grado di indicare con
sufficiente precisione quali comportamenti criminosi possano dar luogo
all’applicazione della sorveglianza speciale o della confisca dei beni. Ne consegue la
violazione del principio di legalità, che esige che ogni misura restrittiva della libertà
personale o della proprietà dell’individuo si fondi su di una legge che ne determini
con precisione i presupposti di applicazione. La Corte ha invece ritenuto sufficientemente precise, e dunque conformi al principio di legalità, le disposizioni che consentono di applicare le stesse misure a
chi vive abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose.
Secondo la giurisprudenza più recente, infatti, le misure in questione possono
essere applicate solo a chi, sulla base di precisi elementi di fatto, si può ritenere che
abbia commesso, in un significativo arco temporale, delitti fonte di profitti che
abbiano costituito il suo unico reddito, o quanto meno una componete significativa
del reddito. Tutti questi elementi devono dunque essere dimostrati dal pubblico
ministero o dall’autorità di polizia nel procedimento di prevenzione affinché il
Tribunale possa applicare la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o la confisca
dei beni presumibilmente acquistati grazie alle attività delittuose e dei quali il
soggetto non possa giustificare l’origine lecita. La Corte ha infine precisato che la sentenza non tocca le norme che consentono di applicare misure di prevenzione nei confronti degli indiziati di delitti di mafia, terrorismo, violazioni della disciplina sulle armi, violenza sportiva, corruzione, atti
persecutori. ( Comunicato Stampa Corte Costituzionale Roma, 27 febbraio 2019)