Brindisi. Ancora una volta il porto di Brindisi si ritrova di fronte a un dilemma: “il porto cambia per adeguarsi alla città, oppure sarà la città a modificare in funzione del porto?” Come dire che, pur con tutte le ri(e)voluzioni in atto nell’economia marittima (oggi detta blu) e nello shipping internazionale, la città blocca l’espansione infrastrutturale di un porto, come quello di Brindisi da sempre”porta dell’oriente” e Valigia per le Indie e non più delle Indie. La legge 84/94 aveva un titolo importante: “Riordino della legislazione in materia portuale”. Il riordino ha interessato tutti i capitoli storici sui porti e porticcioli della nostra penisola, compresa la definizione di porto degli anni ’50 del secolo scorso e soprattutto il lavoro portuale (dalle compagnie portuali alle aziende e imprese portuali).
Definizione. “Il porto è specchio d’acqua fra sporgenze di coste marittime adatto ad assicurare servizi sicuri alle navi, per procedere con facilità alle operazioni d’imbarco e sbarco di merci e/o persone; grazie a fondali adeguati garantire l’attracco alle navi e grazie a infrastrutture flessibili (piazzali, magazzini, ferrovie e strade) garantire lo smistamento delle merci da e per il mare.” Una definizione, quasi antica, ma di rispetto in quanto prevedeva già la intermodalità integrata dei trasporti. Ora, senza entrare nelle reciproche posizioni tecniche sul problema della cassa di colmata, sia dell’AdSP del Mare Adriatico Meridionale e sia del Comune di Brindisi, ci sembra necessario evidenziare alcune difformità su strumenti legislativi e operativi che hanno consentito negli anni al porto di Brindisi di essere considerato degno di rispetto, sede di A.P. e non essere “porto core” di reti TN-T solo per capriccio politico.
PRP. Dobbiamo ricordare che il Piano Regolatore Portuale è stato istituito dalla Legge 20 agosto 1921, n. 1177 – Provvedimenti percombattere la disoccupazione che, all’art. 22, prevedeva i piani regolatori portuali come presuppostoper rendere obbligatorie le spese concernenti le opere di competenza dell’ente locale per i porti (Consorzi). Quindi un PRP, che oggi farebbe pensare ad uno strumento di pianificazione territoriale, nasce invece come strumento di designazione di opere funzionali alla definizione di porto compatibile con il sistema marittimo geo-economico interessato. Considerazioni. Negli ultimi venti anni la pianificazione delle aree portuali ha visto evolversi la legislazione nazionale e quindi anche la pratica di redazione dei piani. La 84/94 ha segnato un punto di svolta tra il vecchio “piano del porto” (bozza funzionale delle diverse destinazioni d’uso degli ambiti interni al porto e con esclusiva progettazione/programmazione di opere marittime, piazzali ed accessibilità veicolare) ad un innovato “piano” come strumento più complesso capace d’integrarsi con il resto del territorio e con altri strumenti urbanistici. Tutta questa rivoluzione legislativa ha portato il Ministero Infrastrutture e Trasporti a emanare delle linee guida per la redazione dei piani regolatori portuali (circolare n. 17778 del 15/10/2004). Linee guida che si riferiscono ai redigendo nuovi piani, post 84/94; mentre per i piani regolatori dei porti redatti prima della legge (PRP di Brindisi è del 1975), nulla viene imposto, se non la propria validità sine die ed una precisazione sul particolare carattere della flessibilità sulla pianificazione portuale.
Consiglio LL. PP. Questo è scritto nella delibera dell’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in merito alla richiesta dei Provveditorati Interregionali per le Opere Pubbliche su “adeguamenti tecnico – funzionali dei piani regolatori portuali” (9 ottobre 2009). Ed anche negli “affari”, sempre del Consiglio Superiore LL.PP., relativamente ai porti di Salerno (2010) e di La Spezia (2016). “Come è noto, negli ultimi anni, le attività portuali si sono notevolmente incrementate, ed alcuni tipi di traffico importante per i porti del Mediterraneo, hanno comportato delle specializzazioni portuali. La necessità di modificare le attuali configurazioni portuali, esigenze di spazi, di banchine, di moderne attrezzature, nonché di idonee infrastrutture di trasporto per il razionale e veloce collegamento dello scalo con il retroterra sta diventando, sempre più di stringente attualità. Attesa la rilevata mancanza di specifiche normative al riguardo, la possibilità di modificare o correggere le scelte operate nello strumento di pianificazione portuale in presenza di sopravvenute esigenze, si possono proporre modifiche in linea con il PRP (moli, banchine, opere foranee, specchi acquei e, in genere, opere portuali, edilizie o impiantistiche, inserite in un più vasto sistema di revisioni di sviluppo della struttura portuale e delle aree ad essa asservite).
AdSPMAM. Ora da una sintesi del Piano Opere Triennali dell’AdSPMAM, approvato ad ottobre scorso dal Comitato di gestione, si evincono tra le opere strategiche per il Porto di Brindisi la tanto discussa colmata tra la grande banchina di Costa Morena Est e il Molo gasiere del petrolchimico; oltre al progetto dei cinque nuovi accosti a S. Apollinare per grandi navi ro-ro e ro-pax e la riqualificazione della zona nafta (ex Pol). Tutti condividono, compreso il Comune di Brindisi, associazioni ambientaliste, forze politiche di maggioranza e di opposizione che senza la colmata non si potranno realizzare i dragaggi a -14 metri su Costa Morena, già servita da raccordo ferroviario a fine banchina; non si potranno realizzare i nuovi accosti e non si potrà avere traffico ro-ro e ro-pax; però si vuole Brindisi “città turistica” senza uno stralcio di piano di sviluppo per il turismo e senza un vero piano di marketing territoriale che non sia quello trasmesso sui social.
Comune di Brindisi. La relazione dei settori tecnici ambiente, urbanistica ed assetto del territorio, patrimonio e trasporti del Comune di Brindisi si richiama al PRP del 1975 che viene menzionato e osannato, ante 84/94, sulla questione dei varchi doganali e della via del Mare. Mentre lo si considera post 84/94, contrariamente a quello deliberato dal Consiglio Superiore LL.PP., sulla colmata: ipotecando future funzioni di esercizio? Ingerenza politica e non tecnica e come di dice oggi senza analisi costi-benefici si dichiara che: “… Per quanto innanzi si ritiene che il progetto definitivo sottoposto a VIA, per i significativi impatti di natura territoriale, ambientale, paesaggistica, infrastrutturale, economica, debba prevedere, già in questa fase, la destinazione d’uso dell’area oggetto della prevista colmata e le modalità di esercizio della stessa, anche al fine di accertarne la conformità urbanistica rispetto alla pianificazione vigente.”
Aspetto trasportistico. Non si comprende in base a quale piano generale dei trasporti si riferisce, quello nazionale, regionale, quello dei corridoi Ue, alla polivalenza delle funzioni portuali di Brindisi. Senza chiare idee sui processi del trasporto marittimo, sui flussi merceologici, traffici ro- ro e ro-pax, nautica da diporto commerciale e sport nautici, si rischia di esprimerci solo con “luoghi comuni”; anche se tutto questo è compito dell’AdSP; mentre sulla flessibilità relazionale di porto-città, dei sistemi di accoglienza merci e passeggeri è compito di un’amministrazione comunale e dell’ASI.
Ambientale.Il materiale dragato non è apoditticamente un rifiuto. I materiali di dragaggio contaminanti, ma non pericolosi, non sono qualificati rifiuti e vanno gestiti in ossequio a previsioni di legge apposite e possono essere situati in apposite strutture di contenimento; ed ancora imateriali di dragaggio (fanghi) non contaminanti non sono rifiuti e possono essere riutilizzati (in mare o per formare terreni costieri o per ripascimento – ovvero per migliorare lo stato dei fondali attraverso attività di capping, (tappare); possono essere destinati a refluimento all’interno di casse di colmata).I materiali derivanti dalle attività di dragaggio di aree portuali e marino – costiere poste in siti di bonifica di interesse nazionale, ovvero ogni loro singola frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione con metodi fisici, possono essere immessi se non pericolosi in casse di colmata.Restano salve le competenze della regione territorialmente interessata.Da ricordare che vi è assenza di una norma di riferimento specifica per i materiali da dragaggio in area portuale. Da non confondere con i materiali fluviali e lacustri per cui esiste la norma del decreto Leg.vo 205/2010 (art. 39, comma 13).
Paesaggistica. Nel campo delle priorità ambientali vi sono molti conflitti, soprattutto nella componente “paesaggistica”. Vi è solo una tendenza a considerare il paesaggio quale discriminatore di tutto e rapportare il tutto su questo elemento. Ora, la nostra legislazione paesaggistica nasce proprio per supplire all’assenza di una pianificazione ambientale. L’interesse – paesaggio, anche quello nascosto naturalmente e/o deliberatamente, (Brindisi nascosta), si desidera, da parte delle amministrazioni locali di renderlo fruibile. Spesso, però, si confondono gli aspetti (estetici, bellezze e cultura) con le vere componenti di un paesaggio. Molte cose, manufatti o altro vengono confusi come “bene comune” e senza indicatori legislativi certi una pietra non potrà essere un monumento.
Per concludere,parlare di priorità (spostare la cassa colmata in altro sito) in qualche modo significa implicitamente aver deciso quali sono gli interessi prioritari. Mentre il nostro dettato costituzionale ci invita a trovare un equilibrio tra gli interessi.
di Abele Carruezzo